Masta Ace & Marco Polo – Richmond Hill

Voto: 4 +

Soffermarsi un istante a riflettere sulla quantità di tempo in cui Masta Ace è stato, e ancora rappresenta, un pilastro della cultura Hip-Hop, avendo toccato ben cinque decadi differenti in un tragitto che definire longevo pare un eufemismo, genera incredulità. Non è solo una questione di presenza, quella sono capaci tutti a timbrarla, anche a costo di diventare degli scimmiottamenti di sé: parliamo di un uomo che, oltre a sembrare esteticamente dieci o quindici anni più giovane dei suoi cinquantasei (!) anni, non ha vissuto un calo fisiologico alcuno nell’esercizio delle sue facoltà liriche, di conseguenza non è mai parso essere fuori luogo nel suo modo di presentarsi al pubblico o nel sopravvivere ai perenni cambiamenti che questa musica ha testimoniato. Non è più il ragazzino appena uscito dal college che nel 1988 si prendeva un prestigioso posto nella leggendaria “The Symphony” di Marley Marl, pienamente confacente al compito di non sfigurare al cospetto di colossi del calibro di Big Daddy Kane, Kool G. Rap e Craig G, ma lo spirito che si porta appresso, lo stato di forma che ha mantenuto, è esattamente il medesimo di quell’epoca.

La conoscenza con Marco Polo ha poi apportato indubbi benefici nei confronti dell’ennesima carriera maldestramente riconosciuta e sottostimata, nel senso che la collaborazione nata per la realizzazione di “Nostalgia“, raro classicone del Rap del nuovo millennio, ha sigillato il connubio tra due personalità di estremo talento, nonché l’emersione di una chimica sostanzialmente perfetta, in grado di dare luogo a una continuità di seguito riversata su due tra i dischi fondamentali degli ultimi dieci anni. “Richmond Hill” sarà pure fresco di stampa, ma la sua inclusione nel ragionamento giunge in maniera del tutto naturale, in virtù del significativo lavoro effettuato su radici piantate sei anni or sono da “A Breukelen Story“, l’esordio ufficiale del duo su lunga distanza, per come prosegue in quello stesso sentiero concettuale che ha costantemente elevato un passato ricco di tematiche e capacità compositiva, nonché per la forte evidenziazione di un legame solido, genuino, all’interno del quale liriche e musica si muovono sistematicamente all’unisono.

Come accadeva per il suo predecessore, anche questo secondo passo rovista nella scatola dei ricordi di entrambi i protagonisti e, pur non rappresentando un unico conglomerato tematico, così com’erano invece “MA_DOOM: Son Of Yvonne” e “The Falling Season” (che Ace aveva condotto per conto proprio), colpisce nuovamente nel segno tramite l’abilità connettiva tra gli intermezzi biografici raccontati dalla voce di Marco Polo e alcune delle componenti della scaletta, fornendo all’esperienza d’ascolto quel plus che – in tutta onestà – pochissimi eletti si sono dimostrati in grado di proporre. “Richmond Hill”, titolo che corrisponde alla residenza canadese dei coniugi Bruno al momento della nascita del piccolo Marco, è allora un disco che trasuda passione, originalità, fedeltà, positività, offrendo quella componente aggiuntiva di saggezza che Masta Ace ha costantemente dimostrato di aver accumulato quale tesoro personale, celebrando i successi di entrambi – nella musica, ma soprattutto nella vita – senza mancare di sottolineare quali siano stati i costi per giungere allo stato di attuale soddisfazione.

Leggiamo in questa maniera l’intento di partire con una traccia dal tono del tutto trionfale come “Brooklyn Heights”, supportata da sezione ritmica ed entusiastici fiati che viaggiano a ritmo di parata, immaginando un tripudio di confetti che scendono dal cielo di quel sobborgo newyorkese tremendamente significativo per la Cultura, vista l’enormità di talento che dal luogo trae origine, tra omaggi provenienti dritti dal cuore (il sample vocale di Biz Markie genera brividi lungo la schiena) e necessari chiarimenti sullo stato dell’artform, troppo bistrattato per riuscire a compiacere chi grande lo è invece davvero (<<this ain’t Perks & Molly, I was first with Marley/this ain’t Autotune Croon or a verse from Cardi>>). Un pezzo tremendamente cerebrale, così come lo sono tutti i passaggi di Duval Clear, il quale costruisce il disco con la solita visione su larga scala, trattando argomenti come il denaro, lo spaccio, la vita stessa, da un punto di vista propositivo, comunitario, orgoglioso, carico di speranza nel riuscire a motivare chi – come lui – desidera crescere in situazioni disagiate senza trovare scusanti nelle trappole derivanti dalle difficoltà.

Assai immaginativi, e al contempo descrittivi, sono i versi che compongono storie a sfondo morale come “Jordan Theory”, la quale affronta con inventiva il cliché dell’ambizione alle sneakers, simbolo di ogni ragazzino afroamericano e delle sue priorità, una rincorsa materialistica con tanto di illustrazione di conseguenze, montata su un ritornello intelligente e accattivante dove Polo mostra un interessante ampliamento del portafogli produttivo percorrendo direzioni boom bap più pulite e melodiche, incontrando ad hoc le peculiarità del partner. Corde, campanelli, piatti e rullante formano un conglomerato univoco sequenziato da manuale, su cui si muovono le ombrose tessiture di “P.P.E.”, il cui racconto è ispirato dalle vicissitudini passate del producer canadese, tratteggiando i lugubri ambienti frequentati con ampio taglio cinematografico. Chitarre perfettamente tagliate e intrecciate tra loro, fiati densi, costituiscono invece l’essenza di una “Money Problems” eccellente nello svolgimento testuale anche per merito di Che Noir, bravissima nel virare figurativamente il punto di osservazione fornito, con la solita stoffa, da un attore principale che esplora tutte le varianti metriche possibili, comprensive dello spezzare alcune parole per riportarne una porzione alla barra seguente o collegando il senso di un termine col successivo e il precedente, come accade su “Connections” nella quale Marco azzecca (c’erano dubbi?) l’abbinamento tra batteria e sample di coro, del quale è oramai uno specialista assodato.

Pur rispettando la volontà di offrire un prodotto artisticamente vario, avremmo preferito un ritornello meno acqua e sapone per “Life Music”, solare e pomposa, la quale conferma l’intensa tra Ace e il fido Stricklin, così come molto più spensierata del resto è “Outside In” nel suo assumere toni da musica quasi leggera. Stonano nel complesso contestuale? No e non solo per la creatività delle relative strofe; anzi, la seconda fa venir voglia di primavera, di scrollarsi tutti i pensieri pesanti di dosso. Più grezza è invece “Below The Clouds” – chiaro omaggio ai Gang Starr – col suo parlare metaforico restando coi per terra, ossia evitando accuratamente di assumere toni da predica, impreziosita da un altro tecnico della metrica quale Blu, che nella gestione delle assonanze multiple può tranquillamente fornire lezioni a pagamento; se si aggiunge pure Inspectah Deck all’equazione che sorregge “Hero”, nella quale i protagonisti si divertono ad assumere sembianze da supereroe, per non parlare della mostruosa prova dei Coast Contra sul meraviglioso Jazz di “Certified”, sull’efficacia nelle risultanze finali si possono dormire sonni assolutamente tranquilli.

Trascorrono inesorabilmente le varie ere del Rap e certi tempi sembrano sempre più lontani, non varia però l’estrema consistenza di ciò che Masta Ace, con l’ottimo supporto di un ragazzo cresciuto vicino a Toronto col sogno nel cassetto di produrre i suoi artisti preferiti, continua a proporre con inusitata freschezza. “Richmond Hill” è l’ennesimo capitolo di una carriera densa di rispetto – dato, nei riguardi della Cultura; evocato, da ammiratori e colleghi – di uno dei migliori maestri di cerimonia di sempre. Che ci sapeva fare già in quegli anni che sembrano sempre più piccini quando inquadrati dallo specchietto retrovisore, mentre faceva il ventriloquo Rap col pupazzo di Biz in uno dei brani più stupefacenti mai scritti, ma che è ancora stabilmente qui, con capacità superiori intatte, inscalfibili dal tempo.

Tracklist

Masta Ace & Marco Polo – Richmond Hill (Fat Beats Records 2024)

  1. December 26th (Skit)
  2. Brooklyn Heights
  3. Certified [Feat. Coast Contra]
  4. Cartunes (Skit)
  5. Hero [Feat. Inspectah Deck]
  6. Life Music [Feat. E. Smitty, Stricklin and Speech]
  7. Below The Clouds [Feat. Blu]
  8. St. Roberts (Skit)
  9. Heat Of The Moment [Feat. Pav Bundy]
  10. Jordan Theory
  11. Money Problems [Feat. Che Noir]
  12. Scarborough (Skit)
  13. P.P.E.
  14. Outside In [Feat. C-Red and E. Smitty]
  15. Connections
  16. Plant Based
  17. December 25th (Skit)
  18. All I Want [Feat. Wordsworth]

Beatz

All tracks produced by Marco Polo

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