Intervista a Musteeno e Kiave (21/07/2022)

Street Arts Academy è una realtà nota all’utenza Hip-Hop, attiva da diversi anni nell’ambito formativo e attenta a tutte le discipline, ben identificate nel logo scudato dell’associazione. Per la prima volta, complice una pandemia che ha limitato a tutti le occasioni d’incontro, il frutto delle docenze di Musteeno e Kiave è un disco, “B.I.B.L.E.”, lavoro collettivo con otto voci al microfono – Alessandro Dusted, Tya Kid, Elle, Sconer, Tommynid, Voodoo Vee, Crawler e Hell Motz – e il solo Sick Budd alle macchine, del quale, oltre alla partecipazione in due brani, hanno curato la direzione artistica. Un lavoro che, da parte nostra, richiedeva un piccolo approfondimento, perciò cliccate anzitutto sulla cover di seguito, fate play e proseguite nella lettura…

Bra: cominciamo dalla domanda più ovvia, ovvero come nasce “B.I.B.L.E.”?
Kiave e Musteeno: il progetto è nato da una nostra chiacchierata al telefono, in piena pandemia. C’era la frustrazione di non beccare i ragazzi, di non poter fare i labs, di dover bloccare tutti i percorsi già avviati. Allora ci siamo detti: prendiamo quelli più volenterosi e che hanno usato davvero i laboratori come primo input per qualcosa di più grande e riuniamoli, facciamogli fare un disco. Perché è tempo per Street Arts Academy di avere un prodotto ufficiale che sia rappresentativo di quello che facciamo nell’mcing. Così è stato e abbiamo iniziato a beccarci ogni giovedì sera alle 21.00 su Zoom, barbe lunghe, occhiaie, scleri, stanze disordinate e i beat di Sick Budd… Il concept è invece colpa di Kiave, erano giorni che riascoltava l’album di GZA che si conclude proprio con la traccia “B.I.B.L.E.”, uno dei suoi pezzi preferiti di sempre, e ha pensato: quanto cazzo è attuale? Musteeno poi si è occupato dell’aspetto motivazionale dei partecipanti, incontrando anche momenti di attrito che in alcuni casi hanno giovato, in altri destrutturato, ma che hanno sicuramente dato una direzione al tutto. Sicuri della potenza delle penne tirate in ballo, abbiamo scelto tutti assieme di fare brani mirati, che raccontassero una vera e propria storia. Le strofe sono diventate pezzi, i pezzi delle canzoni e, appena finito il lockdown, ci siamo beccati tutti in studio da Kiave al Macro Beats Studio e abbiamo iniziato a registrare e limare bene le tracce.

B: Street Arts Academy è un’associazione che propone attività di carattere formativo, facendo direttamente riferimento alle discipline. Secondo voi, nonostante l’Hip-Hop sia notevolmente sovraesposto rispetto al passato, o magari a maggior ragione per questo motivo, c’è ancora bisogno di spiegarlo correttamente alle leve più giovani, di liberarlo da tutti i cliché e le storture che ne rendono meno efficace la portata?
M: a dire il vero, io la sento come un’emergenza. Altrimenti è come dare in mano una Lamborghini a un pischello e dirgli che sta guidando un triciclo: ‘sta roba non solo ti salva la vita, ma ti accompagna, influenza la realtà che ti circonda, la decostruisce e la ricostruisce. Educa a stare nel mondo. Perciò non vedo perché farne un modo per esaltare il proprio ego, speculare e instupidire le masse. Preferisco considerarlo un modo per autodeterminarsi, fare denaro in maniera consapevole e dare coscienza alle persone.
K: sinceramente penso non sia così esposto come si pensa, o meglio non la parte che interessa e che ci ha cresciuti. Non c’è bisogno di spiegarlo ma di chiarire i dubbi su quello che è un movimento culturale che, oramai senza ombra di dubbio, ha influenzato in maniera netta e irreversibile gran parte della cultura attuale, Pop e non solo. La magia con cui ogni ascoltatore viene rapito dalla storia e dalla sua evoluzione, o dal semplice fatto che il tutto sia nato a budget zero, mi fa capire ogni volta che parlarne non può far altro che fornire degli ottimi spunti di riflessione sulla vita in generale, sulla strada e sull’arte.

B: più nello specifico, quali sono i temi dei laboratori dell’Academy e qual è il livello minimo di conoscenza della materia, affinché sia possibile e sensato partecipare?
M: i temi spaziano dalla consapevolezza sull’ascolto allo sviluppo delle capacità imprenditoriali. Pertanto non esiste un livello minimo: noi siamo in grado di portare un randagio a essere un cane di razza. Dipende tutto dalla sua voglia, determinazione, interesse, curiosità. L’ho visto succedere innumerevoli volte a tutti i livelli, dal semplice appassionato a chi ha un ruolo più o meno rilevante: quando uno entra in contatto con la nostra realtà, se ne va che sta meglio di come è arrivato.
K: per quanto mi riguarda, dipende dai laboratori. I miei vanno da quelli con bambini molto piccoli, a detenuti o situazioni complesse come alcuni C.A.G. (centro di aggregazione giovanile, ndBra). Non ci sono requisiti richiesti, si può partire da zero, ma la voglia di fare penso sia necessaria in qualsiasi tipo di attività o strada si intraprenda: senza quella, mancano i fondamentali, non tecnici, ma di desiderio di arricchimento personale.

B: l’attività dell’associazione sta proseguendo secondo le modalità che già avete raccontato? E in che modo “B.I.B.L.E.” potrebbe segnare un punto di svolta per il progetto nel suo insieme?
M: per ora siamo in fase di profonda riorganizzazione. Non possiamo più contare sulle stesse energie e intenzioni che ci hanno mosso nel 2014, perciò non so al momento cosa potrebbe succedere e come potremmo evolverci. A inizio anno avevo contemplato anche la possibilità di chiudere baracca e burattini, ipotesi che a oggi mi sembra meno probabile ma non impossibile. Sicuramente la collaborazione con persone, enti e professionisti che vorranno lavorare assieme a noi sarà determinante. Lo scarto lo farà la consapevolezza di operare all’interno di una realtà associativa, dove la gestione economica è uno degli aspetti ma non il solo.
K: noi speriamo che sia l’inizio di una serie di prodotti che racchiudano dentro l’idea fondamentale dei laboratori e dello spirito che ci accomuna e guida, la condivisione e l’opportunità di crescita che solo certi tipi di esperimenti riescono a offrire.

B: veniamo al disco, appunto. Rappresenta oggettivamente una novità, per la scena; non perché sia il primo realizzato a seguito di un’esperienza formativa, ma per la qualità media delle prestazioni, che non sono da entry level. Quale sarà lo sviluppo naturale di un’esperienza che – ci auguriamo – proseguirà?
M: abbiamo puntato su un effetto a lungo termine. Questo non è il disco divora e archivia; va apprezzato nell’intento, nel concept, va ascoltato, sebbene sprigioni densità sin dal primo ascolto. E’ il nostro biglietto da visita più immediato per spiegare ciò che facciamo; è una carta d’identità per le persone che vi hanno partecipato; è un nuovo modo di concepire e finalizzare il nostro lavoro come associazione. Ha un’importanza che travalica il supporto, perciò è difficile anche darne una visione in prospettiva. Può essere tutto e niente. Sicuramente è un punto fermo del quale vado molto fiero. Se non altro per quello che abbiamo dimostrato tutti (dagli esecutivi, agli artisti, allo staff) nel saper superare le difficoltà incontrate per dare alla luce un prodotto così complesso in un contesto come quello del lavoro sociale.

B: i nomi coinvolti sono otto, con conseguenti differenze stilistiche tra una voce e l’altra. L’insieme non può che essere vario, dall’impostazione molto classica per l’interazione della crew, ma con sfumature che consideriamo una sorta di sintesi tra tradizione e modernità – e in ciò tocca segnalare l’abilità di Sick Budd, autore di tutte le strumentali. In che modo avete scelto strofe e abbinamenti, considerato anche che parte del lavoro si è svolto in pieno lockdown?
M: gli abbinamenti sono stati scelti sull’onda del feeling musicale. Abbiamo proposto agli mc’s una serie di beat sui quali hanno scelto spontaneamente di cimentarsi e i gruppi di lavoro li hanno creati loro stessi in base alla loro ispirazione. Sulle strofe abbiamo solo dato il concept generico del viaggio spaziale/fuga dal pianeta Terra, ma ciò che è venuto fuori dai singoli brani è tutta farina del loro sacco. Alcune volte siamo entrati anche un po’ a gamba tesa (soprattutto io, colpevole!), per cercare di stimolare i partecipanti a dare il meglio di loro: se pensavo che una strofa non rendesse il potenziale dell’mc interessato, domandavo di spremere di più la penna. Sul contenuto non abbiamo messo granché bocca: ci sono cose che personalmente non avrei dato in pasto all’audience ma è giusto così, non è il mio disco.
K: esatto. Gli abbinamenti, le strofe, sono stati parte di un processo molto naturale, spontaneo; e devo ammettere che molto lo hanno fatto i ragazzi. Io e Musteeno facevamo giusto un check periodico dell’aderenza dei contenuti al concept scelto.

B: coerente la scelta di non inserire brani solisti, sebbene diamo per scontato che ciascuno intenda proseguire anche lungo una direzione propria, svincolata dal gruppo. Ci sono già delle novità, delle idee, delle ambizioni, in questo senso?
M: ogni partecipante sta sviluppando un proprio percorso in autonomia, così come prima di quest’esperienza. Mi piace pensare che l’occasione sia un punto di partenza per stimolare le energie di tutti a intraprendere nuovi viaggi spaziali, ma come dicevo prima sta all’intraprendenza di ognuno mettersi in gioco. Noi come associazione ci siamo.
K: tutti lavorano singolarmente, hanno già dei progetti e una carriera avviata, ognuno con le sue idee e il suo sound. Quindi presto sentirete parlare di ognuno di loro.

B: a questo proposito, l’unico rapper che avevamo già ascoltato in un suo disco è Dusted. Recensendo l’omonimo “Alessandro Dusted”, non potevamo che indicarne la buona riuscita: trascorso un anno e mezzo, con l’ulteriore esperienza derivante da “B.I.B.L.E.”, quanto ancora devi svelarci del tuo potenziale?
Alessandro Dusted: anzitutto vi ringrazio per l’analisi del mio ultimo lavoro, mi fa tutt’ora molto piacere. Nel prossimo futuro rimarrò a disposizione per i passi successivi di “B.I.B.L.E.”, mentre sul lungo termine mi piacerebbe far fare al mio vecchio progetto i giri che avrebbe già dovuto fare e che per limiti, sia della vecchia situazione sia miei personali, non ha fatto. Oltre a ciò, anche se non c’è nulla di nitido, io tendo istintivamente a fare nel modo più disinteressato possibile, per poi raggruppare quei risultati che paiono parte di risultati più grossi e, nel merito, qualche figura sto iniziando a metterla a fuoco…

B: la dimensione live è entrata in un laboratorio che tratta principalmente di scrittura e improvvisazione? E “B.I.B.L.E.” avrà una sua trasposizione sui palchi?
M: potremmo dire senza ombra di dubbio che la dimensione del live è sempre stata una cifra distintiva dei laboratori, è una cosa imprescindibile anche per nostra forma mentale. Non esiste musica senza condivisione, non esiste mc senza pubblico, non esiste vita senza dal vivo. Il progetto è complesso da portare su un palco, dato il numero e l’indole variegata degli mc’s, ma ci sono già state occasioni per portare una versione modulare di un’esibizione live, con una parte degli artisti partecipanti che si sono riuniti e hanno portato la loro musica sul palco assieme.

B: il coinvolgimento di GattoPirata Dischi, che distribuisce “B.I.B.L.E.”, è sopraggiunto in chiusura delle tracce o ha accompagnato i lavori fin da principio?
M: uno dei fondatori di GattoPirata, Grime Vice, è associato Street Arts Academy dal 2015, quindi è stata davvero una conseguenza naturale dello svilupparsi degli eventi.

B: detto di Street Arts Academy, per voi due cosa bolle in pentola?
M: ci rivediamo dopo l’estate con una bomba al napalm. Ho già spoilerato troppo…
K: io sto studiando il mondo musicale e non post pandemia, per ora sto in disparte, meditando su ciò che voglio fare ascoltare e ciò che ritengo sia meglio rimanga nel mio hard disk. Spero che la gente che mi segue abbia un po’ di pazienza (autocit.).

B: infine, ringraziandovi tutti per il tempo a disposizione, lasciamo appunto la parola ai partecipanti al progetto, per sapere che tipo di esperienza è stata per loro…
Sconer: questo progetto è l’esatta incarnazione del periodo di quarantena vissuto da noi tutti, racchiude ogni mio singolo sbalzo d’umore, dai momenti più felici e spensierati come “Black hole” agli episodi più intimi e personali come “Acqua su marte”. E’ stato fortemente voluto, nonostante le innumerevoli vicissitudini che hanno complicato il tutto; sono felice e onorato di aver preso parte a questo progetto, oltre che ad aver potuto collaborare con artisti giovani molto validi e con due veterani come Kiave e Musteeno, per i quali nutro solo stima e ammirazione.
AD: sono in rapporti con la Street Arts Academy da parecchi anni oramai, quindi, dal canto mio, la partecipazione a questo progetto è stata intesa sia con una certa responsabilità, sia, soprattutto, come un gran piacere (due cose che in questo caso non si escludono). Sono parallelamente contento delle conoscenze fatte durante il periodo di lavoro, vista la rilevanza del confronto con approcci alla disciplina più o meno lontani dai propri, e anche del lavoro in sé, al quale ho preso parte in quattro episodi.
Voodoo Vee: sono entrata a far parte del progetto in un momento personale abbastanza complicato, in cui faticavo a trovare ispirazione per scrivere. Conosco Andrea e Mirko da molti anni, oltre a essere stata parte dell’associazione come socia e parte attiva in alcuni laboratori, ho iniziato a rappare proprio in alcuni labs fatti da loro. E’ stato questo, per me, un grande esperimento – essendo abituata ad altre sonorità – e un modo per riuscire a sbloccare di nuovo la scrittura: proprio come all’inizio del mio percorso. Relazionarsi a mc’s di generazioni e gusti diversi non è mai stato un problema, mi adatto facilmente e mi piace sperimentare. Penso sia un bel modo, questo, di fare musica, un plus: mi ha fatto sicuramente capire cosa cerco nel mio personale percorso artistico. Ringrazio Kiave e Musteeno per questo, per l’opportunità e l’amore che ci mettono sempre.