Quei due anni magici in cui MF Doom fu il villain per eccellenza dell’Hip-Hop

Giacché tocca farlo – e vi assicuro che vorremmo tanto non doverlo fare – sarà bene dare un taglio meno generico a questa piccola retrospettiva. Che non è e non vuol essere un ricordo sdolcinato e commemorativo compilato in tutta fretta e uguale a mille altri. A nostro avviso, l’unica via per dire qualcosa di sensato a proposito di Daniel Dumile passa attraverso la musica: perciò, mentre il cursore lampeggia sullo schermo, di fianco al portatile ci sono i suoi dischi, quelli di cui ci accingiamo a parlare. Necessariamente, però, tocca fare anzitutto cenno a una biografia che, come oramai tutti sappiamo, ha avuto una silenziosa conclusione lo scorso 31 ottobre.

Daniel nasce a Londra il 13 luglio del 1971, la madre è originaria di Trinidad (ha vissuto in Inghilterra con la propria famiglia), il padre è dello Zimbabwe; cittadino britannico, status che non correggerà mai, cresce a Long Island (New York), dove incontra presto l’Hip-Hop. Adolescente, nei panni di Zev Love X fonda i K.M.D. assieme al fratellino Dingilizwe (Dj Subroc) e Rodan, quest’ultimo lascerà il gruppo dopo non molto e verrà sostituito da Mc Onyx; il resto, come si dice in questi casi, è storia: la crew Kausing Much Damage troverà il deciso sostegno dei 3rd Bass e si legherà alla Elektra Records, pubblicando “Mr. Hood” nel 1991 e ritrovandosi poi in una dura contesa che porterà alla cancellazione di “Black Bastards”, alla cui realizzazione (in sostanza da parte dei due fratelli) Subroc parteciperà fino alla sua tragica e prematura scomparsa nell’aprile del 1993, investito da un’auto.

Al doppio e ravvicinato torto riservatogli dalla vita, Daniel risponderà con un reset totale: il suo alter-ego Zev Love X si ritira per sempre dalle scene e l’uomo, col suo dolore, finisce per strada, meditando in silenzio la propria vendetta contro un’industria discografica che gli ha voltato le spalle senza alcuna pietà. Sembra la trama di un fumetto e per certi versi lo è: nei suoi amati (anti)eroi il rapper individuerà infatti un parallelo molto concreto, dando corpo alla sua nuova – e definitiva – personalità. MF Doom (l’acronimo sta sia per Metal Fingered che per Metal Face) ha le fattezze mascherate di Doctor Doom, nemico giurato dei Fantastici Quattro; le sue prime esibizioni, tuttavia, lo vedono indossare una calza sul volto, espediente grazie al quale celerà la propria identità nei vari open mic cui prenderà parte fino al fortunato incontro con Bobbito Garcia e la sua Fondle ‘Em Records. La label, indipendente e abile a scavare nel sottosuolo, darà alle stampe il 12” “Dead Bent/Gas Drawls/Hey!”, trittico che ritroveremo due anni dopo nell’epico esordio ufficiale di Doom, “Operation: Doomsday”.

E’ il 20 aprile del 1999 e Daniel è pronto a restituire il colpo, scompigliando le certezze di un genere che annaspava al seguito di figure del tutto prive di credibilità. La strategia è in apparenza semplice: MF Doom si arma di vinili, campionatore e microfono, bandisce il bello assoluto preteso dagli A&R e riporta l’Hip-Hop alla sua innata spontaneità. I beat di “Operation: Doomsday” sembrano pigiati in presa diretta sui pad del sequencer, sono rozzi e palesano nitidi riferimenti alla old school; le liriche, impastate e fitte di citazioni da comics, cinema e cultura popolare, trovano nell’onnipresente black humour un collante irresistibile. Questa la ricetta, di volta in volta ricalibrata a seconda dei singoli casi, che l’artista proporrà da ora in avanti in un denso elenco di uscite; alcune delle quali vanno appunto a comporre una parentesi particolarmente significativa del suo lungo e travagliato percorso in musica. Attenzione: non perché l’esperienza giovanile targata K.M.D. e la prima prova di MF Doom siano i tasselli secondari di un abbondante quarto di secolo di attività; ma resta il fatto che quanto accadde tra giugno 2003 e ottobre 2005 sia un unicum nella storia dell’Hip-Hop – e, a giudizio di chi scrive, una parte consistente del mito di Doom ha origine proprio in quella frenetica serie di titoli che lo vedranno protagonista.

Ristampato a grande richiesta “Operation: Doomsday” per la SubVerse di Bigg Jus, messo in cantiere un buon numero di collaborazioni, dato il via alle “Special Herbs” (raccolte in vinile di strumentali da cui il Nostro attingerà nell’immediato futuro) e liberato il minaccioso collettivo dei Monsta Island Czars, Daniel Dumile può finalmente invadere il mercato con una gragnola di bombe che scuoteranno l’Hip-Hop fino alle fondamenta; un big bang la cui eco risuona ancora oggi in un ambiente che ha dovuto imparare la lezione impartita da un outsider giunto sulla cima con la sola forza delle proprie iniziative. Si comincia il 17 giugno del 2003: con l’alias King Geedorah, viene rilasciato “Take Me To Your Leader” per Big Dada Recordings, capolavoro – non esito a spendere il sostantivo – che incarna in toto la filosofia di Doom. Conservando per sé solo una parte delle strofe, il Metal Fingered Villain produce un album che ha il coraggio di imporre le proprie regole, inagevole per scelta ed equipaggiato con graffianti punchline, sample bagnati nell’acido e…pericolosi raggi laser! Tre mesi dopo, il 16 settembre, è il turno di Viktor Vaughn (altro nome riconducibile al personaggio della Marvel): “Vaudeville Villain” porta impresso il logo della Sound-Ink Records e non ha contributi alle macchine a firma MF Doom. Si tratta di un gustoso concept che prende il via da un viaggio nel passato che costringe il villain a numerose e divertenti peripezie, trama grazie alla quale possiamo tornare ad apprezzare i fantasiosi incastri e l’immaginario un po’ nerd (e weird) che hanno delineato i principali tratti stilistici dell’mc.

Veniamo al 23 marzo 2004: è la volta di “Madvillainy”, altro centro pieno a firma congiunta di MF Doom e Madlib – la somma fa Madvillain! – per Stones Throw Records. In realtà, il duo aveva registrato una prima bozza del progetto addirittura nel 2002, materiale che finirà sul web illegalmente e li costringerà a rientrare in studio dopo una breve pausa; a prescindere da ciò, è opinione pressoché unanime che “Madvillainy” sia uno dei migliori lavori di Doom (nonché dell’intero decennio): l’atmosfera psicoattiva messa in battuta dal signor Jackson è una portata che il suo socio sbocconcella con calma frastornante, facendosi guidare dalla musica per amplificarne lo straniamento con dei versi a tratti impenetrabili, libere associazioni che faranno scuola in una generazione di rapper cresciuta coi testi di Daniel annotati sul quaderno per essere studiati. Due mesi dopo, in data 11 maggio, è la Day By Day Entertainment a distribuire “Special Herbs & Spices Volume One”, sigillo apposto su una collaborazione che MF Doom e MF Grimm (anch’egli nei M.I.C.) avevano avviato a inizio duemila con l’EP “MF”. Il primo raccoglie i beat tra le “Special Herbs”, il secondo si occupa delle barre; nella sua funzione squisitamente promozionale (Grimm intendeva creare un po’ di hype in vista dell’ambizioso “American Hunger”), l’intreccio rivela aderenze indiscutibili, lasciando dunque un pizzico d’amaro in bocca per i successivi screzi che porteranno alla rottura di una formazione così ben assortita: la chimica di “…Volume One”, nel segno di una leggerezza tematica vicina all’improvvisazione, avrebbe meritato sviluppi che Metal Face e Mad Flows ci hanno solo fatto pregustare.

Scavallando il semestre, il 3 agosto è già tempo di bis per Viktor Vaughn: “Venomous Villain”, marchiato Insomniac, segue la scia del suo predecessore e accosta Doom a una schiera di produttori poco noti. Il risultato, sebbene inferiore alle gemme appena indicate, conferma una progressione inarrestabile: qualche featuring di troppo e un mood più cupo del solito non oscurano l’inventiva del rapper, che indirizza il focus sull’Hip-Hop e sul suo stato di salute. Un sorriso amaro, che in “MM..Food?” – Rhymesayers Entertainment, 16 novembre – si fa più sornione. Daniel riveste i panni di MF Doom, ma ai toni minacciosi di “Operation: Doomsday” contrappone un timbro grottesco, bizzarro, che abbina riferimenti culinari e rime al vetriolo; non è tanto quel che dice, bensì come lo dice: che sia un diss o si alluda alla masturbazione, la biro disegna un flow delizioso, che sposa alla perfezione i suoni curati di nuovo in prima persona (con tre sole eccezioni) dal Dumile medesimo. Insomma, ce n’era già abbastanza per un live più che corposo; l’8 marzo 2005 Nature Sounds colmerà la lacuna con “Live From Planet X”, registrazione di un concerto tenutosi nel gennaio 2004 a San Francisco. Non imprescindibile per via del formato un po’ scarno, l’operazione rende comunque merito a un repertorio che va ingrossandosi a ritmi incontrollati, compattando in quaranta minuti una scaletta che non conta riempitivi.

10 ottobre, “The Mouse And The Mask” – Epitaph Records per gli U.S.A., Lex Records per l’Europa – è il frutto dell’ennesima metamorfosi: Danger (Mouse + MF) Doom premia il lato più giocoso di una coppia che aveva visto crescere a dismisura le rispettive quotazioni. Il network Adult Swim trasloca momentaneamente nella fervida creatività di entrambi e la somma delle parti consacra in primis l’estro dell’mc, a suo completo agio sui coloratissimi beat del compare; ironico, stravagante, travolgente, l’album chiude coi fuochi d’artificio il periodo più intenso di una carriera che ha consacrato MF Doom ai vertici della scena Hip-Hop. Ventinove mesi, otto dischi, nove label diverse: sono le cifre record di una rivalsa che ha messo fine a una clamorosa ingiustizia, imponendo il talento cristallino di Daniel Dumile all’attenzione di un pubblico via via più ampio.

In ossequio alla discrezione con la quale sua moglie Jasmine ne ha gestito la triste notizia della morte, così come accadde nel 2017 per il figlio quattordicenne King Malachi Ezekiel, nel nostro piccolo abbiamo solo voluto celebrare la stagione migliore di una straordinaria vita artistica (proseguita in solitaria e nelle combo con Jneiro Jarel, Bishop Nehru e Czarface). A voi rimane il compito di (ri)scoprirne l’originalità e l’eccezionalità, orientandovi in un itinerario che non smetteremo certo di esplorare. Riposa in pace, Doom.

<<Livin’ off borrowed time, the clock tick faster/that’d be the hour they knock the slick blaster…>>