Gangrene (The Alchemist + Oh No) – Heads I Win, Tails You Lose

Voto: 4 – –

Si è fatto spesso un gran parlare e ricostruire, qui come altrove, a proposito delle figure che più avrebbero plasmato l’Hip-Hop underground degli ultimi dieci anni e passa, quella cosiddetta wave cresciuta in misura sorprendente e capace di alimentare un sottobosco ai giorni nostri molto composito e numericamente rigoglioso; tra queste, anzitutto in veste di produttore, spicca senz’altro The Alchemist, infaticabile, prolifico e determinante nel fornire il proprio supporto a Curren$y, Boldy James, Freddie Gibbs, Roc Marciano, Conway The Machine e Westside Gunn – citiamo per difetto. Fa per certi versi eccezione l’esperienza in duo dei Gangrene con Oh No, progetto altro rispetto alle uscite cui facevamo riferimento, in apparenza riposto nel cassetto dopo un lustro davvero pieno: un paio di EP e tre dischi dei quali l’ultimo, “You Disgust Me”, a opinione di chi scrive era pure il migliore, sempre con l’obiettivo – parecchio metaforico, ça va sans dire – di tramutare in materia preziosa ciò che è sudicio, putrido, marcio. Nove anni dopo, senza Decon né Mass Appeal al seguito, ecco Daniel e Michael tornare con “Heads I Win, Tails You Lose”, titolo che si accosta ai precedenti per l’indole poco altezzosa e sintetizzabile più o meno come di seguito: rappo il cazzo che mi pare su dei beat della Madonna.

Conseguenza ovvia è che a rubare la scena siano i suoni, forniti in tandem dagli stessi Alc e Oh No. La selezione dei sample, tra soundtrack, Jazz e fonti di difficile individuazione, è intrigante nella totalità – comprendendo le due tracce bonus – dei tre quarti d’ora di durata, forse con la sola eccezione di “Watch Out” (tra le tante clip realizzate), che nel pescare la old school di “Bad Boys” casca comunque nel solito giretto arcinoto di “Zonky”; infettiva e psichedelica, l’impronta musicale di “Heads I Win…” ha quei tratti visionari e ubriachi che i Gangrene hanno eletto quale scenario ideale per le loro strambe digressioni, ammantate in genere da una densa coltre grigiastra: <<to put it blunt, man this ain’t a weed test, this a T-Rex/ground shaker effects, itchy trigger finger reflex/keep pushing the button like a defective function in V-Tech/’cause y’all soft like baked crumpets in a tea set>> (“Dinosaur Jr.”). Violenti pestoni (l’introduttiva “Congratulations, You Lose”), tesissime atmosfere cinematografiche (“Espionage”) e pattern drumless (“Just Doing Art”) danno pari spinta a un intreccio lirico manifestamente spontaneo, che immaginiamo sia il frutto di intense sessioni in studio all’insegna della scarsa lucidità.

<<This ain’t your Moët, this Olde English>> (Oh No in “Oxnard Water Torture”, ancora in video) sembra lo slogan giusto per riassumere il senso di un’operazione che si premura di non esprimere mai un’emozione, uno spunto di riflessione, un accenno al quotidiano; non a caso, subliminalmente, il pensiero va all’altro duetto che Alchemist potrebbe riesumare scoccati i dieci anni di silenzio di quegli Step Brothers che, fatte le opportune differenze di rito, davano voce al medesimo spirito caustico e iconoclasta. A disinnescare etichettature e paralleli è appunto il rapper di Beverly Hills (<<they categorize the way that I’m rappin’ as classical/pop out a hole and I’m smashin’ your dome like I’m playin’ a game of Whac-a-Mole>>“Muffler Lung”), che al microfono recupera terreno e affianca il socio al meglio delle sue possibilità: che le penne di entrambi non siano tra le più pregiate in circolazione è un fatto assodato, tanto quanto lo è che in uno scenario loro congeniale e alle prese con una gamma tematica che non si prende troppo sul serio risultino efficaci a sufficienza.

Infine, un altro elemento che gioca a favore di Alchemist e Oh No risiede nell’infinita rete di collaborazioni che hanno tessuto da una costa all’altra. Tre i featuring in scaletta, tutti ben assestati: sulla minimale strumentale di “The Gates Of Hell” (e ci vediamo anche questo) Ankhlejohn attacca la sua strofa con apprezzabile energia, manco fosse un Ill Bill in forma; nell’ottima “Magic Dust” viene a ricomporsi quella fratellanza di cui sopra, con Evidence che non si fa pregare per aggiungere altra pellicola al racconto malavitoso (<<several bad choices over time, it’s been expected/point is how you falling down and get up to correct it/you rather be wrong and sit and stand corrected/they standing their ground until we ran ‘em off the exit>>); Boldy James prende “Just Doing Art” alla lettera e ci mette quel quid di ignoranza involontaria che a noi appassionati in fondo piace (<<Leonardo tryna crack the Da Vinci Code/modern-day Basquiat, in the spot with Givenchy clothes/I took the time to stand my ground just like a warthog/kept a big paintbrush on me, Andy Warhol>>).

Heads I Win, Tails You Lose” rispecchia il grosso delle (nostre) aspettative e non risente del tempo trascorso: l’intesa tra Alchemist e Oh No è solida e l’insieme ha quel carattere disimpegnato che, diversamente dai dissing tra rapper milionari o dai dischi pomposi delle superstar, non smette di andare a segno nei cuori di chi non cerca altro che un po’ di buon Hip-Hop. You should join the (Gangrene) army.

Tracklist

Gangrene (The Alchemist + Oh No) – Heads I Win, Tails You Lose (ALC Records 2024)

  1. Congratulations, You Lose
  2. Dinosaur Jr.
  3. Oxnard Water Torture
  4. The Gates Of Hell [Feat. Ankhlejohn]
  5. Cloud Surfing
  6. Free Money (Interlude)
  7. Espionage
  8. Magic Dust [Feat. Evidence]
  9. Watch Out
  10. Just Doing Art [Feat. Boldy James]
  11. You Should Join The Army
  12. Royal Hand
  13. Muffler Lung
  14. The Greatest Dope On Earth (Bonus Track)
  15. Hood Diagnostics (Bonus Track)

Beatz

  • Oh No: 1, 3, 5, 9, 11, 15
  • The Alchemist: 2, 4, 6, 7, 8, 10, 12, 13, 14