Little Brother – May The Lord Watch

Voto: 4

Affinché una sorpresa sia tale, è necessario che ci colga alla sprovvista. Postulato grazie al quale possiamo collocare nella categoria “May The Lord Watch”; e non lo diciamo per mancanza di fiducia riposta in Phonte e Big Pooh, nelle cui rispettive fasi soliste abbiamo comunque registrato risultati altalenanti (con un picco massimo nel più che valido “Words Paint Pictures”, realizzato dal secondo sul boom bap a firma Apollo Brown), bensì perché l’esperienza del duo sembrava essersi esaurita nove anni or sono in concomitanza alla modesta ispirazione di “Leftback”, epigrafe posta a sigillo di una situazione già venuta a complicarsi con la precedente dipartita dal gruppo di 9th Wonder. Ebbene, l’inatteso ritorno dei Little Brother non soltanto sovverte numerosi pronostici (ivi compreso il nostro), ma addirittura – ferme restando le ovvie differenze riscontrabili tra titoli realizzati a distanza di un paio o più lustri – si rivela all’altezza dei loro primi due dischi.

Se il ricorso al canale televisivo fittizio U Black Niggas Network per i vari skit suggerisce subito un trait d’union con quel “The Minstrel Show” che, di fatto, segnò l’ultima prova vera e propria dell’originario trio, un ulteriore – e ben più decisivo – elemento di continuità risiede nel timbro Soulful che Khrysis, Nottz, Focus… e via a seguire adottano nella totalità dei trentasette minuti di “May The Lord Watch”, completamente imbevuti di atmosfere che vi riporteranno dritti all’Hip-Hop di quindici anni fa – e questa non vuol essere affatto una sottolineatura negativa. La squadra di beatmaker, capeggiata appunto da diversi membri del collettivo del North Carolina Justus League, offre ai Nostri l’occasione per ripresentarsi al pubblico in una veste che ne valorizzi le spiccate tipicità, lo stato di forma e, soprattutto, la solida sintonia; tradotto: non abbiamo di fronte un progetto realizzato a tavolino, calcolato più che sincero, bensì un tassello centrale del percorso discografico dei Little Brother – e, in quanto tale, forse un po’ ostico per chi non ne coglierà i sottili riferimenti alle pubblicazioni passate.

Al netto dell’ironia che collega ogni interludio, marchio di fabbrica per una realtà che ha nei De La Soul un palese punto di riferimento, l’album possiede un’anima molto adulta e sul versante lirico intreccia un dialogo privilegiato con la generazione di Phonte e Thomas, ovvero i quarantenni. “Right On Time”, ad esempio, è uno spaccato sulla quotidianità dei due mc’s, i quali si chiedono l’un l’altro how you feel? e replicano con immagini di assoluta normalità (Pooh racconta: <<doin’ Uber pickups, they don’t recognize the face/and that’s bittersweet>>), assumendo un punto di vista parecchio disincantato sulla carriera artistica (è la volta di Phonte: <<yeah, I got success and the stress to match/’cause peace of mind rarely comes with a check attached>>). Idem per “Sittin Alone”, introdotta dal sample inconfondibile di “Open Your Eyes” di Bobby Caldwell, schietta riflessione sul trascorrere del tempo e l’evolversi delle priorità, ammettendo che – considerata l’età… – all’ennesima serata in qualche club è forse preferibile accomodarsi sul divano e cercare una serie TV da guardare.

Quello dei Little Brother è uno sguardo lucido, pratico, che disinnesca il protagonismo, gli stereotipi e i supereroismi di tanto Hip-Hop, senza però rinunciare a incastri e strumentali di oggettiva qualità. Pur non discostandosi dal fil rouge tematico di “May The Lord Watch”, “Everything” è infatti un brano appagante in primis per l’ottimo contributo di Khrysis e il flow musicale dei due, che in “Picture This” possono contare su un Black Milk da urlo, pronto a rifornirli di Soul – Phonte ringrazia e fa suo il ritornello – per una morbida discesa lungo la classica memory lane. Come primo singolo avrei scelto proprio quest’ultima e non l’estratto video “Black Magic (Make It Better)”, la cui spinta motivatrice viene a mio avviso un tantino smorzata dalla voce di Madison McFerrin e da un beat meno incisivo.

Nulla, comunque, che comprometta l’andatura decisa di un’uscita dotata di indiscutibile personalità, farina del sacco dei soli protagonisti – non a caso responsabili della totalità delle strofe. Perciò, se ancora non avevamo pescato dal cilindro il felice risveglio di “Goodmorning Sunshine”, la meritata autocelebrazione di “All In A Day” (<<used to write to show niggas I was better than you, you, you/any comparison, it’s whatever man/y’all can Cirque Du Soleil all day/word to Yahweh, I’m good on whatever y’all say>>) o una citazione di “Work Through Me” che non poteva sfuggirci (<<it’s showtime when my company flow, just like Mr. Len>>), era per evitare di ritardare troppo l’unica considerazione conclusiva possibile: nell’oceano sperduto di proposte pronte a sfiorire nell’arco di una stagione, “May The Lord Watch” sembra avere i connotati giusti per reggere il peso dell’autunno, mantenerci al caldo durante l’inverno e magari sbocciare di nuovo nella prossima primavera.

In breve: ascoltatelo.

Tracklist

Little Brother – May The Lord Watch (The Foreign Exchange Music 2019)

  1. The Feel
  2. A Word From The President
  3. Everything
  4. Right On Time
  5. Black Magic (Make It Better)
  6. Life After Blackface [Feat. Joe Scudda]
  7. Goodmorning Sunshine
  8. Dyana Change My Life
  9. What I Came For
  10. Inside The Producer’s Studio
  11. Sittin Alone
  12. Picture This
  13. Niggas Hollering
  14. All In A Day
  15. Work Through Me

Beatz

  • Khrysis: 1, 3
  • Devin Morrison: 2
  • Nottz: 4
  • Focus…: 5, 7
  • Little Brother: 6, 8, 10
  • Phonte and Khrysis: 9
  • Phonte and Nottz: 11
  • Black Milk: 12
  • AbJo: 13
  • King Michael Coy: 14
  • Focus… and BlaaqGold: 15