ZotheJerk & Frost Gamble – Black Beach

Voto: 3,5

La storia di ZotheJerk è curiosa e particolare. Si tratta di uno dei tantissimi artisti di cui non abbiamo mai sentito parlare ma attivo da molti anni, le cui prime tracce di notorietà partono nientemeno che dal casting per il famoso film “8 Mile”, occasione nella quale viene notato da Proof dei D12 prima della prematura scomparsa di quest’ultimo. Abbandonata Detroit a causa di un tasso di violenza in incremento e vista la necessità di crescere i propri figli in un ambiente più adatto, Zo trasferisce la sua residenza in Kansas (oggi, invece, risiede in Ohio) e un giorno, durante un’intervista radiofonica, conosce Frost Gamble, un produttore proveniente da Winnipeg, Canada, con cui instaura immediatamente un ottimo rapporto d’amicizia facendo nascere i presupposti per la realizzazione di “Black Beach”, il loro primo album collaborativo.

L’ispirazione per il lavoro, ad ogni buon conto, nasce interamente dalla Motor City, luogo nel quale Zo e Frost hanno trascorso qualche giorno in vista dell’inizio delle registrazioni, in modo da farsi contaminare dalle giuste influenze. Il ritorno alle radici ha ulteriormente caricato l’urgenza che l’mc trasmette nel comunicare i suoi messaggi alla comunità parlando anche per chi è impossibilitato a farlo, è evidente come l’artista tenga particolarmente allo sviluppo di tematiche coscienziose e sociali, ovvero di come intenda utilizzare il suo potere – quello d’usufruire di un microfono per esporre pensieri – per farsi portavoce della condanna delle disuguaglianze e di tutte le ingiustizie che la comunità nera ha sempre subito, ma che l’era dei cellulari-fotocamera e della comunicazione mediatica immediata ha posto definitivamente in mostra dinanzi agli occhi del globo.

Frost si dimostra all’altezza del compito nel fornire un tappeto musicale coerente e cesellando un sound in grado di soddisfare il suo partner, di certo felice di poter selezionare beat realizzati attraverso la strumentazione cara all’era Motown, in particolare grazie ai numerosi sample di archi che contribuiscono a regalare sapori e atmosfere d’annata, oltre a dimostrare in determinate circostanze un interessante tocco nel sequenziare e insaporire differenti campioni che ricordano da vicino le tipiche atmosfere degli anni novanta. In altri casi le sonorità risultano invece maggiormente di stampo moderno, conservando in ogni caso una forte matrice Soul per dare il necessario senso di continuità all’insieme.

Nonostante la tendenza a tornare sempre sul medesimo argomento, ZotheJerk mostra un metodo espositivo creativo, tale da non disturbare la fluidità del disco e trovando peraltro un allineamento tematico pressoché costante con ciascuno dei suoi ospiti. La continua rincorsa sociale della gente di colore è la base su cui poggiano pezzi come “My Negus”, nella quale il protagonista si avvale di Guilty Simpson per esporre strofe dedicate a tutte le persone che non hanno mai smesso di lottare e che hanno trovato la propria strada contando solo su loro stessi nonostante il senso di condanna con cui convivono (<<I was born black baby/by the time I turn 18 I’ll be considered equal/I was told I was an endangered species/treated like feces…>>), facendo emergere rabbia, orgoglio, ma anche un gran sentimento d’unione, mentre opportuni tagli di archi e trombe scandiscono il tutto assieme a una batteria molto gradevole.

“Blaxploitation” omaggia senza esitazioni la musica black degli anni settanta grazie alla commistione tra archi e flauto, Zo incede grintosamente variando bene il suo flow tra una strofa e l’altra, parlando di congiure, differenze di trattamento e di come il bene comune debba andara al di là del colore della pelle, un punto di vista assai maturo che ingloba pure le riflessioni ponderate di “Risk Vs. Reward”, la quale vede la pertinente presenza di Sadat X sopra un beat che trasmette un feeling delizioso, composto da una batteria che picchia duro sotto un loop di archi drammatici e una malinconica tromba che chiude ogni quarta battuta.

La creatività nell’esporre uno stesso tema è dimostrata da passaggi quali “If”: laddove il carismatico Boldy James gioca a fare il gangster minaccioso e spaccone, Zo evoca le figure di Trayvon Martin, Mike Brown e tutti coloro che sono finiti assassinati dalla Polizia, ma l’univoco fine è quello di dimostrare che se le vicende fossero gestite meglio dall’alto potrebbe andare tutto in maniera molto diversa. “Loyal Victims” rimane nel medesimo terreno argomentativo ma usa la metafora del risveglio mattutino per mettersi alle spalle tutto e ricominciare la vita con nuove speranze, molto più suggestivo è però l’approccio della visionaria “Whispers In The Wind”, accolta da una cascata di fiati, nella quale i sussurri delle anime perdute si liberano nell’aria creando un metodo intrinseco su cui costruire altra critica sociale.

Ciò conferma un ottimo livello di scrittura e fantasia, determinante per tenere sempre alta l’attenzione; ne è un chiaro esempio il più che riuscito storytelling di “Mother Of My Child”, pezzo all’interno del quale un protagonista che non ha mai avuto alternative da scegliere – se non la cattiva strada – si ritrova a scoprire l’amore per il frutto della futura gravidanza della sua ragazza, mentre la colossale “Etch A Sketch”, ove chitarra, batteria rotonda e colpi di synth opportunamente posizionati offrono una bomba da repeat istantaneo, vede l’artista giocare idealmente con l’omonimo strumento (si tratta di quella lavagnetta per bimbi su cui si disegna e si cancella pressoché all’infinito) al fine di riprodurre tutti i pensieri che giungono dalla mente senza distinguere impegno e frivolezza, giusto per scoprire fino a che livello ci si possa spingere.

Buona anche l’idea d’interrompere il concept mettendo in campo il brag & boast di “Kill Everything Moving”, purtroppo penalizzata da un beat abbastanza anonimo e dallo scarso featuring di un Tone Chop elementare e persino sgradevole all’udito, unico appunto di rilievo che ci sentiremmo di fare al disco oltre allo stentato funzionamento di “America Made Me”, produzione piuttosto generica nella quale la staticità del ritornello arriva troppo presto a rompere il ritmo energico del pezzo.

Il bilancio conclusivo fa di “Black Beach”disponibile da fine maggio e anticipato da “Axe Somebody“, bonus cut che non figurerà all’interno della tracklist – un album molto interessante, del quale consigliamo l’ascolto per scoprire tutte le qualità positive di ZotheJerk, un mc versatile, competente e altamente motivato, per il quale le intuizioni di un producer col gusto di Frost Gamble comportano una combinazione più che azzeccata.

Tracklist

ZotheJerk & Frost Gamble – Black Beach (22 Entertainment 2017)

  1. Welcome To Black Beach
  2. America Made Me
  3. My Negus [Feat. Guilty Simpson]
  4. If [Feat. Boldy James]
  5. Drunk Roses [Feat. Coko Buttaflie]
  6. Blaxploitation [Feat. Eveready and Young Bleed]
  7. Loyal Victims [Feat. Dustin Davie and Eveready]
  8. Risk Vs. Reward [Feat. Sadat X]
  9. Kill Everything Moving [Feat. Tone Chop]
  10. Mother Of My Child [Feat. Dustin Davie]
  11. Whispers In The Wind [Feat. KXNG Crooked]
  12. Etch A Sketch
  13. Keep Me Safe

Beatz

All tracks produced by Frost Gamble except track #13 co-produced by S.One

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