Intervista a M-Dot (29/12/2023)

Da tempo ero debitore di una nuova intervista con M-Dot, artista talentuoso, genuino e soprattutto dotato di quell’umiltà che continua ad alimentare il suo fuoco interiore, qualità caratteriale che, unita alla perseveranza, non gli fa assumere mai atteggiamenti da star. La sua è una continua scalata verso una situazione migliore della precedente, un passo dopo l’altro, con obiettivi intermedi da cogliere, essere goduti per un attimo e poi ripartire subito a spron battuto. Nei sei anni (!) trascorsi dalla nostra prima intervista si è confermato così, alla mano: sempre pronto a mandarmi personalmente le anteprime dei suoi lavori, condividere le sue soddisfazioni personali attraverso articoli pubblicati in varie riviste della sua Boston, anticiparmi qualche collaborazione esplosiva. Approfittando di un venerdì sera più libero del solito, assolvo quindi alla mia promessa ed eccoci di nuovo faccia a faccia: è tirato, stressato dall’arrivo di un cucciolo di cane in famiglia (l’abbiamo preso per far felici i bambini, ma non immaginavo tutto questo lavoro; replico infatti a me va molto meglio col gatto…), ma sempre sorridente, accogliente. Si sposta nel suo studio personale, nella mansarda della sua nuova casa; uno dei tanti traguardi raggiunti attraverso il lavoro sodo, che non si limita certo al Rap…

Mistadave: allora, Michael, come andiamo?
M-Dot: tutto alla grande, fratello! Perdonami la faccia, ma non ho dormito molto stanotte: il nuovo arrivato ha fatto i bisogni dove non doveva e abbiamo pulito per tutto il mattino, dovendo star dietro anche a un bambino molto piccolo. Spero in Italia vada bene, come sai ho legami di sangue col vostro paese e vorrei aver imparato meglio la lingua, quello che mi fa andare fuori di testa è che sarò stato in tour una quindicina di volte in Europa e ancora l’Italia non sono riuscito a vederla. Mi sono spesso chiesto il motivo, credo che – oltre alla vostra situazione economica non eccellente e il fatto di non conoscere promoter locali – ci sia un interesse molto limitato per far suonare rapper del mio livello lì da voi.
M: non la farei una questione di livello, piuttosto di interesse generale. Parecchi artisti Hip-Hop ci saltano, quando vengono oltreoceano.
MD: c’è anche la questione Trap, che riempie i luoghi dei concerti. Non ho problemi con quel genere, la roba party c’è sempre stata e sempre ci sarà. Ma la vera musica resta per sempre, quella invece è una moda temporanea.
M: fanno i soldi facili.
MD: vero, ne parlavo con Apollo Brown tempo fa. Oramai il Rap non ha più necessità di versi, ma di ad-lib, non serve tutto questo talento… Non fanno più roba come questa (tira fuori la sua copia in vinile di “Long Hot Summer” del grande Masta Ace, per spiegare visivamente un concetto più che ovvio – ndMista)!

M: abbiamo parlato sei anni fa e non ho ancora capito come sia passato tutto quel tempo…
MD: sì, è sorprendente, perché nel frattempo sono successe tantissime cose. All’epoca avevo appena pubblicato “egO anD The eneMy” in una situazione particolare, perché né prima né dopo ho fatto uscire altri album che gli fossero vicini in linea temporale, invece in questo periodo mi sono dato moltissimo da fare. Sono arrivati “Dining In Dystopia“, “egO anD The eneMy 2” e, tra pochissimo, pubblicherò anche il nuovo disco, “Daze Of Greed”. Questo gruppo di uscite lo sento come il più forte che abbia mai fatto, per quanto il primo “egO…” secondo me rimanga un ottimo lavoro ancora oggi (concordo – ndM).

M: parliamo allora dell’epoca Covid, che ha segnato parecchio la tua carriera facendo ritardare “egO anD The eneMy 2” ma ha pure stimolato molto la tua creatività. Ricordo che tua moglie ti aveva regalato un MPC che poi hai usato parecchio…
MD: quand’ero in tour nel marzo del 2020, non avevo assolutamente realizzato quanto seria fosse la questione Covid. Avevo fatto appena due show quando ricevetti la chiamata del mio amico Meta P, il quale mi avvisò dell’assenza di Kore (entrambi sono della EMS crew – ndM) perché aveva deciso di tornarsene a casa al sicuro. Meta P doveva accompagnarmi per quelle nuove date, ma era nervoso, perché la famiglia era preoccupatissima che lui fosse in giro, così decise di non venire neppure lui. Ciò accadeva prima che ricevessimo dettagli su cosa stava succedendo, guardavo notizie tutti i giorni sulla situazione in Italia in particolare e mi trovavo in Svizzera, a Lucerna, dove in quel clima avevo fatto un grande show aprendo per i Beatnuts. Immediatamente dopo, sono dovuto rientrare negli States perché stavano chiudendo i voli, non ci capivo nulla, stavano sospendendo tutto, la NBA, la NHL, gente famosa come Tom Hanks aveva preso questa malattia – che, senza mancare di rispetto a nessuno, non mi preoccupava allo stesso modo in cui mi preoccupava non riuscire a tornare dalla mia famiglia… Al rientro, poi, ci hanno chiusi in casa, anche se non ancora nella maniera più ristretta che avete vissuto voi; da lì ho cercato di capire come riprogrammare tutto, perché “egO anD The eneMy 2” era pronto e “The Atonement”, singolo che mi ha prodotto Pete Rock, stava per uscire. Avevo anche altri pezzi chiusi ma non destinati a quell’album, come “Not Today” prodotto da Black Milk e “Silver Bullet”, che grazie a quella situazione ho poi inserito nel disco, rendendolo migliore di com’era. In quella prima settimana in casa, ho cominciato a pensare che volevo espandermi, essere un rapper non mi bastava più e così ho chiesto a Dj Mechanic, un mio contatto tedesco, di mandarmi Fruity Loops, ho cominciato a giocarci su, cercando di abbinare i suoni ai tasti del pad otto o nove ore per ogni santo giorno, arrivando quasi a lasciar perdere tutto, perché non riuscivo a realizzare qualcosa di soddisfacente. Quando poi ho trovato il mio ritmo ideale, ho cominciato a produrre come un pazzo, tanto che il mio decimo beat, realizzato nel corso della seconda settimana, è stato utilizzato dagli Smif-N-Wessun! Mi sono divertito un sacco imparando a realizzare i beat, a finirli. E devo dire che mi piace anche più di scrivere e registrare, anche se esibirsi dal vivo rimane ciò che preferisco. Vedi tutti quei vecchi vinili (gira la telecamera del cellulare mentre parla – ndM)? Li sto usando per creare i loop, d’altro canto tutti sanno rappare, anche quelli non bravi, ma saper produrre è un’arma in più e non sto parlando solo di introiti maggiori facendo musica da casa al posto di un tour, ma soprattutto di essere più dinamico in ciò che faccio, di essere…
M: versatile.
MD: esatto, non mi veniva, sai l’inglese meglio di me (ride – NdM)!

M: tutto ciò dice molto sulla tua etica lavorativa. Dato che l’anno sta terminando, è stato un 2023 soddisfacente per te?
MD: certamente. Dal punto di vista musicale, è stato il mio anno migliore, per quanto sia stato buono pure il 2022. “egO anD The eneMy 2” ha attirato le critiche positive del Boston Globe, che è come il New York Times qui da noi per importanza, abbiamo inoltre girato sette videoclip con dei concetti veri e propri, non come i soliti dove si rappa davanti a un muro e fine, ci siamo presi cura di tutto, compreso l’artwork dell’album. Ancora sento che non c’è stata la copertura mediatica che desideravo e questo mi motiva fortemente, credo che questa cura paghi più del mettere fuori tre o quattro prodotti all’anno, noi vogliamo prestare la massima attenzione al dettaglio e alla progettazione. Quindi ringrazio il 2023 per ciò che mi ha dato, ma voglio che l’anno prossimo mi dia soddisfazioni più grandi, non parlo di riempire gli stadi perché non è ciò che cerco, ma voglio spostare l’asticella più su. Dal punto di vista personale è stato invece un anno duro, per via della battaglia legale che porto avanti da qualche tempo con la madre di mio figlio più grande, un argomento che ha toccato da vicino i miei testi e mi ha permesso di scrivere ancora più di prima, riempiendo il foglio coi miei sentimenti, i miei dolori. Ciò mi ha permesso di trasporre in musica i miei problemi personali, che mi è certamente servito, ma l’intento principale era comunque quello di metterli a disposizione degli altri, di chi si sente come me e ha passato le stesse cose. Non ho mai visto questa roba in maniera egoistica, il mio messaggio è non siete i soli. Tutto quello che mi è accaduto di cattivo non pregiudica il buono e non me lo fa dimenticare, la vita è meravigliosa e piena di opportunità, dobbiamo sempre apprezzare ogni secondo che ci viene concesso.

M: molti dei tuoi pezzi più recenti trattano infatti di queste problematiche, ma sempre con una luce positiva a illuminarle.
MD: esatto. Si tratta di capire che siamo vulnerabili, ma molti artisti hanno paura di esserlo. Vulnerabile è la miglior cosa che puoi essere, perché sei tu, sei reale, ti fa diventare un unicorno differenziandoti dagli altri.

M: dunque preferisci la vecchia maniera di pubblicare, con cadenze più lunghe rispetto alla mitragliata di EP che sentiamo oggi, cosa che trovo molto confusionaria per un artista?
MD: sicuramente sì, certo. Capisco l’esigenza di essere sempre presenti, molti dei miei amici pubblicano in quel modo, a me invece piace investire maggior tempo nel revisionare il mixing, l’artwork, l’editing dei video, non voglio perdere nulla per strada o rimpiangere di averlo potuto fare meglio. Per esempio, sono uscito con “egO anD The eneMy 2” ad aprile e il nuovo album era già pronto lo scorso settembre, ma abbiamo dedicato la massima cura alla fase di mastering, al disegno della copertina, alla progettazione del vinile, cose che richiedono tre o quattro mesi di lavoro, pertanto credo che per febbraio sarà fuori. Sono d’accordo col concetto di tenere caldi i fan, ma lo faccio a modo mio. Mentre sta uscendo il nuovo album, sto già registrando il prossimo disco e mezzo, per intenderci; è il mio metodo per continuare in ciò che mi piace mentre faccio un lavoro normale e trascorro il tempo con la famiglia, senza che questo interrompa la continuità dei miei progetti artistici. La mia presenza è comunque costante, il video di “Done” l’abbiamo pubblicato da poco ma è stato girato a luglio. Insomma, ci siamo capiti.

M: tempo fa mi mandasti una pubblicazione di una rivista di Boston con la lista dei migliori mc’s locali. Ne abbiamo discusso via messaggio, ma lo voglio fare anche qui – e ripeto che ti hanno messo troppo in basso!
MD: sai come la vedo, sono semplicemente orgoglioso di essere stato incluso. E’ una lista come ce ne sono tante. Se tieni conto che le mie relazioni artistiche nascono da conoscenze fatte in tour e che la mia situazione sia nettamente diversa da altri, con un lavoro vero e una famiglia a carico, mi rende ancora più felice essere stato menzionato.

M: come descriveresti il tuo stile lirico?
MD: bella domanda. Amo rappare velocemente perché il mio eroe è sempre stato Big Pun, oggi come oggi invece la mia influenza principale è 2Pac, anche se non gli sono nemmeno vicino. Voglio che la mia musica si senta forte, che scuota, che abbia dei concetti alla Masta Ace, insomma, voglio offrire musica per gente matura attraverso il mix di influenze da cui provengo, che ha definito il mio modo di propormi. Parlo di relazioni finite, parenti che vengono a mancare, amici che ancora spacciano per strada e io che cerco di tirarmene fuori, ogni pezzo che ho scritto ha una porzione di me dentro, puoi sentirci la mia presenza reale. Per molti rapper il tutto si riduce a una formuletta, agli inizi degli anni duemila tutti volevano rappare come i Dipset, ora vogliono tutti imitare Griselda, io invece rappo come me stesso, con le mie influenze, col mio stile personale.
M: in effetti Griselda è copiata ovunque, come attitudine e metodi.
MD: sì, sono tutti dietro al vestiario, ai drumless beat, ai tu-tu-tu-tu. Curioso come ci si dimentichi che il vero padrino di tutto questo è Roc Marciano, che ha dato inizio a questo stile e ancora in pochi glie lo riconoscono.

M: tornando a “egO anD The eneMy 2”, quanto ti ritieni soddisfatto di quel disco?
MD: come dicevo prima, voglio essere sentito di più. Al di là di ciò, è però il mio miglior disco. Punto, fine, niente discussioni. A mia opinione, naturalmente. Sono orgoglioso di pezzi come “HoopHop”, per la storia che contiene, per il flow, per il beat di Erick Sermon. Pensa che quand’ero a metà della registrazione ho ricevuto il messaggio che Kobe Bryant era morto – e la canzone parla di basket. Riguardo “The Atonement”, avevo incontrato Pete Rock in Svizzera e abbiamo concordato che mi mandasse delle cartelle di beat, così ha fatto. Ho passato via meticolosamente le prime due e ho scelto la terza, uno di quei beat è poi finito nell’album che Pete ha realizzato con Skyzoo, “Retropolitan” (il pezzo è “Penny Jerseys”, secondo il suo ricordo – ndM). Adoro raccontare queste storie che pochi sanno. Ricordo di aver registrato “Silver Bullet” con tutta la forza emotiva che avevo in corpo, mentre “Break” e il relativo video erano stati realizzati ben sei anni fa, dentro a “egO 2” ci sono tantissime marche temporali che fanno parte della mia storia. Il beat di “Destitute Dreams” mi è stato dato molto tempo fa in studio da G Koop e pochi lo sanno, ma oggi lui è uno dei produttori più richiesti al mondo, ha collaborato con Migos, Rihanna, Jay-Z, Atmosphere. Ne ho da raccontare finché vuoi…

M: come sei entrato in contatto con Erick Sermon?
MD: non lo conosco personalmente, il beat mi è arrivato attraverso un contatto che cura gli affari della Def Squad. Mi ha mandato la strumentale solo dopo avermi fatto gli esami, nel senso che ha voluto sentire un po’ di roba mia: le sue produzioni non le dà al primo che capita, vuole che il destinatario sia meritevole! Mi piacerebbe moltissimo poterlo incontrare un giorno.
M: ne è venuto fuori un ottimo brano, con quello storytelling sul basket scolastico.
MD: sì, amo quel pezzo. E’ venuto particolarmente bene anche grazie al ritornello cantato da Alex Padei, un ragazzo di qui che ora è in Florida, uno che con la voce fa ciò che vuole, come Anderson .Paak e Bruno Mars. Abbiamo fatto la registrazione originaria del brano presso lo studio di Jaysaun, Alex ci ha mandato la sua parte, che risultava tuttavia un po’ ruvida, andava patinata. Poi succede che lo studio chiude e noi perdiamo completamente la session. Rifacciamo il pezzo, lasciamo ad Alex giusto lo spazio per inserire il ritornello, lui rispedisce tutto ed ecco che viene fuori esattamente come volevo.
M: e come mai hai deciso di inserire un elemento melodico a una tua traccia?
MD: volevo fare delle cose tipo alla Nate Dogg, non so se arriverò mai a quel livello ma ci provo. Il ritornello di “HoopHop” l’ho scritto io, che non so certo cantare, quindi l’ho affidato ad Alex. La decisione fa parte appunto del mio essere versatile, del mio voler aggiungere potenzialità ai miei pezzi.

M: hai collaborato con due dei migliori produttori di Detroit, Black Milk e Apollo Brown. Come li hai coinvolti?
MD: anzitutto, Black Milk è uno dei miei produttori preferiti di sempre, uno che migliora costantemente in ciò che fa. Ha un gusto riconoscibile, ma non sai mai dove andrà, è imprevedibile ed è pure migliorato come rapper. L’ho conosciuto attraverso un’amicizia comune, Rosalinda, che mi ha aiutato a fargli avere i miei lavori, lui mi ha mandato un paio di beat e li ho acquistati, specificandogli che potevo dargli fino a una certa somma per motivi di budget, nonostante meritasse chiaramente di più. Lui ha accettato, quindi sono in debito con lui (ride – ndM). “Not Today” è stato uno dei brani più difficili per me, una vera sfida, perché gira a 67 bpm, un tempo inusuale, dovevo rappare in doppio tempo oppure rallentare di brutto. Apollo Brown ha un sound più vintage, l’ho conosciuto tramite Journalist 103, uno dei miei migliori amici nel circolo del Rap, per cui gli ho chiesto di metterci in contatto. Loro due hanno fatto uno dei dischi più forti degli ultimi tempi, “Gas Mask”, sotto l’acronimo The Left. Apollo è un altro producer ristretto nelle collaborazioni, nel senso che vuol sapere tutto sul rapper che andrà sul suo beat (confermo, avendo parlato personalmente con Apollo, il quale mi ha riferito la stessa cosa – ndM) ed è soprattutto restìo a dare strumentali a meno che non si faccia un album completo assieme, perché è il suo modo preferito di lavorare. Tuttavia, abbiamo trovato la connessione giusta, ci siamo parlati, poi visti, ha sentito la mia roba e mi ha mandato dei beat, tra i quali quello che ho poi scelto per “Done” e un altro che comparirà sul prossimo album, in una traccia con Big Shug.

M: “egO 2” parla molto di difficoltà, dipendenza, sofferenza. Come stai oggi, dopo aver scritto quei testi?
MD: quando ho registrato quei brani, per me è stato come andare in terapia. Ogni giorno è una battaglia, quindi non guarisco mai del tutto dalle mie problematiche, semplicemente sento che posso sentirmi meglio ogni volta che metto tutto me stesso nel mio lavoro. Mi è comunque servito per liberarmi, giuro di aver sentito un peso che se ne andava a livello fisico mentre registravo.

M: com’è andata in tour nel 2023, hai visto luoghi nuovi?
MD: quest’anno ho fatto i migliori tour della mia vita! A luglio sono stato in Germania, poi Praga, Austria, Lens, quindi un festival in Svizzera, il mio miglior show dell’anno, che ho fatto da headliner, c’erano migliaia di persone ed è stato fantastico. Ci sono posti dov’ero già stato ma dove mi hanno richiamato perché avevo dato buone impressioni nei tour precedenti, è stato esaltante. L’obiettivo dell’anno prossimo è venire in Italia, quindi fai leggere l’intervista a qualche promoter dei vostri! La parte di famiglia di mia madre è italiana, ho il vostro sangue che scorre in me.

M: sui social leggo spesso di una line-up di superstar per il prossimo disco, puoi anticipare qualcosa in merito?
MD: certamente. Come detto, c’è Apollo Brown, poi M-Phazes, il cui beat risale a una decina d’anni fa, prima che diventasse famoso, 88 Keys e Mighty V.I.C., quest’ultimo produce un pezzo mixato da Eddie Sancho, che è stato ingegnere del suono per i Gang Starr per vent’anni e dove gli scratch sono di 7L, ma la notizia più clamorosa è il featuring di Grand Puba. Puba non fa collaborazioni di nessun genere, ma per mia fortuna è amico di Mighty V.I.C., quindi ho il rapper preferito del tuo rapper preferito sul mio disco! Piccola storiella esclusiva per voi: la strofa che ho scritto per questo pezzo era originariamente destinata a un altro beat che mi arrivava da Alchemist in persona, ma non è riuscito a ottenere il permesso per usare il sample; quindi ho tenuto l’a-capella e l’ho mandata a V.I.C., il quale ha fatto il beat e poi aggiunto la parte di Puba. Tutti questi nomi altisonanti e poi ci sono io, con la mia piccola EMS crew (ride di gusto – ndM)! Abbiamo poi Estee Nack, un collega di cui sono particolarmente orgoglioso, e produzioni di Vinny Idol e Ty Farris.

M: chi c’è nella lista di rapper e produttori con cui ancora non hai collaborato e vorresti lavorare?
MD: eh, vorrei collaborare con 9th Wonder, perché sento che potrei stare benissimo col mio stile su uno dei suoi beat. Poi vabbé, Dj Premier è il sogno proibito, anche se mi conosce, dato che mi ha campionato vocalmente per il ritornello di un pezzo che ha prodotto per Logic, una cosa per me irreale. Vorrei lavorare con Dr. Dre, il migliore di sempre, ma lo vedo troppo distante dalla mia realtà (ride – NdM). Per quel che riguarda i rapper, sicuramente il primo che mi viene in mente è Redman, uno che tutti vorrebbero, fortissimo, divertente, accattivante. Quindi Anderson .Paak, ma anche lui è fuori budget (e ride ancora – ndM).
M: stavo pensando a un allargamento a quattro degli Special Teamz, i quattro cavalieri dell’Apocalisse bostoniana. Ti piace l’idea?
MD: magari! Adoro Edo, con cui ho già collaborato, Jaysaun e Slaine! Ah, mi viene in mente Elzhi, che con le sillabe è uno completamente fuori dalla portata degli altri, abbiamo già registrato assieme “Reaganomics”, ma fa solo otto barre, voglio un altro tipo di pezzo con lui.

Ci lasciamo con l’intesa di vederci, prima o poi, qui in Italia, sperando in un suo live. Mi raccomanda di salutargli il nostro Weirdo (a very good guy) e mi dice di conoscere anche Dj FastCut, incontrato al Kemp qualche anno fa. Una serie di connessioni con un paese che gli sta evidentemente a cuore, perché parte della sua storia personale. M-Dot si conferma una persona gradevolissima e gentile, nonché ammirevole per l’energia che mette in tutto ciò che fa. Speriamo, un giorno, di potergli stringere la mano dal vivo.

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