Willie The Kid – Capital Gains

Voto: 4 – –

Sorvolando sui numerosi perché e percome, la scena underground di sponda orientale si è oramai polarizzata attorno a uno schema che – fatte salve determinate eccezioni – prevede delle strumentali cupe, aspre anche quando la componente melodica non viene atrofizzata del tutto, un taglio stilistico tendente alla sottrazione (strofe corte, refrain che recitano solo il titolo del brano, durate contenute) e un’interpretazione lirica spesso compassata, che non aggredisce il microfono con foga spasmodica. Potremmo elencare una fitta cascata di uscite che rispecchiano questa breve sintesi (ovviamente per nulla esaustiva), non ultima “Capital Gains”, fuori a inizio ottobre e che decidiamo di recuperare in tempo per i botti – moderati, come da ordinanze varie – di fine anno; con una sottolineatura che dunque viene da sé: dato che l’insieme comincia a essere colmo, l’originalità non può che risentirne in negativo.

Fatta questa necessaria premessa, introduciamo con piacere William Jackson a chi non dovesse conoscerlo: classe ‘81, originario di Chicago, fratello minore di LA The Darkman, col quale pubblica il suo primo progetto semiufficiale quindici anni fa (“Dead Presidents”), ha affiancato nomi di pregio comprendenti – tra gli altri – The Alchemist, Bronze Nazareth, Roc Marciano, Termanology, Planet Asia, Kool G Rap e Buckwild, facendo crescere le proprie quotazioni in particolare nel corso dell’ultimo lustro. Insomma, non un mc di primo pelo per anagrafica e curriculum, sebbene l’album risponda in pieno al gusto delle leve più giovani, la cui rilettura della golden age Hip-Hop non va intesa mai in chiave puramente nostalgica – volendo azzardare un parolone a sproposito, potremmo dire che si tratta di un approccio postmoderno, non sappiamo però se e quanto consapevole di ciò. Sta di fatto che la stessa concentrazione di partecipazioni rientranti nel medesimo filone, da Action Bronson a Dj Muggs, passando per (Lil’) Eto, V Don, Evidence e i già citati Alchemist e Marciano (a ulteriore dimostrazione che il rigido binomio east/west qui valga zero), impone ai venticinque minuti complessivi una direzione molto precisa, gestita dal protagonista con mano ferma.

Willie The Kid si affida a una cartella di beat di assoluto valore e non ne spreca neppure uno, dando senso compiuto alla lunga gavetta fatta; a prescindere dal minutaggio ridotto e da un canovaccio che non propone novità degne di nota, “Capital Gains” è privo di intoppi e trova intrecci apprezzabili in ogni singola collaborazione. <<New rappers like it’s ten of me/royalties you should be sending me/to add insult to injury/I’m too industrious for this industry>> (“Free Parking”): il riferimento costante, evidente fin dal parallelo col mercato azionario, è il raggiungimento del successo personale, ambizione che si riflette in un’ovvia celebrazione del lusso e di qualsiasi strategia – non necessariamente lecita – venga spesa per farsi strada in una realtà competitiva per definizione (“Cork Fee”: <<sauvignon for the celebration sovereign/modern day Malcolm talcum powder/…/don’t compare me to no rappers, this the Don Package/Michael Corleone baby boy, I waited patient>>).

E’ altrettanto chiaro che quando da Los Angeles si scomodano entrambi gli Step Brothers il percorso imbocchi una discesa liscia e senza curve (l’ottimo estratto video “Egregious” e “Brewster’s Millions”); ma non è meno significativo il contributo di un V12 The Hitman che apporta una calda sfumatura di rosso alla passionale “Dirty Game”, arricchendo una gamma cromatica altrimenti dominata da tonalità scure. E, mi ripeterò, l’autocelebrazione di “Durban Poison”, scandita da un ipnotico sample di fiati, declina spocchia e immagini in funzione di una megalomania tanto più marcata se in cattedra sale un veterano quale Roc Marci (<<nigga, what I did to this era made me legendary like Yogi Berra/the Maison Margiela wearer/where I dwell it’s a thin margin for error/I just spent an arm and a leg on the chinchilla>>), così come “Tycoon Rap” (<<I’m tipping champagne flutes, guess I became a Suit/not buying in to the trends, but you can buy the brut/the black Bruce Wayne, I came through with all the gadgets/back the ratchet out the jacket at the package store>>) e la conclusiva “Perceptions” ambientano il racconto in una scenografia che non ha certo i contorni degradati del ghetto.

In sostanza, “Capital Gains” offre all’ascoltatore esattamente quanto gli promette: non una virgola in più, né in meno. Se il genere vi aggrada, ne rimarrete soddisfatti; e, giacché non porta via molto tempo, potreste abbinarlo all’EP “Heather Grey”, realizzato coi fidi Eto e V Don circa un anno e mezzo fa.

Tracklist

Willie The Kid – Capital Gains (The Fly, LLC 2020)

  1. Free Parking
  2. Cork Fee [Feat. Action Bronson]
  3. Egregious
  4. Brewster’s Millions [Feat. Curren$y]
  5. Dirty Game
  6. Watch Your Step [Feat. Kiyana]
  7. Durban Poison [Feat. Roc Marciano]
  8. Tycoon Rap (Freestyle)
  9. Breakfast Nook [Feat. Eto]
  10. Perceptions [Feat. Tekh Togo]

Beatz

  • V Don: 1, 6
  • Brady James: 2
  • Evidence: 3
  • The Alchemist: 4
  • V12 The Hitman: 5
  • $port: 7
  • The Beat Hawks: 8
  • Dj Muggs: 9
  • Mozaic: 10