Intervista a Spika (22/06/2022)

Quando si parla di rapper molto giovani, c’è spesso il rischio di farlo con un pizzico di sufficienza, chiudendo il discorso attorno alla retorica del si farà le ossa. Nel caso di Spika, all’anagrafe Francesco Quartararo, cresciuto nel quartiere Croce Verde di Palermo, abbiamo riscontrato fin da subito un’ambizione chiara: fare musica secondo le proprie regole. Che non è poco, a prescindere dall’età; cliccate sulla cover per fare play e proseguite con l’intervista…

Bra: sei un classe ‘99, ma non ti approcci al microfono come fa spesso – legittimamente – la tua generazione. Barre, anzitutto, in aggiunta a un gusto Soulful che oggi è quasi una rarità; quali sono i dischi che ti hanno formato, quelli che ritieni indispensabili per la tua formazione in ambito Hip-Hop?
Spika: intanto grazie per esserti accorto di questa roba qua… Diciamo che in questi anni ho lavorato per quello: sono sempre stato un fan del Rap fatto bene, i dischi che mi hanno ispirato hanno come elemento portante le rime, la musicalità, il Soul. Sicuramente “DAMN.” di Kendrick Lamar è stato un disco che ho ascoltato per tanto, penso sia il rapper più forte di tutti i tempi, mentre quello che mi ha svoltato completamente è “2014 Forest Hills Drive” di J. Cole, dalle barre al Soul è un attimo. Credo che dai miei lavori, anche quelli precedenti, si senta che sono stato ispirato un sacco da quella roba lì, ho cominciato ad aggiungere elementi nei miei progetti che riportavano a quel tipo di suono e a quel tipo di Rap, dai pezzi solo piano e strings alle parti cantate, fino alle barre crude. Insomma, Kendrick e J. Cole sono stati fondamentali per capire la direzione che volevo dare alla mia musica.

B: ti avvicini al Rap molto presto, durante le scuole medie, e neppure maggiorenne pubblichi i tuoi primi progetti. Quanto è difficile risultare credibili, magari dovendo sgomitare su un palco con chi ha il doppio dei tuoi anni, a quell’età?
S: non è stato facile, diciamo che ho sempre fatto il mio. I miei artisti preferiti in città con il tempo sono diventati amici e da lì ho capito che i più grandi credevano in quello che facevo – e per me il riconoscimento è una cosa super importante. Ho sempre vissuto questa cosa in maniera seria, per me è motivo d’orgoglio avere Big Joe nell’EP, avere Louis Dee che mi sprona a fare sempre meglio – tra l’altro, con Louis abbiamo già in cantiere una roba incredibile… Ricordo la prima volta in cui incontrai Johnny Marsiglia a casa di Joe, mi sentivo un fanboy, ero ancora uno sbarbo e Joe mise su dei beat per farmi rappare delle strofe; ecco, è stato incredibile rappare in faccia al mio rapper preferito! Quindi, per rispondere alla tua domanda, ti dico sì, non è stato facile, ma la musica ha sempre parlato prima di me e sul palco è stata la stessa cosa, non sono mai stato un bravo animatore da palco, la cosa che mi riesce meglio è salire sulle assi e fare musica.

B: l’anno scorso ti sei fatto notare nel format Cantera Machete, raccontaci quell’esperienza e l’impatto che ha avuto sul tuo percorso artistico.
S: Cantera è stata un’esperienza molto figa, ci ha permesso di lavorare con dei professionisti e a volte, da indipendenti, è quello che manca, cioè avere dietro una struttura che sa cosa fare. Sicuramente ha cambiato il mio modo di vedere alcune cose che prima mi sembravano scontate, il team, il gruppo di lavoro, è importante. Insomma, passare una giornata agli studi Sony Music mi ha permesso di osservare come si fa sul serio.

B: veniamo all’EP “Eyes on me”, pubblicato da indipendente a fine maggio. Cinque brani, tredici minuti di durata, nessun featuring, i contributi alle macchine di Big Joe, 2P e Adma; un lavoro breve ma curato, che dobbiamo considerare come una piccola introduzione al tuo mondo o già qualcosa in più?
S: sicuramente è come un nuovo biglietto di presentazione. Un artista è sempre in crescita e non finisce mai di scovare nuove cose, acquisire nuove skill, quindi ti direi che è un level up del mio percorso, di certo non una roba già sentita dai miei vecchi progetti. Cinque brani che esprimono al 100% le mie influenze e il mio nuovo modo di vedere la musica. Adesso abbiamo una grossa responsabilità, quella di portare avanti la nostra visione della musica, con il nostro suono e la nostra attitudine, bisogna abituare il pubblico a nuove sonorità.

B: a dispetto del minutaggio contenuto, il progetto non è affatto privo di sfumature. C’è molta introspezione, non necessariamente quella pedante e maledettista di molti tuoi coetanei, c’è Palermo, c’è un po’ di autocelebrazione, ci sono momenti più e meno cupi, ci sono episodi nei quali al Rap si accompagna anche un uso più modulato della voce; è chiaro che prendi la musica con grande serietà, raccontaci perciò più in dettaglio quello che è il tuo processo creativo, come nasce un tuo brano e da quali prospettive sono nati quelli dell’EP.
S: solitamente, quando entro in studio cerco sempre di creare qualcosa di nuovo, l’ispirazione è puttana e non sempre è facile trovarla, per quello cerco di ascoltare tanta musica, librerie di Soul, Jazz, Gospel… Insomma, tutto quel mondo black. Spesso succede così, che da un ascolto può nascere un’idea, un concept. Diciamo che per la lavorazione dell’EP non mi sono prefissato nulla, ho semplicemente fatto quello che mi piaceva, è stato facile trovare la quadra giusta di come doveva suonare l’intero progetto, meno facile è stato tutto il processo creativo. La scrittura non è mai immediata, a volte devi cercarla, devi trovare la giusta scintilla che ti porti a tirare fuori le robe; con l’EP è stato così, ho impiegato un anno per far sì che tutti i pezzi avessero una loro identità, una loro storia.

B: l’uscita è stata anticipata dalla titletrack, un singolo che si snoda attraverso un flusso di coscienza nel quale parli anche di un <<tempo chе passa, ma non passa mai>>. Abbinando il concetto alla musica, avverti lo scorrere del tempo, l’urgenza di dover raccogliere i frutti di quanto hai seminato, o ritieni di dover fare le cose con la necessaria calma, concedendoti la possibilità di diventare – concedimi il termine – adulto?
S: J-Ax diceva con le buone si ottiene tutto. Ecco, a volte la calma è la migliore soluzione. In realtà, non ho l’ansia del tempo che scorre o di dovermi realizzare. Sicuramente non sottovaluto il tempo che passa, però non è neanche una roba che mi pressa o mi mette fretta. Come mi è capitato di dire in altre interviste, la musica ha bisogno di tempo.

B: produci due dei cinque brani, peraltro con ottimi risultati. Ti avvicini al beatmaking in parallelo al Rap? E che strumentazione usi, principalmente?
S: fin da piccolino, ho sempre avuto la passione di creare musica. Mi ricordo che le prime robe le facevo su GarageBand, un vecchio programma del Mac. Da un paio d’anni a questa parte, invece, ho scoperto il mondo dei sample, che mi affascina un sacco: oramai sento campioni ovunque, i miei ascolti, anche in radio, fanno subito riferimento a una roba che potrei campionare. Infatti i miei amici lo sanno e sono sempre pronti a shazammare per me… Non mi ritengo però un vero e proprio beatmaker, ma un cultore di questa roba qui, mi piace sperimentare in studio, mi piace ricercare tra librerie di musica improbabili, in questo periodo tra i miei ascolti ci sono sicuramente il Soul e il Jazz giapponese, roba pregna di campioni. A volte cerco di farlo da vinile, come si faceva una volta, altre invece mi basta YouTube per andare alla ricerca del suono che voglio. Sicuramente Big Joe mi ha ispirato un sacco nella produzione, ho cercato di avvicinarmi il più possibile al suo suono, super riconoscibile, l’uso dei synth e delle bass line perfette è una cosa che mi gasa quando produco.

B: dicevamo che “Eyes on me” è fuori da un paio di settimane. Com’è stato accolto e cosa è successo, nella tua vita, in questo piccolo ma importante intervallo?
S: per “Eyes on me” sto ricevendo un sacco di feedback positivi, sia dai ragazzi che dagli addetti ai lavori. Sono contento di come sia stato recepito il progetto, anche perché non è mai scontato che la gente capisca il tuo viaggio. Ed è un progetto che va in una direzione diversa dalla solita musica. Dall’uscita in poi, stiamo cercando di fissare più date possibili per quest’estate, voglio portare sui palchi l’EP, che poi è quella la roba importante per una persona che fa musica, andare in giro a suonare, vivere i palchi e tutta quella situazione lì. Insomma, non per essere scontato, ma il progetto sta andando bene, sono super soddisfatto.

B: e quindi quali impegni hai già in programma, tra live, featuring e nuove uscite?
S: come dicevo, i live saranno – appunto – l’obiettivo di “Eyes on me” e progetti futuri. Sono già in studio a lavorare a nuova musica e non vedo l’ora di portarla in giro. Stiamo cercando di fare della roba un po’ più da club, mantenendo sempre la stessa attitude, lo stesso suono. Non voglio svelare nulla sui featuring, ma posso solo dire che ci sarà una versione remix di un pezzo dell’EP con una seconda strofa incredibile.

B: citi Big Joe, Johnny Marsiglia e Louis Dee come dei modelli. In generale, secondo te qual è lo stato di salute della scena palermitana?
S: i ragazzi sono stati da sempre un’ispirazione per la mia musica, con Louis abbiamo fatto un pezzo tempo fa uscito su SoundCloud, un brano di cui sono molto fiero. Cerco sempre di dare il massimo quando facciamo le robe insieme, sia con Joe che con Louis. Con Johnny Marsiglia, invece, non abbiamo ancora collaborato, ma spero di farlo un giorno – one love bro’! La scena in città è super viva, ci sono un sacco di ragazzi meritevoli, un sacco di buona musica, sono da sempre convinto che Palermo abbia tanto da dare alla musica e tanto da dimostrare, stiamo lavorando sodo per quello.

B: ringraziandoti per l’intervista, cosa vorresti aggiungere a ciò che ti abbiamo chiesto?
S: ringrazio voi per le domande interessanti. Una roba che voglio aggiungere è: aspettatevi tanta bella musica, sia da me che dai ragazzi che hanno la mia stessa visione del Rap!