Nas – Magic

Voto: 4 +

Lungi dall’essere tra i miei produttori preferiti, ritengo giusto giungere alla conclusione che la cura Hit-Boy abbia giovato non poco a Nas. Quel che cominciava a prendere forma in “King’s Disease”, è presto sbocciato in “King’s Disease II”, equilibrio che ha retto anche nel successivo “Magic”; totale: sedici mesi per una costanza realizzativa commisurata a un risultato che – finalmente – non fluttua tra alti e bassi, rendendo il dovuto merito a una vena creativa al momento in fibrillazione. Nasir è in forma, è ispirato, sa di aver rimesso in piedi una carriera che, dopo il convincente “Life Is Good”, tra annunci, silenzi e progetti mancati era precipitata nel suo periodo di stasi più lungo, un lustro abbondante al termine del quale “Nasir” e “The Lost Tapes II” rischiavano di tradursi in un irreversibile colpo di grazia. Fatte le necessarie proporzioni, è quanto accadde dopo il disastroso “Nastradamus”: se in quel caso l’mc rimediò con “Stillmatic”, in questo ha legato il proprio destino a un executive – già nei crediti dell’ultimo nastro perduto – col pallino per i Grammy, dando il via a una saga che sta macinando consensi anche tra i peggiori scettici (ivi compreso il sottoscritto).

L’uso della perifrasi progressiva non è affatto casuale: in “Ugly”, Nas ci rassicura (<<KD3 on the way, this just to feed the buzz>>) sul suo prosieguo; pubblicato la vigilia di Natale e annunciato solo il giorno prima, “Magic” è dunque una sorta di intermezzo, realizzato però coi giri del motore ancora alti e l’adrenalina in circolo. Nove brani (e zero filler), mezz’ora di durata, un featuring, Dj Premier ai piatti: sulla carta un EP, in concreto un’uscita che sazia perfino l’appetito più esigente. In termini di concretezza, senza voler forzare paragoni che non starebbero in cielo né in terra, cogliamo paralleli che rimandano dritti a “Illmatic” e ai titoli di punta di casa Jones; nel senso che “Magic” è un disco scolpito nell’Hip-Hop: non ha ritornelli accattivanti, non contempla soluzioni clamorosamente mainstream, ricorre al sampling (secondo lo stile di Hit-Boy, è chiaro) e stabilisce il suo nucleo tematico attorno ai principali topoi del genere. Il resto è dato da un serbatoio lirico che non sembra conoscere fondo.

Schiacciato il tasto play, la prima quartina di “Speechless” mette subito in evidenza la ritrovata determinazione di Nas: <<I’m 21 years past the 27 Club/it’s like I went back into my past and then I sped it up/Robert Johnson, Winehouse and Morrison found where Heaven was/Heaven on Earth, this shit is magic with no fairy dust>>. Dal riferimento a una longevità artistica imponente si giunge a una riflessione sulla capacità di sopravvivere – in senso lato – a un contesto ostile, avverso; efficace metafora di un percorso che, appunto, ha superato fasi complicate anzitutto grazie a una caparbietà che qui non viene frenata. L’energia impressa all’autocelebrativa “Meet Joe Black” (<<why would I ever have to cop a chain again/when the QB chain birthed most the chains in the game?/…/I been gettin’ criticized, it’s keepin’ me energized/create with a business mind, I’m from where killers reside>>) e il livore di “40-16 Building” (<<famous people sayin’ they hate bein’ famous, millionaires hate it/people take just to feel like they made it/whoever claim that you changed ‘cause the money came/they’d do the same if they saw their name on a hundred thangs>>) esprimono infatti il carattere di un’operazione che, tanto più per il suo essere instant, emerge da una spontaneità che temevamo esaurita.

E’ l’occasione per rievocare con lucidità episodi del passato (<<I shoulda had Grammy’s when Ol’ Dirty said wu for the children/shoulda did that remix verse on “Gimme The Loot” for Biggie>>“Wu For The Children”), accostare generazioni che talvolta dialogano con difficoltà (in “Wave Gods” A$AP Rocky viene preceduto dagli scratch di Preemo su linee di Raekwon, C.L. Smooth e Kool G Rap) e lodare con un certo orgoglio la propria strategia operativa (<<before I make a move, I think about it karmically/everything come back like a boomerang/…/blazin’ gats like young Haitian Jack/me and money go together like the 80’s and crack>>“Dedicated”). Non volendo però dilungarci sulla qualità di una scrittura che ha raccolto encomi anche quando è apparsa sprovvista di strumentali di pari livello, sarà bene aggiungere qualche riga a proposito di Hit-Boy: al netto di uno storico che affonda in percentuali consistenti nel Pop, il suo contributo a “Magic” non fa storcere il naso; anzi, nei limiti – soggettivi, di puro gusto – derivanti da una pasta mai aspra né brutale, le frequenze scelte, talvolta asciutte fino all’essenziale (vedi “Ugly” e “The Truth”), calzano come un guanto alle rime del Nostro, rafforzate da un’intesa che sta dando i suoi frutti.

E allora cosa aggiungere, ancora? L’anno l’ha chiuso Nas con un (mini)album che – oltre a essere il migliore, a opinione di chi scrive, dei tre fino a oggi realizzati con Hit-Boy – contribuisce a raddrizzare il bilancio complessivo dei dodici mesi appena trascorsi, fissando al tempo stesso un appuntamento obbligato del 2022. Noi ci saremo.

Tracklist

Nas – Magic (Mass Appeal Rercords 2021)

  1. Speechless
  2. Meet Joe Black
  3. Ugly
  4. 40-16 Building
  5. Hollywood Gangsta
  6. Wu For The Children
  7. Wave Gods [Feat. A$AP Rocky]
  8. The Truth
  9. Dedicated

Beatz

All tracks produced by Hit-Boy except track #3 with the additional production by Corbett

Scratch

  • Dj Premier: 7