D.Ratz – Dio si e’ fatto oggetto

Il più delle volte è una frase fatta, di mera circostanza, scenografica; non è questo il caso e ci teniamo a chiarirlo: tra i numerosi titoli in calendario, aspettavamo il ritorno di D.Ratz con particolare curiosità. Dopo aver recensito “Agent orange 2”, “Edgar” e “Vinticingo” (qui il primo, lì gli altri due), sul nostro listino le quotazioni dell’mc e beatmaker co-fondatore di Cilento Doppia H e Stoned Saints Records si erano spinte parecchio in alto: esponente di una nicchia che in “Dio si è fatto oggetto” trova significativa rappresentanza, l’artista campano si conferma abile in entrambe le discipline ed è autore di una prova che, come le precedenti, ne pone in rilievo la spiccata personalità, riconducibile al genere di appartenenza pur se declinata attraverso toni più introspettivi, che offrono una lettura ugualmente fosca del sacro e del profano – efficace, in questo senso, la scelta di uno scatto (“Cleaning Jesus” di Walter Martin, anno 1939) che introduce i temi principali a partire dalla cover.

Livore, disillusione, pessimismo cosmico, blasfemia (<<fisso in testa una voce/solo che poi agisco sempre a modo mio/fisso Cristo sulla croce/nel senso che ce lo inchiodo io>>“Mayhem”); l’eloquente gamma umorale del progetto – in realtà, del percorso discografico di Vincenzo nel suo insieme – non concede spiragli a sorrisi (se non amari) e distensione, in accordo a sonorità rese altrettanto radicali da una tavolozza cromatica sbilanciata verso le gradazioni più scure. Non si tratta, tuttavia, di un registro asfissiante, impegnativo oltre il necessario, data la dose di sarcasmo che, tanto più nel racconto della dimensione sociale, riesce a stemperare un’indole non certo giocosa (<<ricapitolando un paio di cose a caso/in Italia i problemi sono il reddito e i bangla/detto da chi poi ha qualcosa sotto il naso/ed è o puzza o bamba>>“Bambola di pezza”). Di sfumature, insomma, “Dio si è fatto oggetto” non ne è certo privo, fermo restando che il minutaggio sia contenuto (otto i brani, più intro e outro) e perfino l’autocelebrazione abbia sentori amari (<<tu featuring a culo, io featuring da New York/e manco servono a un cazzo a meno che non sia Coolio>> – ancora “Mayhem”).

Va da sé, poi, che la definizione della cifra stilistica venga agevolata dal duplice impegno cui è chiamato il protagonista, responsabile – salvo un paio di strumentali fornite da Tosses e i contributi al microfono di cui diremo – delle liriche come dei suoni: esperienza e qualità, lo sapevamo già, non mancano, stando al disco in esame annotiamo dunque la puntuale aderenza a un gusto oramai definito, con deliziose composizioni ultra-minimali e drumless (“Chiacchiere”, che ha in coda un celebre monologo tratto da “L’avvocato del Diavolo”), tagli melodici che mettono in risalto una marcata malinconia (notevole “Il lato peggiore”, con barre di pari tenore: <<ho preso botte ma senza usare il naso/e come un surfista ho provato a cavalcare l’onda/fanculo i tramonti, preferisco notte fonda/proprio quando i pensieri fanno il giro di ronda>>) e dei punti di vista espressi senza filtri (<<siete poltiglia, tipo fegatini/qui si segue una linea solo se la tiri/aveva ragione Gigione, vi piacciono i gelatini/infatti il tuo tipo ce l’ha mini>> – sempre “Mayhem”, su un’acidissima chitarra elettrica).

Dicevamo delle partecipazioni esterne: sono tutte di pregio e, ci ripeteremo, evidenziano una sintonia che, per parte della scena, si sta traducendo in preziosa linfa vitale. Il solo in quota Stoned Saints è Enema SDO in “Tartare di uomo”, per un’intesa molto collaudata (si veda “Virgin Mary sent me nudes”); dal Salento, membro di un’altra crew che ci piace (Kiazza Mob), Zeboh in “Mayhem”; coi rispettivi lavori freschi di pubblicazione, Toni Zeno ne “Il lato peggiore” (ed è una gran strofa: <<in Ita svetto troppo tra chi rappa/non ce n’è mezzo alla mia altezza/puoi chiamarmi Etna>>), seguito da Dome Flame in “Osimhen”, episodio muscolare (<<ti sei ridotto a favori ed elemosine/fossi in te mi coprirei la faccia come Osimhen>>) su un ottimo beat di Tosses; l’ultimo, in ordine di scaletta, è Montenero, quindi anche MxRxGxA e Stakanov Boys sono della partita. E, complice un sample vocale dal chiaro timbro cinematografico, “Sottosella” è appunto – a opinione di chi scrive – il vertice dell’album, pura narrazione fitta di immagini in HD.

I quasi ventitré minuti di “Dio si è fatto oggetto” sono l’ennesimo segnale della vivacità che sta animando l’underground italiano con piccoli collettivi – come quello gestito da D.Ratz e Dj Rogo – in grado di esprimere il proprio valore nella totale indipendenza, non sfigurando neppure al cospetto della concorrenza meglio strutturata. E’ per questa ragione che, con le modalità e i tempi a nostra disposizione, cerchiamo di presentarveli un po’ tutti; oltre che per il buon Hip-Hop che stanno proponendo.

Tracklist

D.Ratz – Dio si è fatto oggetto (Stoned Saints Records 2023)

  1. Carl Barks
  2. Bambola di pezza
  3. Chiacchiere
  4. Tartare di uomo [Feat. Enema SDO]
  5. Mayhem [Feat. Zeboh]
  6. Il lato peggiore [Feat. Toni Zeno]
  7. Osimhen [Feat. Dome Flame]
  8. Sottosella [Feat. Montenero]
  9. Titta
  10. Xalatan

Beatz

Tutte le produzioni di D.Ratz tranne le tracce #5 e #7 di Tosses

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