Chino XL and Stu Bangas – God’s Carpenter

Voto: 3,5

Hip-Hop at 50. Oramai ci siamo, i festeggiamenti sono prossimi: i numerosi – e talvolta poco accurati – elenchi dei migliori mc’s di ogni epoca sono già in rete da un pezzo su parecchi siti specializzati, eppure di Chino XL non c’è mai traccia. Ammesso e non concesso che i criteri di tali giudizi debbano registrare la presenza di almeno un classico, potremmo anche essere d’accordo sul fatto che Derek Barbosa non ne abbia mai del tutto firmato uno, nonostante un comparto tecnico che, preso a parte, sarebbe abbondantemente sufficiente per un posto qualsiasi del podio. Poi certo, il personaggio è scomodo e poco ha fatto negli anni per conservare particolari amicizie, se non altro per la spiccata propensione a riempire le notoriamente letali e blasfeme punchline con nomi e cognomi, abbinandole a uno spiccato senso per l’umorismo più nero.

La revisione della discografia di Chino non rende in effetti giustizia alle capacità del soggetto, un vero maestro per come coordina la precisione di un flow frenetico, torrenziale, svolto con una dizione pazzesca per la chiarezza con cui ciascuna parola viene pronunciata, al di là delle vertiginose velocità percorse. Escludendo il solo “Here To Save You All“, tutt’oggi in ottimo stato di conservazione ma neppure esente da appunti, non è infatti rimasto nulla di particolarmente memorabile in una produzione quantitativamente scarna, per quanto vada sottolineata la malafede delle etichette con cui il rapper di origini portoghesi/portoricane ha avuto a che fare, restando imprigionato nelle briglie del meccanismo industriale. Quella che immaginiamo possa essere stata un’esperienza spossante e deludente si è poi trasformata in uno sfruttamento diverso delle proprie capacità, dando luogo a una carriera di attore tutto sommato soddisfacente, il che ha senz’altro giocato un ruolo determinante nella poca costanza rivolta alla musica e nonostante il Nostro abbia goduto di numerose manifestazioni di rispetto, trovandosi costantemente ricercato al fine di collezionare memorabili comparsate, in particolare tra le rappresentanze più underground del circuito.

God’s Carpenter” va quindi poco sorprendentemente a chiudere un vuoto temporale di ben undici anni, rinnovando quesiti riguardanti la capacità del venerabile veterano di confezionare un disco finalmente all’altezza delle doti di assassino verbale, domande verso le quali l’avventura intrapresa con Stu Bangas fornisce risultati magari non eclatanti, ma certamente migliori che in passato. Il sodalizio è senza dubbio pertinente, vista l’attitudine musicalmente granitica del producer di Boston, tale peculiarità si fonde in maniera pertinente alla virilità dei testi, pazienza se la brutal music qui offerta non apporti novità significative a quanto già sentito da parte del beatmaker. Se la formula, tanto nella costruzione del pezzo quanto nella scelta strumentale, non testimonia particolari virate rispetto al solito canovaccio, è necessario pure far notare come la medesima possegga un pregio da non sottovalutare, fornendo la direzione univoca e sintonica che il rapper solo raramente ha trovato. Tale decisione, scevra da pericoli già abbondantemente corsi in passato, quando le produzioni usavano saltare qua e là senza un’idea di fondo precisa, e anche se il pacchetto di beat procurato da Stu non faccia gridare al miracolo, regala comunque un’apprezzata omogeneità all’identità del lavoro.

Ciò che resta invariabile è invece il fatto che Derek sia indiscutibilmente uno dei pochi eletti a potersi permettere di scrivere versi che passeggiano sul sottile filo dell’inopportuno e dell’offensivo senza il benché minimo timore delle conseguenze, sostenendo ogni tesi proposta con un profondo senso di conoscenza di ciò che esprime in modo da essere in grado di corroborare le sue idee nella stessa misura in cui tesse – a ragione – le sue stesse lodi. I quaranta minuti della scaletta vengono affrontati con iperboli liriche superlative, una capacità di sillabare e rimare del tutto spettacolare, caricando contemporaneamente i testi di riferimenti edotti e ricchi di considerazioni taglienti, ma espressi con ragionata consapevolezza.

Proprio per questo non sussistevano preoccupazioni preventive sul fatto che Chino avesse le spalle abbastanza larghe da sostenere da solo quegli episodi nei quali Stu si rende occasionalmente snervante, data l’insistenza nel salire sullo stesso carro di sempre. Ne è un chiaro esempio “Murder Rhyme Kill”, scontatamente intimidatoria nel sound e condita dalla scenografica presenza di Vinnie Paz, scelta certamente coerente per le violente velleità degli scritti ma nei confronti della quale un rapporto tecnico/metrico non è nemmeno il caso di iniziarlo, dato che l’attore principale viaggia con diverse marce in più e diventa deliziosamente funesto nel momento stesso in cui decide di lasciar spazio al lato più lunatico della sua personalità. E’ molta la tipicità percepibile pure su “AMBImonsterous”, sostenuta da una prestazione vocale nientemeno che magistrale nella disposizione metrica e dissacrante per contenuti che non risparmiano nessuno (<<shittin’ all over your best work without a courtesy flush>>), così come nella potenza espressa su “Mir8cles Opposite”, uno dei momenti di punta – a dispetto di un allestimento musicale del tutto nella norma – per quanto la sua rocciosa costituzione tenga bene testa alla ruvidità dei passaggi più tosti (<<mathematical patterns that could shatter that of the pyramids, I be given death a near-Chino experience/…/we had the chance to save the world, instead we chose for the newest Jordans>>). Laddove “Scribbled Sorcery” e “D.X.P.S.” (quest’ultimo gradito omaggio floreale alla Double X Posse) risultano appena commestibili a discapito della netta incisività lirica, “Don’t Care” viene giostrata sul solito giochino di tonalità d’organo gestite con i pad del sampler, ma quelle scariche di chitarra forniscono quel quid in più a uno scenario ove la tonalità vocale esprime un fascino ammaliante grazie ai saliscendi della veemenza espositiva, mischiando punti di eruzione ad altri quasi sussurrati.

Il valore aggiunto della produzione è più evidente quando il registro segue da vicino il concetto espresso, per quanto differenti risultino essere le direzioni prese nel significato da alcuni brani rispetto ad altri. La malinconia insita in “Remind You” possiede difatti una profondità in grado di variare consistentemente i valori più gettonati, scoprendo angoli di vulnerabilità insita pure in un omone muscoloso e minaccioso, ma il cui cuore è segnato dalle cicatrici di relazioni rotte e aspettative distrutte. Al contrario, “Sinister” sbatte violentemente l’asso sul tavolo tramutando il protagonista in un mostro in grado di fagocitare una minaccia psicopatica per ciascuna barra, sensazione amplificata dalla tensione trasmessa dal loop; la segue a ruota “Art Apothecary”, sorretta da campanelli horror e abilmente strutturata inframezzando le strofe con un parlato inquietante, ambientazione nella quale i pensieri più deviati s’incarnano al meglio delle loro possibilità.

Ennesima lezione accademica in materia di tecnica Rap, nella stessa misura in cui conferma l’ennesima selezione dubbiosa nei beat; nemmeno “God’s Carpenter” può fregiarsi dunque di poter finalmente rappresentare quel tanto atteso disco in grado di rendere giustizia a un cerimoniere metrico di primissima fascia. Ci si deve accontentare – e visti alcuni dei precedenti, non è poco – che sia in ogni caso un album meno sconclusionato e meglio amalgamato di alcuni suoi predecessori, il che conduce a confidare in un’altra prossima volta, sperando che la dilazione nelle tempistiche d’uscita venga drasticamente ridimensionata e possa emergere altresì un lotto di beat maggiormente degno di una bestia feroce e vorace, che col microfono in mano fa impallidire almeno l’ottanta per cento dei colleghi. Senza peraltro neppure sforzarsi troppo.

Tracklist

Chino XL and Stu Bangas – God’s Carpenter (No label 2023)

  1. God’s Carpenter
  2. AMBImonsterous
  3. Who Told You
  4. Mir8cles Opposite
  5. Murder Rhyme Kill [Feat. Vinnie Paz]
  6. Remind You
  7. Don’t Care
  8. D.X.P.S.
  9. Art Apothecary
  10. Sinister
  11. Scribbled Sorcery
  12. Night Drive

Beatz

All tracks produced by Stu Bangas

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