Random Axe – Random Axe

Voto: 4

Indizio numero uno: Sean Price, Brooklyn, metà degli Heltah Skeltah e peso massimo del circuito underground che stai a sentire per qualsiasi stronzata dica, solo per come la dice e per l’ironia metaforica che utilizza nell’esporla. Indizio numero due: Guilty Simpson, Detroit, mc tra i più sottovalutati di una scena già di per sé trascurata. Indizio numero tre: Black Milk, ancora Detroit, innovativo architetto di basi che qualsiasi melodia faccia uscire dalle macchine ti trasmette quella scala di grigi che abbraccia strettamente la metropoli del Michigan, tinta che, per quanto cupa e potenzialmente depressiva sia, ha un fascino tutto suo. Combinando assieme i tre profili le indagini conducono direttamente al progetto Random Axe, che può essere inteso come sviluppo di quella “Run” che nel 2008 aveva già fatto intuire il potenziale del trio, in seguito alla quale erano giunte più richieste per un intero album firmato dai tre che non per l’iPhone in prevendita.

E dopo una lunga attesa, ecco finalmente giungere tra le nostre avide mani il prodotto finito. Il gruppo agisce secondo un piano ben preciso, che si basa su quella raccolta di forze che più di qualcuno ha posto in atto nell’ultimo triennio, necessità derivante dalla mediocrità in cui sono inevitabilmente impantanati i rami più mainstream dell’Hip-Hop, nonché dal bisogno di malmenare verbalmente e idealmente tutti quegli atteggiati che fanno i video con le palme, le macchine, gli occhiali da sole giganti e i vestitini stretti stretti, propinando alla massa un’immagine dell’Hip-Hop stesso completamente distorta e negativa. Il pacchetto sonoro confezionato da Black Milk è terreno fertile per le sberle metriche dei due rapper (che diventano talvolta tre, ma Black Milk è onestamente un giro dietro a livello lirico) e riesce nell’ottanta per cento delle tracce a imporre positivamente il suo marchio di fabbrica, stampato sulla ruvida secchezza delle batterie, su loop dei più disparati strumenti tagliati su misura rispetto al beat e su libere invenzioni che spruzzano saltuariamente colori più vivi, appena accennati, i quali toccano gli estremi fino ad arrivare alla spigolosità più accesa.

A supporto di tale tesi viene anche la più semplice delle introduzioni, elaborata in maniera ipnotica (così come l’outro, d’altro canto) e ideale preludio per l’eccelsa atmosfera che si respira in “Random Call”, nella quale Guilty Simpson si appropria della scena smentendo già da subito i timorosi che non lo vedevano alla pari di P (<<I’m chemically imbalanced/you no talents/I eat hot mc’s like cold salad>>), cavalcando con stile un beat impeccabile premiato dal mix tra un breve sample vocale e le tre note di piano. “Black Ops” rende giustizia al titolo picchiando durissimo con la batteria, proponendo suoni scarni e ospitando una bella serie di linee da battaglia atte a ferire l’avversario, che più o meno è l’intento pure di “Chewbacca”, dove Price alza il livello delle sue talvolta pigre prestazioni (<<niggas Rap and they sound like love letters>>) sopra una base dal sapore squisitamente Wu-Tang (forse appositamente Wu, vista la citazione che molti di voi riconosceranno nello stacchetto alla fine della traccia), ruvida quanto basta per l’ideale sodalizio con la crudezza delle rime di Roc Marciano, uno che in ambientazioni come queste ci sta come il classico cacio sui maccheroni. Altri magnetismi sonori sono rintracciabili in “Monster Babies”, nella quale Sean Price cecchina liberamente T.I. con Simpson a fargli da eco (<<ayo, my food sits well but my gun’s bulimic/see what happens I’ma ‘bout to feed it>>), ennesima dimostrazione della pazza genialità di una produzione che esce volentieri dal selciato della massa.

La medesima misteriosità viene intrapresa da brani dai suoni ufologici come “Everybody Nobody Somebody”, la quale propone un concept interessante costruito sull’uso continuato e distinto delle tre parole che compongono il titolo, ciascuna posta all’inizio di ogni linea di ciascuna strofa, in quello che è senza dubbio il momento più convincente al microfono di Black Milk. Mettiamoci anche il drum di “Another One” e abbiamo un altro beat ben congegnato, arricchito dal ricongiungimento dei due Heltah Skeltah con un Rock preso a far piazza pulita con wordplay e cambi di flow da manuale, ospite sicuramente più noto dei comunque positivi Trick Trick, qui presenti, e Fatt Father e Danny Brown, rispettivamente impegnati su “Shirley C” e “Jahphy Joe”, tutti figli della Motor City. E’ poi tanto curiosa quanto stuzzicante la presenza di qualche brano non superiore al minuto (“4 In The Box” e “The Karate Kid”, in quest’ultima Sean P e i suoi giochi di parole citano pure il figlio di Will Smith, protagonista dell’omonimo remake), appositamente creato per fornire assaggini sparsi del talento di Milk alle macchine e contemporaneamente piccolo spotlight per il singolo all’interno di un’operazione concepita a livello corale.

A contrasto, c’è da tenere in considerazione quella sensazione di perplessità che lasciano episodi come “Shirley C” o “Understand This”, i quali sorprendono negativamente per la differenza qualitativa quando confrontati con il beat appena precedente o successivo. Peraltro, in quei casi limitati dove la parte musicale non convince, il livello delle rime decide di fare lo stesso quasi come se gli mc’s fossero demotivati o costretti loro malgrado a inventarsi una strofa su qualcosa di non eccessivo gradimento. Ma alla fine dei conti si rispettano molte delle altissime aspettative con cui si sapeva ci si sarebbe dovuti confrontare e, pur non trovandosi per le mani il magistrale capolavoro che i fan avevano sognato, il disco è altamente godibile, massiccio, ruvido e combattivo, aspetti di non poco conto se rapportati alla tendenza alla ripetitività che offrono molte uscite contemporanee.

Detroit è oramai sulla mappa già da tempo e dischi come “Random Axe” costituiscono altri pezzi di cemento importanti, che elevano all’interno dell’ambiente Hip-Hop lo status di una città che possiede un talento tanto sottovalutato quanto innegabile. Se poi all’interno c’è pure una fettina di New York, be’, tanto di guadagnato.

Tracklist

Random Axe – Random Axe (Duck Down Music 2011)

  1. Zoo Drugs
  2. Random Call
  3. Black Ops [Feat. Fat Ray]
  4. Chewbacca [Feat. Roc Marciano]
  5. The Hex
  6. Understand This
  7. Everybody Nobody Somebody
  8. Jahphy Joe [Feat. Melanie Rutherford and Danny Brown]
  9. The Karate Kid
  10. Never Back Down
  11. Monster Babies
  12. Shirley C [Feat. Fatt Father]
  13. Another One [Feat. Trick Trick and Rock]
  14. 4 In The Box
  15. Outro Smoutro

Beatz

All tracks produced by Black Milk

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