Conway The Machine – Won’t He Do It

Voto: 4

Tra i generali della real casa di Buffalo, Conway The Machine è indubbiamente quello che ha intrapreso il percorso più inatteso. Quello che, contro ogni previsione (in fondo, la linea d’aria che separa “Reject 2” dal condividere la titletrack del proprio esordio ufficiale con Dej Loaf è di quelle difficili da misurare a occhio nudo…), per primo ha voluto provare qualcosa d’altro. Diciamo pure una tavolozza diversa rispetto all’esclusiva dei toni grigi degli albori. Va detto che oramai ci siamo anche quasi abituati a vedere i loschi figuri di Griselda in compagnia di gente che è distante eoni dalla brutalità primigenia della loro estetica; citiamo l’apparizione di entrambi i fratellini in “Keep My Spirit Alive” di Kanye West, il macellaio Benny in coppia con J. Cole per (la riuscitissima) “Johnny P’s Caddy” e, arrivando a questi giorni, l’ospitata di Westside Gunn in quella plumbea “Lost Forever” che Travis Scott ha inserito nella sua personalissima “Utopia”.

Parentesi chiusa; torniamo a Demond. Dopo il primo passo un po’ instabile (“From King To A GOD”) e il secondo di netto riassestamento (“God Don’t Make Mistakes”), con Won’t He Do It La Macchina sembra aver stabilizzato in via definitiva il suo palcoscenico; quello che gli consente di non rinnegare i suoi trascorsi e, al contempo, marciare con naturalezza in avanti. E in questo particolare momento – ma sarò felicissimo se nel prossimo futuro dovessi essere smentito – il Nostro sembra l’esponente del triumvirato originale in grado di meglio sintonizzarsi in modo autentico sulle frequenze che hanno reso grande lui e il brand, col cui CDA di recente non siamo stati troppo teneri (“Nacksaw Jim Duggandocet).

Ecco, Conway resta il garante di quelle atmosfere. Un mastro di chiavi che riesce a non suonare mai come uno che sta solo imitando il sé stesso dell’altro ieri. Neanche quando si diletta in quello che è forse il più tipico degli esercizi di stile di famiglia: Stab Out è lì a darne dimostrazione, Rap ad alto coefficiente di alcaloidi (<<that thirty K you tryna save, I’m ‘bout to blow on kicks/poke out your chest all you want, but don’t you throw no fists/that’ll only get you some broke bones quick,I’m Bones Jones swift/and bro gon’ flip, get on your ass and bro don’t quit/I drop some shit and niggas be like, bro don’t miss/I’m as consistent a coke nose drip>>) su una strumentale scarnificata – ma forse è il caso di definirla ossea – di JR Swiftz. E segnaliamo anche un Ransom perfettamente a suo agio. Ma ci sono pure Brick Fare e Brucifix a reclamare di diritto uno spazio nella stessa playlist in cui avete riposto a loro tempo “1000 Corpses” e “Spurs 3”.

Detto ciò, le cose si fanno realmente interessanti quando – un po’ come accadeva nella sua precedente fatica – Conway è costretto a staccare anche il pilota (semi) automatico e passare alla guida manuale. Quarters è quel genere di pezzo che in termini assai poco scientifici tendiamo a definire col binomio tanta roba: Khrysis ci mette il beat (e le cose vanno molto meglio dell’ultima volta) e Conway entra in materia con prepotenza, intrecciando una manciata di barre (<<the dope I ordered come over border, I’m the G.O.A.T. recorder/word to cash, my soul on frozen water, flow and slaughter/clip in the pole, tall as your oldest daughter/bullets in that bitch is ‘bout as big as a roll of quarters>>) come non dovrebbe essere in grado di fare uno che da anni si ritrova mezzo volto paralizzato. Una performance impressionante. Un po’ meno lo è invece Brooklyn Chophouse, che non rispetta appieno le aspettative che una line-up comprensiva di Benny The Butcher, Fabolous e Daringer alle macchine dovrebbe garantire. E in questo senso tocca citare invece con una menzione d’onore la titletrack, nella quale 7xvethegenius fa quello che i suddetti nomi, ben più blasonati, hanno fatto solo in parte.

Anche nel complesso di “Won’t He Do It”, però, c’è qualcosina che stride. Mi riferisco alla tripletta formata da Kanye, The Chosen e Water To Wine (le prime due firmate dalla J.U.S.T.I.C.E. League e l’ultima da E. Jones); che hanno perlomeno il pregio di comparire una dietro l’altra, formando sì un ventre piuttosto molle, ma che necessita solo di un rapido scatto di falangi per essere skippato. E comunque ci pensa il minuto scarso di Kill Judas, con un Daringer in cosplay da Dj Muggs, a ripristinare l’ascolto alle impostazioni di fabbrica fino (più o meno) alla fine.

In ogni caso, Conway c’è. E per il momento – anche qui, contro ogni previsione – pare essere quello che meglio ha saputo acclimatarsi a metà strada tra ciò che un tempo chiamavamo underground e le strade ben illuminate che si dipanano qualche metro più in alto. Solo un paio d’anni fa non ci avrei scommesso un centesimo… Ma, di tanto in tanto, è bello anche sbagliarsi.

Tracklist

Conway The Machine – Won’t He Do It (Drumwork Music Group 2023)

  1. Quarters
  2. Brucifix [Feat. Westside Gunn]
  3. Monogram
  4. Stab Out [Feat. Ransom]
  5. Flesh Of My Flesh
  6. Kanye [Feat. Goosebytheway and Drea D’Nur]
  7. The Chosen [Feat. Jae Skeese]
  8. Water To Wine [Feat. Goosebytheway, Jozzy and Dave East]
  9. Kill Judas
  10. Brick Fare
  11. Brooklyn Chophouse [Feat. Benny The Butcher and Fabolous]
  12. Tween Cross Tween [Feat. Goosebytheway]
  13. Won’t He Do It [Feat. 7xvethegenius]
  14. Super Bowl [Feat. Juicy J and Sauce Walka]

Beatz

  • Khrysis: 1
  • Daringer and Alessandro Colombini: 2
  • Daringer: 3, 9, 11
  • JR Swiftz: 4
  • Daringer and Håkon Graf: 5
  • J.U.S.T.I.C.E. League: 6, 7
  • E. Jones: 8
  • Daringer, Mario Luciano and Jason Wool: 10
  • Graymatter: 12
  • Daniel Cruz, Cozmo and G Koop: 13
  • Juicy J and Crazy Mike: 14
The following two tabs change content below.

li9uidsnake

Ultimi post di li9uidsnake (vedi tutti)