Public Enemy – What You Gonna Do When The Grid Goes Down?

Voto: 2,5

Poco più di tre anni fa, il Nemico Pubblico numero uno spegneva le trenta candeline di attività pubblicando “Nothing Is Quick In The Desert“, festeggiando la ricorrenza attraverso la temporanea disponibilità gratuita del lavoro, un regalo senza dubbio gradito, anche se del tutto superfluo laddove relazionato al resto della discografia della storica posse di Long Island. Il duemilaventi, oltre che delle pandemie planetarie, era pure l’anno delle elezioni americane e, si sa, in tali condizioni climatiche nulla suona più consono di un nuovo disco delle Pantere Nere del Rap, dando così il lasciapassare alle anticipazioni per “What You Gonna Do When The Grid Goes Down?“, quindicesimo album ufficiale del gruppo e definitivo chiarimento a seguito del bizzarro e presunto sollevamento di Flavor Flav dal suo noto incarico di macchietta, mossa mediatica architettata ad hoc dalla provocatoria mente di Chuck D per testare la reazione dei media, un inganno portato alla luce proprio lo scorso primo aprile.

A giudicare dai contenuti di questa nuova proposta, però, lo scherzo non si è esaurito certo in primavera. L’anteprima della copertina lasciava già una sensazione di sbigottimento, tanto da indurre a procurarsi un’immagine delle raffigurazioni sul fronte dell’album immediatamente precedente e coglierne le sottili differenze, proprio come nella Settimana Enigmistica. Tema identico, un paesaggio desertico che ospita un mucchio di ferraglia tecnologica guasta o danneggiata, l’unica diversità sostanziale individuabile nei colori dell’artwork, che raffigura un tramonto anziché il sole pieno della giornata, con a lato un traliccio che sta andando a fuoco, proprio per sottolineare il significato del titolo pensato per battezzare il lavoro. Leggendo poi i titoli in scaletta, è cresciuto un ulteriore dubbio (purtroppo confermato dall’ascolto): il nuovo dei Public Enemy altro non è che una rivisitazione della loro uscita precedente, della quale include una buona porzione dei brani.

Eppure, il mondo del web si è accalcato per acclamare a suon di titoloni il grande ritorno degli eroi su trentatré giri pronti a far calare la mannaia sul toupé più pericoloso dell’Universo, apparentemente senza accorgersi che una sostanziosa parte del materiale era già stato pubblicato – o forse nemmeno aveva perso il tempo necessario ad ascoltare “Nothing Is Quick In The Desert”. La questione è rilevante, anzitutto perché avremmo senz’altro trovato più dignitoso proporre del materiale originale anziché minestre riscaldate che si facevano digerire a fatica anche all’epoca della cottura originaria, in secondo luogo perché il periodo elettorale, il grande ritorno alla Def Jam dopo diciotto anni di assenza e la fama del collettivo più militante che l’Hip-Hop abbia mai conosciuto non meritavano certo un’opera in gran parte – si può dire? – riciclata.

Avremmo portato più comprensione verso il tutto se quantomeno si fossero ripresi gli episodi migliori, dato che brani come “Terrorwrist” o “sPEak!”, tanto per citare i due che ci piacquero maggiormente all’epoca, avrebbero sicuramente fatto la loro ottima figura anche in questo contesto. Invece tornano a galla le invettive da dinosauri in via d’estinzione, quelle “Yesterday Man” abbinabili solo a impalpabili dietrologie messe giù su una struttura testuale sin troppo semplicistica, quasi fosse l’unica percorribile dall’ospite di turno, Daddy-O, che si prende il credito del featuring grazie a quattro frasi gettate là, senza poi tener conto dell’evidente mediocrità del beat offerto. Ci si riprova pure con “Beat Them All”, ideale per fungere da inno di questa nuova parte di carriera, col difetto di risultare un po’ troppo pesante con quel ritornello così insistente; ma il peccato più grave è l’inserimento della relativa reprise per farne un nuovo titolo da aggiungere alla scaletta, una trovata che sapeva già di spreco di spazio di registrazione tre anni fa. Salvabile “Smash The Crowd”, rimasta musicalmente gradevole e sempre d’impatto nel suo saper coniugare Chuck a esponenti della vecchia guardia come Parrish Smith e Ice-T; “So Be It” genera invece “Go At It” indossando un vestito più scintillante del precedente, l’arrangiamento viene risuonato dal vivo con la chitarra elettrica dando nuovo smalto all’invettiva politica, mezzo attraverso il quale il leader dei P.E. tira fuori la grinta di sempre portando a destinazione il messaggio con grande intensità. Ne esce un gran pezzo, a dimostrazione del fatto che più di qualcosa si sarebbe potuto sottoporre a remix, alterando i risultati d’insieme in maniera considerevole.

Le tracce inedite danno invece luogo a sensazioni miste. L’idea che il gruppo sia oramai un clone di se stesso viene avvalorata da episodi sulla carta esplosivi come “Public Enemy Number Won”, operazione dalla quale poteva sortire qualcosa di memorabile se non altro per il succulento elenco delle partecipazioni. Tuttavia, alla fine dei conti, i due Beasties sopravvissuti si cimentano in un contributo molto marginale e non spiccicano nemmeno una barra, la disconnessione tra le rime anni ottanta di Run e la strofa biografica di DMC sulle sue lezioni apprese dalla vita è sin troppo chiara, mentre Flav introduce tutto estraendo dall’armadio dei ricordi la vecchia strofa d’apertura di “Public Enemy No. 1”. La sensazione di pasticcio è aumentata dalla continua menzione di un LL Cool J che probabilmente doveva esserci ma non appare e dal finale affidato a un Dj Lord che graffia i vinili su una base che non c’entra nulla con la precedente. Corretta pare invece l’idea di lasciare l’iconico beat originale per “Fight The Power: Remix 2020”, arricchita da illustri partecipazioni sulle quali spicca a sorpresa la più che motivata Rapsody; meno felice la decisione di riesumare anche qui parte delle vecchie strofe, dato che in mezzo a tanto talento a Chuck D non sarebbero certo guastate rime nuove di zecca anziché cadere nel solito autocompiacimento di quanto di pur storico venne eseguito nei picchi della propria gloria. E’ un vizio che i Public Enemy non intendono perdere, dato che l’interessante retorica di “GRID”, mini reunion dei Prophets Of Rage, viene chiusa con una strofa di “Miuzi Weighs A Ton” trascinandosi stancamente avanti, molle proprio come il beat che tenta di sostenerla.

Eppure, sessant’anni o meno, Chuck sa ancora aggredire e indurre a farsi ascoltare. “State Of The Union (STFU)” aveva entusiasmato parecchio in veste di singolo e aveva fatto ben sperare per la vena del disco: la produzione di Premier è materiale da rotazione pesante al ritmo della quale viene voglia di scendere in strada a manifestare, il connubio tra la sezione ritmica e il loop di coro è semplicemente perfetto per creare ciò che nella nostra personale idea ricorda un incrocio tra “By The Time I Get To Arizona” e “Shut’Em Down” e finalmente il manifesto anti Trump stimola qualcosa in più anche in fase di scrittura, tanto da giocare coi doppi sensi (<<orange hair fear the comb-over/…/better rock that vote or vote for hell/real generals now not some USFL>>). Neppure “Toxic”, infine, è nuova di zecca, ma rende ugualmente bene il concetto, l’atmosfera è minacciosa e ombrosa, le liriche mordono uscendo fulmineamente dall’oscurità attorno alla quale si snodano, osservando prima di azzannare.

Come già accadde al suo predecessore – e non solo perché ne copia alcuni brani – pure “What You Gonna Do When The Grid Goes Down?” amplifica difetti che il gruppo aveva abilmente relegato in secondo piano, compensandoli grazie alla qualità dell’offerta. E’ evidente come i Public Enemy abbiano imparato a vivere troppo sulla gloria del loro stesso status, da brevi citazioni autoreferenziali si è passati alla mimica di intere strofe, la lista di ospiti è pazzesca ma c’è poco che tenga fede alle aspettative e si riscontra qualche sussulto indubbiamente interessante, peccato la quantità non sia sufficiente a rendere il prodotto accattivante. Un’uscita che conferma la flessione degli ultimi tre dischi, nei quali il mirino è insolitamente risultato fuori centro.

Tracklist

Public Enemy – What You Gonna Do When The Grid Goes Down? (Def Jam Recordings/Enemy Records 2020)

  1. When The Grid Go Down… [Feat. George Clinton]
  2. GRID [Feat. Cypress Hill and George Clinton]
  3. State Of The Union (STFU)
  4. Merica Mirror (Interlude) [Feat. Pop Diesel]
  5. Public Enemy Number Won [Feat. Mike D, Ad Rock and Run-DMC]
  6. Toxic
  7. Yesterday Man [Feat. Daddy-O]
  8. Crossroads Burning (Interlude) [Feat. James Bomb]
  9. Fight The Power: Remix 2020 [Feat. Nas, Rapsody, Black Thought, Jahi, YG and Questlove]
  10. Beat Them All
  11. Smash The Crowd [Feat. Ice-T and PMD]
  12. If You Can’t Join Em Beat Em
  13. Go At It [Feat. Jahi]
  14. Don’t Look At The Sky (Interlude) [Feat. Mark Jenkins]
  15. Rest In Beats [Feat. The Impossebulls]
  16. R.I.P. Blackcat
  17. Closing: I Am Black [Feat. Ms. Ariel]

Beatz

  • C-Doc: 1, 2, 5, 8, 10, 11, 12, 14
  • Dj Premier: 3
  • The LBX: 4
  • Threepeeoh: 6
  • Racer X and Dj Infinite with the additional production by C-Doc: 7
  • C-Doc with the additional production by Johnny “Juice” Rosado: 9
  • Dj Pain 1: 13
  • C-Doc and Easy Mo Bee: 15
  • Flavor Flav: 16
  • C-Doc and The LBX: 17

Scratch

  • C-Doc: 1, 10, 11, 12, 15
  • Dj Lord: 2, 5b, 6, 9
  • Dj Premier: 3
  • Terminator X: 5a
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