Intervista a FFiume, Zbuk e Clas K. (Underlifers Group) (16/06/2023)

“1993”. Stando al titolo, verrebbe naturale pensare a un nostalgico back in the days, un ritorno al passato con tanto di paternale sui bei tempi andati, condire con retorica e citazionismo spinto, impiattare – è pronto in tavola! Invece no. In primis perché, lo sapete già, FFiume e StrettoBlaster hanno una visione un attimino meno didascalica della faccenda; poi perché Valerio (Zbuk) Toccaceli, ideatore e A&R del progetto, ha pensato in grande fin da principio, conducendo appunto FF in un esperimento ardito: un rapper venuto su – artisticamente parlando – proprio in quegli anni, su sonorità che forse non avrebbe scelto tra le prime, con delle liriche che possano dire qualcosa a un pubblico non per forza di espertoni del Rap. Underlifers Group è questo, con gli ulteriori contributi di Clas K. e Cay De La Rica; noi stiamo ascoltando il tutto da circa un mesetto e – riflesso pavloviano – ne abbiamo approfittato per recuperare un po’ di cose finite in fondo a pile di vecchi CD; magari l’intento era (anche) questo e perciò ne chiederemo conferma ai diretti interessati, sempre molto disponibili – come potrete verificare dalla chiacchierata qui di seguito. Intanto, per cominciare, avviate il player e buona lettura…

Bra: facciamo una premessa. “1993” – cito dal comunicato stampa – celebra la zona grigia tra Hip-Hop e R’n’B, quella che flirta con il mainstream, strizzando l’occhio all’underground. E tuttavia, ascoltando anche le belle strumentali selezionate, è chiaro che questa distinzione oggi così marcata, all’epoca avesse contorni molto più sfumati; consapevoli che lo spirito dell’operazione non si sostanzi in un ridondante era meglio prima, il vostro è comunque un obiettivo ambizioso: dimostrare che una via c’è, per realizzare qualcosa di fruibile – pur sempre alla maniera di StrettoBlaster e con lo zainetto pieno di allitterazioni – senza dover ricorrere ai peggiori cliché del genere. Il proposito era questo?
Zbuk: premetto che all’inizio il tape era un mio sogno, quasi uno sfizio. Avere un rapper italiano che mi piacesse, che rappasse su un sound che amo, parlando di cose che ho in parte vissuto e che ho sempre ascoltato sulla roba americana. Quando ne ho parlato con FF, ci siamo subito trovati d’accordo che il prodotto dovesse essere una cosa fresca, fruibile per tutti, dall’amico mio medio che ascolta Rap senza esserne un cultore, alla fan base di FFiume. Il punto era arrivare con un progetto un po’ diverso dal solito per Fra, un progetto appunto fresco, ma col suo stile. E, soprattutto, che piacesse alle pischelle!
FFiume: sì. A noi interessava fare insieme della musica fruibile, gradevole. Della musica Rap, in particolare, di qualità, che trascendesse i confini del Rap odierno (che non ci piace, nove su dieci) e raccontasse, senza spiegare, asciugare, rinsecchire la balla, delle storie, un mood. Cose semplici, senza essere banali.

B: altro copia e incolla. La chiave di tutto è un Rap che parla a chi di Rap non gliene frega niente e sa sciorinare un bagaglio di esperienze di vita, con naturalezza, con uno stile proprio, non comune né banale; compito cui è chiamato appunto FF, esponente di una scena dai precisi tratti identitari – non diremo intransigente, ma comunque legata alla tradizione. Rispetto al concept elaborato da Zbuk, come si è svolto lo sviluppo delle liriche (accomunate da un immaginario che farà subito breccia in una certa cerchia di appassionati) e chi, utilizzando un parolone, è dovuto scendere maggiormente a compromessi tra i due per adattarsi alle idee dell’altro?
FF: Valè, prima di rispondere fammi dire una cosa. Il mio tratto identitario è quello di un fan della musica bella, fatta coi crismi, e sono sicuramente intransigente su questa, se non è fatta ad arte, puoi dirlo! Nello specifico, per il progetto non sono sceso a nessun compromesso, anzi… Mi sono liberato di ogni freno, ho messo la mia penna al servizio di una coreografia che Zbuk aveva pensato per me, una sceneggiatura abbinata a ogni beat e, seguendo il suo input, ho composto liberamente, uscendo dalla mia zona di confort, seguendo il feeling.
Z: come accennavo prima, e come hai riportato, c’è un mix di esperienze personali che qualsiasi persona, almeno fino a una certa fascia d’età, ha probabilmente vissuto. Dalla roba più sentimentale/relazionale, alla vita più street, intesa anche solo come il semplice uscire e stare in strada. Da quella che può essere una serata normale che degenera, alle esperienze più borderline, sicuramente influenzate dai nostri ascolti, film, serie TV. Ovviamente, venendo uno da Roma e l’altro da R.C. prima, da Roma e tante altre città e metropoli poi, anche se siamo persone normali, qualcosina l’abbiamo visto e sentito. Da questo, ci si costruisce facilmente un intero immaginario. Per quanto riguarda lavorazione, testi e compromessi, di base direi che io ho dato la direzione artistica, un canovaccio di canzone in canzone, una linea tratteggiata che Fra poi ricalcava, completava e migliorava col Rap. I compromessi sono stati a vicenda, ma abbastanza spontanei direi, di certo io non potevo pretendere un jukebox automatico e Fra doveva fidarsi. E’ andato tutto liscio, ci siamo dati delle alternative e abbiamo ponderato insieme quale fosse il risultato migliore. L’unico stallo l’abbiamo avuto forse con “Cicli”, che io vedevo in maniera un po’ più fumosa e drama, dopo aver scartato tanta roba e idee l’abbiamo resa in maniera totalmente opposta, anche se secondo me se senti il testo, nonostante il Funk, c’è dentro qualcosa di leggermente amaro.;

B: microfono Shure SM-58, strumentali in vinile, registrazione in presa diretta, edizione in formato tape (oltre al digitale). “1993” non è solo uno stato mentale, un mood, è anche ricerca e riproduzione di un suono che – concedetemi l’ossimoro – possa risultare fresco nel suo essere caldo; l’aspetto non è secondario, ma ai più potrebbero sfuggirne le implicazioni: quanto conta, in un progetto di questo tipo, la resa qualitativa della musica proposta?
FF: è centrale. Ed è per questo che non ci illudiamo di fare il release party alle Bahamas, come invece Zbuk e il progetto meriterebbero. “1993”, come noti, è un insieme di cose che risalta alle orecchie di chi sa capirle. La difficoltà sicuramente consiste nel far arrivare questa qualità a chi non sa cosa voglia dire, la qualità, perché non l’ha mai vista succedere, ma se nessuno prova a diversificare e proporre altro rispetto alla solita minestra…sai com’è…
Clas K.: la resa qualitativa è fondamentale, perché contribuisce a definire lo stile del lavoro. La ruffness che un ascoltatore ritrova in questo tape ovviamente non è accidentale, è ricercata, anzi…con gli strumenti di oggi, probabilmente ci mettevamo di meno a fare una roba pettinata. Tutto serve a creare un sound e un’attitude inequivocabili, che ci piacciono, quindi avere certi accorgimenti tecnici e stilistici è stato naturale per veicolare quell’atmosfera da cassetta – e non poteva essere altrimenti. Però, attenzione, il richiamo alla golden age non è un effetto vintage in tutto, sarebbe stato stucchevole: le rime e l’attitudine sono assolutamente 2023.

B: stando sul tema, vi propongo un gioco… Dal raffinato Jazz Rap di “Operazione Jaguar” alla cassa dritta (o quasi) di “Superslick”, in “1993” si percepisce chiaramente un groove, una pasta, che all’Hip-Hop oggi spesso manca. E allora quando, nel 2053, Valerio chiamerà Francesco per rappare in “2023”, da quali dischi andrete a pescare le strumentali?
FF: dubito che nel 2053 ci penseremo – ma l’A&R saprà trovare la quadra…
Z: devi considerare che, oltre quanto detto all’inizio, l’idea era di stravolgere la discografia di FF, portarlo su robe nuove a cui non aveva mai pensato, che non facessero parte dei suoi ascolti medi ma che, secondo me, potessero piacergli, poi per una serie di motivi siamo andati in direzione più Hip-Hop/R’n’B 90’s, early 00’s. Le strumentali di “2023”, così su due piedi, sarebbero roba di Yung Los, il producer dietro il Wavy/Coke Sound, Dame Grease sempre di quel periodo lì, roba dei producers di Bryson Tiller per non andare banalmente su Drake, anche roba di Curren$y passando per producer come Dre Moon, Swift D, persone che hanno prodotto un certo tipo di roba per Q, Future, anche un Mustard nella versione più R’n’B/Trap-Soul, per far impazzire definitivamente FF! Non escluderei poi il Soul ultra barocco della J.U.S.T.I.C.E. League. Insomma, di roba di quel mood da prendere ce n’è, poi c’è sempre tanto Hip-Hop/R’n’B che non abbiamo toccato ma che avevo selezionato, che può stare tranquillamente vicino alla roba più attuale, che è appunto secondo me la cosa bella di “1993” a livello di sound e idea. Comunque, se dovesse essere un giorno, la lista c’è…

B: ascoltando il primo estratto, “Rap vs Rep (ridiamo di te)”, mi è subito saltata all’orecchio una barra, quella che fa <<populisti tristi, quale GxFR?/Family man, man, questo è Daddy Rap>>. La prendo larghissima: forse non tutti sanno che FFiume sia stato tra i primissimi in Italia a puntare i riflettori su Griselda, interessandosi a un fenomeno che nel suo piccolo ha già attraversato diverse fasi evolutive; come per “1993”, con lo sguardo rivolto al passato e tuttavia senza esaurire il tutto nella mera nostalgia. Le similitudini terminano ovviamente qui, vorremmo però sapere se, alla luce del tanto materiale via via pubblicato, secondo te la creatura di Westside Gunn sia riuscita o meno a fare da ideale ponte tra l’Hip-Hop di 25/30 anni fa e quello di oggi.
FF: premesso che non seguo più WSG e le sue uscite da “Chris Benoit/Supreme Blientele”, che ho compilato il loro best of nel 2015 e non penso sia uscito nulla di meglio dal loro camp da allora a oggi, non credo che GxFR sia mai stata ponte, ma cassa di risonanza e prosecuzione di una tradizione street Rap 90’s, con una forte componente di marketing che poi è quella che ha preso il sopravvento sul resto e sulle menti deboli che la copiano, in tutto il mondo. Se vuoi un ponte, per me quello è Roc Marciano, non Griselda. Ma lui gioca un altro campionato, come Ka.

B: “Ayukawa (sette cieli)”. L’amore, la voce femminile nel ritornello, il beat ricco di Soul; mi avete fatto provare nostalgia per una roba che, francamente, non ho mai apprezzato più del necessario – e spendo un eufemismo. Forse il segreto della musica fatta come si deve, ovvero bene, è tutto qui: offrire nuove prospettive, frantumare certezze, illuminare zone in ombra. Uscite come “1993” – non che ce ne siano molte… – spingono a togliere un po’ di polvere da cose che magari non ascoltavamo da un po’; voi, nel realizzarlo, cosa avete riscoperto o rivisto sotto una luce diversa?
Z: prima di tutto, un ringraziamento e un saluto a Erica per la voce. Fa molto piacere sentire questa cosa. Io in questa roba ci sguazzo da sempre; nel senso, anche nella roba più hardcore e nel minimalismo, ricerco e apprezzo i suoni più Soul o Jazz. Ho sempre apprezzato tutto il mondo Bad Boy, quindi negli anni, da ascoltatore, avvicinarmi a questa roba è stato naturale. Tutto questo mondo è sempre stato ricco di remix vari, tra cantanti R’n’B e rapper, e ho sempre pensato che fosse assurdo che in Italia la gente non rappasse su questo sound. Se vai a vedere, la ricerca e realizzazione dei producer di beat cosiddetti golden age va sempre in un’unica direzione, bellissima ma alla lunga ripetitiva e cosplay, anche per il più appassionato. Trovo che certe produzioni tra Hip-Hop e R’n’B abbiano dei mood e delle atmosfere grazie alle quali puoi giocare con tanti tipi di immaginario e quindi di liriche, dal pezzo sulle tipe a storytelling scuri e ghettusi.
FF: …che poi è quello che abbiamo fatto naturalmente su “1993”. Va detto, comunque, che nei novanta io e tanti miei amici abbiamo rappato sull’R’n’B senza problemi, in live, freestyle, eccetera… Il punto per me è il groove, ho visto e usato il groove sotto una luce diversa e me lo sono vissuto con una maggiore consapevolezza artistica e musicale, cercando di rispettarlo e farlo mio al meglio. Qui ho rappato su alcuni pezzi di cuore degli anni della mia formazione e su altre cose che, invece, avevo colpevolmente saltato.

B: “1993” è una sorta di mixtape, termine desueto o comunque spogliato del suo significato letterale nell’odierno lessico Hip-Hop. Da ascoltatori e magari collezionisti, quali sono i nastri mischiati cui vi sentite più legati?
FF: a dirla bene, “1993” è più uno street album che un mixtape, nel senso classico e stretto del termine. I mixtape di cui dici tu, originariamente contenevano selezioni missate di hit già edite di diversi artisti e gruppi, in versione originale, novità calde che i deejay suonavano più o meno in anteprima, per boombox e Jeep. Oppure erano registrazioni in presa diretta fatte dai deejay durante le serate. Nel tempo, i tape si sono via via arricchiti di inediti, fino a trasformarsi e diventare street album di un solo artista su CD, puro veicolo uncut di roba fuori dal controllo delle label, di artisti più o meno underground, su basi edite da altri – come abbiamo fatto noi. Ora, tornando ai veri e propri nastri, di cui sono un grosso consumatore ancora oggi, sono legatissimo ai “Crooklyn Cuts” di Dj Premier, su tutto, poi al “5 Deadly Venoms Of Brooklyn” di Tony Touch, il “#50” e il “#55” sempre di Tony Toca e i tape di Dj Evil Dee. In Italia, penso alle robe firmate Mixmen, ai tape di Dj Pio, ai blend di Dj Marcio e Dj Mbatò, oltre che a qualche mia produzione…
Z: sì, sono d’accordo con quello che dice Fra. Ti metto comunque un po’ tutto il calderone della roba che consideriamo mixtape, in ordine sparso: “Off The Hook” di Ron G, che forse per una serie di cose – per lo meno nella mia testa – è quello che sento più vicino a “1993”, e tanta altra roba sua, i due “Summertime” di Dj Clue, Evil Dee presente anche per me e, uscendo un attimo da New York, “Underground Vol. 1” dei Three 6 Mafia. Poi c’è tutto il mondo degli early/metà 2000, quindi non possono mancare i primi due volumi di “Diplomats”, ma in generale la roba del sottobosco Dipset, Max B e Jim Jones sono miei grandi feticci personali, quindi “Members Of Byrdgang 1” e tutti i tape storici di Max B, soprattutto con “Frenchie”, “50 Is The Future” e “Dedication 2”. Legatissimo anche a “Clarified Butter” di Meyhem Lauren e J-Love, che all’epoca consumai come poche cose. Della roba più recente, direi “Live. Love. ASAP” e “If You’re Reading This It’s Too Late”, che sono stati veramente dei game changer, ma lì parliamo quasi di album veri e propri.

B: non abbiamo ancora detto niente degli altri due componenti del team, Clas K. e Cay De La Rica. Come si è formato il quartetto e quanto il contributo dell’uno ha influito su quello degli altri?
CK: so del tape da un bel po’, credo più di un anno, e sapevo della volontà di FF e Zbuk di volermi coinvolgere a livello sia di djing che di engineer. Mi ci sono messo senza esitazione, avendo un’idea abbastanza precisa di come comportarmi una volta che avrei iniziato a metterci le mani. Le linee guida si potevano intravedere già dalla scelta dei beat, quindi sono andato abbastanza spedito. E’ roba da mixtape, chi è dj ce l’ha o dovrebbe averla già dentro di sé, è un’attitudine, anche se oggi come oggi nel nostro Paese oltre ad aver oramai assunto una connotazione molto fumosa, soprattutto tra le nuove generazioni, non si fa quasi più e, se si fa, non la si fa con questi presupposti e con questi fini. Forse è anche per questo che mi sono e ci siamo mossi così.
Z: se parliamo di Underlifers, per me parliamo di FFiume e Clas K. su tutti, quindi già di “Underlife”, piccolo culto passato sottotraccia di cui voi avete anche scritto. Comunque, è capitato che – essendo due amici e artisti che stimo – mi abbiano messo in mezzo ai loro lavori, per giudizi, feedback, capire e ragionare su alcune cose, ma come faresti con un amico. Per “1993”, con FF abbiamo parlato dando per scontato che in mezzo ci fosse pure lui. Cay, poi, era gancio di FF, completa le rime e il sound attraverso la grafica, che secondo me deve aiutare da subito a immergere l’ascoltatore nel prodotto.

B: la domanda conclusiva non può che essere la seguente. Underlifers Group è una realtà a sé, legata in via esclusiva a “1993”, o avrà un potenziale seguito, un po’ come un collettivo aperto che varia formula e interpreti a seconda delle esigenze?
CK: è nato in occasione del tape, senza fare grossi calcoli ci siamo trovati, avevamo più o meno tutti dei trascorsi sia a livello musicale sia personale. Non so se la formula potrà o meno cambiare, ma che abbia un futuro, credo proprio di sì.
Z: come ti dicevo prima, “Underlife” per me era già Underlifers, almeno in FFiume e Clas. Quando Francesco e Andrea vogliono fare musica insieme, il progetto arriva, senza vincoli e costrizioni di nessuno. Se c’è bisogno, io sono pronto nel mio piccolo a dire la mia per un beat, per una direzione di sound, un parere richiesto per una barra o semplicemente pronto a spingere qualcosa che mi piace, cercando di farlo arrivare a qualcuno in più fuori dal loro circuito. E poi, sempre Cay che sarà lì a dare il tocco finale graficamente, finché gli piace che si tiri fuori.
FF: chissà, non posso dire nulla al momento, ma…

B: come una volta, microfoni aperti. Quello che non vi ho domandato, quello che volete dire, quello che la gente deve sapere. A voi – e grazie!
Z: come mai il bisogno di fare un mixtape nel senso classico del termine? Ed è una domanda che ha due risposte. La prima è che c’è tanta musica ancora da scoprire, riscoprire e nobilitare. Può aiutare e ispirare i produttori e permette invece ai rapper di sperimentare qualcosa di diverso. E’ anche un modo per far scoprire e raccontare meglio ai fan i propri gusti. La seconda è perché la mixtape era è stata qualcosa di importantissimo negli U.S.A., al di là del biz, parlo anche solo artisticamente. Non so oggi in che modo, ma può e deve portare visibilità in più ai nomi underground; e in parte così è stato anche qui, per un periodo. Senza passare per SanoBiz che aveva già la sua realtà ed erano altri tempi, ma in epoca più recente i Dogo e Guè, tra un album e l’altro, hanno consolidato così la carriera. Da romano, poi, penso a Roma che forse è il miglior esempio, culti soprattutto locali come ITP e i Brokenspeakers devono tanto ai tape, Gemitaiz ci ha costruito la sua carriera e forse i mixtape sono i lavori a cui i suoi fan sono più legati, Noyz è un altro che coi primi due “The best out” l’ha consolidata e, quando fa alcuni pezzi dei tape ai live, viene giù tutto. Quindi comprateve “1993” su StrettoBlaster così un giorno varrà e ve lo resellerete. Grazie per lo spazio, bella!
FF: nessuna domanda, solo certezze. Meglio pazzi e soli che in un gregge con gli scemi. Se vi piace la nostra melma, condividetela e fatela ascoltare in giro. ‘Sta roba si diffonde per contagio, come diceva il Prez. Grazie Bra, un saluto a RapManiacZ e a tutti voi che leggete.

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