Sa-Roc – The Sharecropper’s Daughter

Voto: 3,5/4 –

Sebbene sia ancora poco nota oltre la soglia dell’utenza specializzata, Sa-Roc (trentanove anni il prossimo dicembre) non sbuca certo fuori dal nulla: nell’ultimo lustro abbondante, con la costante complicità della Sol Messiah Music, ha rilasciato ben tre pubblicazioni sul confine dell’ufficialità, finendo presto nel raggio dei radar Rhymesayers (la ricordiamo in particolare tra i featuring di “All The Beauty In This Whole Life” di Brother Ali); è proprio con quest’ultimo che la rapper originaria di Washington D.C. (ma cresciuta artisticamente ad Atlanta) si è fatta le ossa in tour, prima di lanciare in formato video tre brani (così in sequenza: “Forever”, “Goddess Gang”, “Hand Of God”) che poi abbiamo ritrovato in scaletta nel suo esordio per la label, “The Sharecropper’s Daughter”.

Fin dal titolo – tradotto è la figlia del mezzadro – l’album intende premiare una concretezza che attinge dal vissuto di Assata (il papà coltivava tabacco negli Stati Uniti pre-Civil Rights Act) e si riflette nel presente di una realtà segnata ancora da profonde disuguaglianze, con la questione razziale tornata prepotentemente di attualità. In epoca di movimenti come il Black Lives Matter, l’attivismo e la spiccata sensibilità civica di Sa-Roc riportano l’Hip-Hop alle istanze di una minoranza che, decenni dopo aver lottato contro la schiavitù e la segregazione, si ritrova a dover scendere di nuovo in strada per difendere quei diritti che si supponeva fossero acquisiti; è qui, in questa ferita aperta, che si innesta un’uscita adulta per tematiche e approccio, un passo deciso nel Rap che veicola contenuti alti – conscious, se preferite – con un’attitudine però battagliera, che non lesina affatto nella dotazione di energia.

E’ una densità che non tarda a manifestarsi: le prime parole dell’introduttiva “EmergencE” (<<I am the wildest dreams of rebels and kings/incredible odds I battled and won/…/my family’s familiar with crops, but they ain’t accustomed to none of the cream/the funniest thing, spent the first two of my years unable to scream/’cause I was born wrapped in ancient pain, the kind that needed to cling>>) sono un indizio inequivocabile del clima che si respirerà nella totalità dei cinquanta minuti complessivi, passando attraverso il genuino orgoglio di “Gold Leaf” (<<I’m teaching class for the mass Rap illiterate/each of my rivals gasp when they glance at my syllabus/I be spitting math plus a fraction of literature>>), la consapevolezza di “Rocwell’s America” (<<and all of us was struggling just to get by/and the reflection is eternal, Talib gave us words to live by/but all we want to do was get high/kept a one-hitter of that indica hidden above my mid-thigh>>) e la lucida collera della titletrack (<<don’t you ever tell me to be calm/I’m the spawn of tobacco sharecroppers, prisoners of Virginia farms/who worked their arms, backs and fingers to the gristle/while the landowners paid a pittance for all the heavy lifting done>>).

Come da trascrizioni, il tutto è condito da panafricanismo, omaggi all’Hip-Hop, riferimenti alla storia (sia antica che moderna) e citazioni letterarie. Elementi utilizzati con assoluta consapevolezza tanto nei brani il cui taglio argomentativo è più esplicito, ad esempio “The Black Renaissance” con Black Thought e “r(E)volution” (<<professionals been robbin’ hoods with a palm flick/gave to the poor and the black the stigmata of convict/see, the cross we bear is too familiar/embedded in the home of the brave, the darkest of interiors>>), quanto in quelli maggiormente autoreferenziali, da “Hand Of God” (<<all my views is super black like the windows is all tinted/that’s my truth, I don’t deny you yours/I’m tryna leave a Hip-Hop classic/bomb your train of thought like “Style Wars”>>) a un’arrembante “Goddess Gang”, occasione sfruttata altresì per mettere in mostra ottimi cambi di flow e linee in extrabeat.

A opinione di chi scrive, tuttavia, c’è un discreto divario tra la prova di Sa-Roc (come detto, gravida di pensieri e solida sul versante tecnico) e quella di Sol Messiah. Nel suo insieme, la produzione di “The Sharecropper’s Daughter” non ha falle importanti, manca semmai di un adeguato carattere identitario, anteponendo la pulizia cristallina del suono a una ricerca melodica che, salvo casi isolati, non ha mordente. E’ un lavoro più di maniera che di pura ispirazione, efficace quando dà priorità ai sample (“Something Real”, “Deliverance” – in quest’ultimo caso la firma è di Evidence), non altrettanto nel momento in cui li affianca ai synth (la partecipazione di Black Thought meritava qualcosa di meno scolastico) né nelle composizioni che insistono sui continui cambi di batteria, alternando set non campionati e alla lunga ridondanti, scelta non necessaria in un’operazione che pone al centro la voce salda della protagonista.

Senza smorzarne l’andatura convincente, nel lungo periodo la distanza qualitativa tra le due performance rischia di tarpare un po’ le ali a un’uscita che consigliamo al netto del nostro modesto entusiasmo per il contributo di Sol Messiah, chiedendoci al tempo stesso a quali risultati possa ambire Sa-Roc se affiancata da uno o più produttori di prima fascia. Ed è una domanda intrigante, sia chiaro.

Tracklist

Sa-Roc – The Sharecropper’s Daughter (Rhymesayers Entertainment 2020)

  1. EmergencE [Feat. Saul Williams]
  2. Gold Leaf
  3. Rocwell’s America [Feat. Styles P]
  4. Something Real
  5. Hand Of God
  6. Deliverance
  7. Lay It Down
  8. The Sharecropper’s Daughter [Feat. Ledisi]
  9. The Black Renaissance [Feat. Black Thought]
  10. r(E)volution
  11. Goddess Gang
  12. Forever
  13. 40 And A Mule
  14. Dark Horse [Feat. Chronixx]
  15. Grounded

Beatz

All tracks produced by Sol Messiah except track #6 by Evidence and co-produced by Al-B Smooth