Statik Selektah – 8

Voto: 3 +

Ebbene sì, l’ha fatto di nuovo! Statik Selektah ha impiegato quasi due anni – tanto è il tempo intercorso tra la pubblicazione di “Lucky 7” e l’annuncio della sua ultima fatica – per prendere coscienza della (attuale) incapacità di evolvere la propria arte andando oltre alla confezione ingiallita che ci presenta da oltre due lustri, ritrattando così le sue vecchie promesse e ripercorrendo, per l’ottava volta (!), la medesima strada battuta sin dai tempi di “Spell My Name Right”. La formula rispolverata per 8″ è quindi quella di sempre: un bel calderone ribollente di variopinti boom bap lussuriosamente ammiccanti, dato in pasto – tavolo in più, tavolo in meno – a una quarantina di commensali ripartiti lungo una chilometrica tracklist.

Stessa formula che, a conti fatti, si traduce nello stesso bilancio – tra pro e contro – del passato. Da un lato hai la garanzia che al di sotto di un certo standard non si scende quasi mai, dall’altro però sai già che tra i solchi non emergerà mai quell’impulso capace di scrivere una nuova pagina del genere. La fumosa titletrack, tra i pezzi di maggior spessore della compila, mette nero su bianco quest’aspetto, offrendo un beat bello grezzo e fumoso all’habitué Termanology e ai due fratelli di Buffalo, Westside Gunn e Conway. Una buona prova di forza, che impallidisce però se affiancata alle consuete offerte del marchio Griselda.

Anche Joyner Lucas e No Malice sono protagonisti di due prestazioni d’autore. Il primo soggioga al suo volere l’apparente quiete strumentale di Don’t Run, utilizzando ogni elemento della composizione per sfoggiare tutte le variazioni e i trick del proprio repertorio vocale; il maggiore dei fratelli Thornton fa invece la sua comparsa con Pull The Curtain Back, un’energica omelia (<<God took my re-up chain, killing off my vanity/too godly for the world while the Church hear my profanity>>) sostenuta da un ottimo Statik Selektah, il quale tagliuzza a dovere “Lay Down (Candles In The Rain)” e incolla il tutto innalzando un pulpito ad hoc per l’occasione.

Come in ogni disco firmato dal buon Statik, figurano alcuni nomi che sono oramai parte dell’arredamento in casa Showoff. In primis Sean Price (R.I.P.), che assieme a Tek e Wais P passeggia sull’asfalto rovente di Brooklyn in Go Gettas. B-Real ed Everlast rivivono quindi in “Shakem Up” un iconico momento d’altri tempi all’ombra della collina, col padrone di casa che propone la sua migliore imitazione di Dj Muggs; Nobody Move, che sulla carta prometteva bene, lascia invece qualche perplessità a causa di una base che funziona sui tempi di Raekwon, ma non permette a Royce – nonostante una buona prova – di azzannare come di consueto il pentagramma.

All’abbuffata non manca ovviamente neppure Joey Bada$$, comprimario in “Ain’t A Damn Thing Change” – assieme a G-Eazy – in uno scaltro cocktail di doppia acca e paraculismo, dosato (va ammesso) con una certa sapienza e che ricorda vagamente la via tracciata dallo stesso leader del collettivo Pro-Era nella prima metà del suo “All-Amerikkkan Badass”, puntando a riscontri ad ampio spettro. But You Don’t Hear Me Tho, coi Lox al gran completo, è un altro compitino svolto ad arte: il minimo degli sforzi e un otto assicurato. Al contrario, le bacchettate sulle mani Statik Selektah se le prende con Put Jewels On It, perché non era semplice riuscire nell’impresa di rendere fiacca (il corsivo ha valore triplo in questo caso) una performance dei Run The Jewels. Certo, nulla da dire riguardo alle strofe di Mike e Jaime (<<I came up on some brain-blown-full-of-smoke, living-in-a-Terrordome/that-kid-born-to-kill-a-king-with-my-hand, shit/put ’em up, runners run amok, gonna gun ’em up/son ’em up, what a run of luck, I’m a ton of fun/fuckers wanna run it up, stun a runner up/I’m a number one, wake up with the sun, thinkin’ make a buck>>), ma…ci siamo capiti.

Anche questa volta, insomma, il problema è quello riscontrato in precedenza. Qualche bomba c’è, pezzi di spessore pure, ma alla lunga tutto si amalgama in sottofondo, intercalato da quella manciata di brani capaci di mantenere le proprie sembianze anche sulla distanza. Allora Statik, che ne dici? Lo vogliamo finalmente fare questo tanto rinviato e promesso passo in avanti?

Tracklist

Statik Selektah – 8 (Showoff Records/Duck Down Music 2017)

  1. Harley’s Blues (The World Could Save) [Feat. Harley Harl and Francesca]
  2. Man Of The Hour [Feat. 2 Chainz and Wiz Khalifa]
  3. Put Jewels On It [Feat. Run The Jewels]
  4. Watching Myself [Feat. Action Bronson]
  5. Get Down [Feat. Wale and Phil Ade]
  6. Ain’t A Damn Thing Change [Feat. G-Eazy, Joey Bada$$ and Enisa]
  7. But You Don’t Hear Me Tho [Feat. The Lox and Mtume]
  8. No. 8 [Feat. Westside Gunn, Conway and Termanology]
  9. What Can We Do (Parts 1 & 2) [Feat. Anoyd, Crimeapple, Avenue, Nick Grant, Millyz and Chris Rivers]
  10. Don’t Run [Feat. Joyner Lucas]
  11. Go Gettas [Feat. Wais P, Sean Price and Tek]
  12. Slept To Death [Feat. Curren$y and Cousin Stizz]
  13. Everything (Show Me Love) [Feat. PnB Rock and Lil Fame]
  14. Nobody Move [Feat. Raekwon and Royce da 5’9”]
  15. Shakem Up [Feat. B-Real and Everlast]
  16. Pull The Curtain Back [Feat. No Malice]
  17. Disrespekt [Feat. Prodigy]
  18. All Said & Done [Feat. Plays and Juelz Santana]/JFK’s 8 Ball Outro

Beatz

All tracks produced by Statik Selektah except track #17 co-produced by The Alchemist

Scratch

All scratches by Statik Selektah

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