Dj Muggs – Soul Assassins 3: Death Valley

Voto: 3,5/4 –

Quella di Dj Muggs è una figura indiscutibilmente polarizzante, tanto per talento quanto per longevità. Titolare di uno stile immediatamente riconoscibile e dalle tinte notturne, grazie a quella geniale capacità di sminuzzare e riproporre campioni immergendoli nelle profondità più oscure, a Lawrence Muggerud va riconosciuto il merito di non essersi mai seduto sui milionari allori ottenuti con i Cypress Hill, scegliendo invece di adeguarsi ai nuovi canoni dell’underground senza perdere la sua essenza primordiale, perseverando negli anni in un percorso privo di mediazioni, settoriale, non incline alla luce dei riflettori, costruendo un po’ per volta il misticismo che continua ad avvolgerne la figura.

Muggs rappresenta da più di trent’anni una personalità chiave per la scena, asserzione che trova conferme non solo nell’alto numero di emulatori da lui influenzati nelle generazioni successive alla sua, ma pure nell’incredibile proliferazione di pubblicazioni che di anno in anno prolungano un catalogo di proporzioni mastodontiche, una quantità sinora mai disequilibrata dalla qualità dei progetti realizzati. Nonostante l’alta riconoscibilità, il suo lavoro non ha mai dato l’idea di essere strettamente attaccato a una formuletta che gli permettesse di vivere di rendita, fama e ricchezza non gli hanno precluso né l’etica, né la costanza, e il rispetto restituitogli dal circuito Hip-Hop è tale da erigere il produttore tra gli intoccabili del genere. Tanto è ciò che ha dato alla Cultura, tanto è quanto continua a donare facendosi beffe della sabbia rimasta nella clessidra.

Giungiamo così a una nuova ed entusiasmante chiamata a raccolta dei druidi con cui il newyorkese trapiantato a Los Angeles ha in parte eretto un glorioso passato, dando luogo a una commistione di interpreti della rima accuratamente pescati tra entità quasi disperse, veterani affermati e giovani in rampa di lancio che hanno visto la propria carriera benedetta proprio dalla collaborazione col Nostro, portando questo nuovo capitolo della saga Soul Assassins a un livello atto a stringere i bulloni dell’old to the new in nome di un vessillo ben lontano dall’essere ammainato. “Soul Assassins 3: Death Valley” trasporta con successo quell’aura minatoria già capace di rimescolare le carte negli anni novanta, mettendo a disposizione tutta la propensione dell’artista classe ’68 a cucire su misura abiti idonei per chiunque: una decisione esecutiva che funziona nella maggior parte dei casi, anche se, a onor del vero, avremmo preferito un miglior dosaggio tra tipicità ambientale e assecondamento alle peculiarità altrui. Ne risulta una raccolta ampiamente apprezzabile, tendente a standard ben differenti rispetto ai canonici producer album sia per concepimento che per esecuzione: Muggs non smette di calare assi da una manica esperta e generosa.

Già in epoche non sospette l’antipasto si è rivelato essere tra i più succulenti: “Street Made” fa annuire il capo sin dalla prima battuta, la batteria è opportunatamente lenta e scandisce l’inesorabile cadenza del sample portante per poi ospitare una breve virata Soul che punteggia i racconti provenienti dalla cavernosa vocalità di Scarface (maestro nel tessere in rima ossessioni paranoiche legate alla malavita), teatro consono altresì all’esibizione di un Gibbs in grande spolvero, visti tutti i passaggi in doppio tempo che s’infilano accuratamente l’uno dietro l’altro. “Jokers Wild” si distingue per la grande musicalità di Cee-Lo, il quale se la cava egregiamente nel percorrere l’umido corridoio ritmico intriso di violini sinistri, le sue flessioni vocali conseguono in una piacevole assenza di ortodossia metrica e in schemi densi di assonanze, svelando il notevole arsenale dell’artista georgiano. Non mancano i pesci grossi, l’eccellenza fa tremare le pareti componendo un mostro a tre teste che vede Marciano e Lauren cavalcare con somme abilità d’intreccio e tenuta il piano offerto per “67 Keys”, con Rome Streetz a punteggiare il ritornello anziché, come avremmo gradito, mollare la penna per scriverne sedici al vetriolo – nonostante goda di uno spazio del tutto suo su “Skeleton Bones”, il risultato non è altrettanto elettrizzante. Le nuvole coprono ancora la luce lunare che tenta di colpire “Metropolis” senza successo, inutile dire che su tale eclissi melodica la voce di Meth cozza soavemente e l’addendo apportato da uno Slick Rick ancora in agio nell’elasticizzare l’irregolare flusso delle sillabe è una sorpresa senz’altro gradita. E, già che il Wu-Tang Clan è ospite fisso tra gli assassini, ecco una base confezionata ad hoc per Ghostface Killah, la cui personalità debordante si unisce alla spocchia incontenibile di Westside Gunn per una “Sicilian Gold” polverosa ed esclamativa nell’autoindulgenza.

Sono di minor impatto delle esibizioni dalle quali ci si sarebbe atteso quel qualcosa in più, dato il calibro dei personaggi coinvolti. Se è vero che Boldy James armeggia con notevole senso tecnico il beat spoglio di sezione ritmica che caratterizza “Where We At”, è vero pure che quel gusto è tanto vicino a un’ispirazione alchemica, quasi Muggs volesse riporre in secondo piano la sua personalità per favorire quella dell’ex allievo; nulla c’è invece da eccepire sulla riuscita complessiva di “It’s On”, la cui fonte pesca con abbondanza dai seventies fornendo al coinvolgimento dei singoli talenti un’equazione più bilanciata. “Shell Casings” pare più che altro una copia malriuscita di “Street Made”, se non altro per l’andazzo similmente storpio, mentre la storiella intimidatoria imbastita da T.F è condita dal rumore dei bossoli ma non si distingue un granché dai numerosi altri brani riguardanti tematiche simili; di ben altra caratura lessicale è la joint venture tra Marciano e Crimeapple, deliziosi da ascoltare nella stessa traccia per quanto il beat risulti statico e neanche troppo interessante (parrebbe quasi ideato dal primo), osservazione corroborata dallo stile utilizzato per “Burn The Playbook”, altro beat che, senza la lettura dei crediti, avremmo assegnato alle macchine di Alchemist e non a caso vede la timbratura dell’altra metà degli Step Brothers.

Il meccanismo funziona, come ha sempre funzionato nei gustosi prodotti che Dj Muggs ha offerto ai suoi adepti in questi lunghi anni di onorata attività. Il mix tra vecchie e nuove forze dell’underground è senza dubbio impastato da mani sapienti e, per quanto i singoli pubblicati prima dell’uscita (citazione obbligata per “Dump On Em”, riuscito revival del vecchio west con B-Real, MC Ren e Ice Cube) avessero fatto presagire quel quid in più, c’è comunque di che divertirsi tra un momento eccitante, uno di lieve flessione, un the time has come, un attention e la certezza che The Black Goat esibisca una costante garanzia qualitativa priva di eguali, scevra da qualsiasi segno di cedimento.

Tracklist

Dj Muggs – Soul Assassins 3: Death Valley (Soul Assassins Records 2023)

  1. The Time Has Come
  2. It’s On [Feat. Boldy James]
  3. Check In (Original Version) [Feat. Jay Worthy and Spanto]
  4. Sicilian Gold [Feat. Ghostface Killah and Westside Gunn]
  5. 67 Keys [Feat. Roc Marciano, Rome Streetz and Meyhem Lauren]
  6. Mr. Cartoon Interlude
  7. Jokers Wild [Feat. Cee-Lo]
  8. Shell Casings [Feat. T.F]
  9. Street Made [Feat. Scarface and Freddie Gibbs]
  10. Where We At [Feat. Boldy James]
  11. We Ain’t Playing [Feat. Jay Worthy, 2 Eleven, T.F and Devin The Dude]
  12. Burn The Playbook [Feat. Evidence and Domo Genesis]
  13. Majik
  14. Crazy Horse [Feat. Roc Marciano and Crimeapple]
  15. Metropolis [Feat. Method Man and Slick Rick]
  16. We Coming For The Safe [Feat. Boldy James]
  17. Skeleton Bones [Feat. Rome Streetz]
  18. Dump On Em [Feat. B-Real, MC Ren and Ice Cube]
  19. Outro [Feat. Estevan Oriol and Spanto]

Beatz

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