Intervista a Lucci, Hube e Ford78 (25/10/2019)

A dieci anni esatti dal primo disco dei Brokenspeakers, collettivo che nel suo periodo di attività ha stretto un rapporto indissolubile col pubblico più verace, l’Hip-Hop italiano vive una fase di profonda rigenerazione, abbandonando quell’attitudine hardcore che ha dato a lungo una direzione alla scena nel suo insieme. Nelle parole dei suoi autori, “Unabombersi inserisce in quel vuoto, con sei tracce di rime senza alcun compromesso; abbiamo quindi fatto qualche domanda a Lucci, Hube e Ford78 per inquadrare meglio il loro EP…

Bra: “Unabomber” è il vostro primo progetto ufficiale in trio e segna di fatto un ritorno al passato, al gruppo originario che, unendosi ai Circolo Vizioso (ovvero Coez, Nicco e Franz), darà poi vita ai Brokenspeakers. Come mai proprio ora?
Unabomber: una risposta sincera? Non c’è un perché, è capitato. Ogni cosa ha il suo tempo e forse questo era il tempo di fare questo disco.

B: “Dark side of Shibumi”, uscito un anno esatto fa, anticipa un po’ il vostro nuovo lavoro con la traccia “Unabomber” – da non confondere con la titletrack dell’EP. Che rapporto c’è tra i due “Shibumi” e quest’ultimo, tutti pubblicati in un arco temporale abbastanza ravvicinato?
U: il filo conduttore è dato sicuramente dalle strumentali di Ford, tutti e tre i lavori sono interamente suoi. Diciamo che il lato sereno, triste e pacato di “Shibumi” si è man mano trasformato nel lato oscuro di “Unabomber”, ma in maniera molto spontanea. Personalmente (è Lucci a rispondere – ndBra), a un certo punto volevo anche scrollarmi un po’ di dosso l’etichetta di rapper poetico, che è una cosa davvero insopportabile…

B: in tutti e tre i casi avete optato per il formato breve. A cosa è dovuta questa scelta?
U: al modo in cui purtroppo si fruisce la musica oggi. Le playlist smembrano i dischi e la loro coerenza musicale e concettuale, le centinaia di uscite settimanali rendono i dischi vecchi dopo poco tempo. Abbiamo quindi deciso di essere più rapidi e incisivi.

B: dal punto di vista realizzativo, invece, quanto tempo ha richiesto “Unabomber” e quanto avete lavorato di concerto, fianco a fianco in studio?
U: Ford mandava le strumentali su WhatsApp, Hube buttava giù note audio e Lucci lo seguiva. In un mesetto è stato chiuso tutto. Poi chiaramente abbiamo lavorato tutti insieme fino alla fine in studio.

B: devo confessarvi che ascoltando il disco ho pensato finalmente un po’ di politica… Perché nell’Hip-Hop italiano di oggi mancano troppo spesso delle posizioni chiare in merito alla visione della società, all’antifascismo (o meno), alla storia recente; voi andate controcorrente, vi schierate ma senza essere didattici, pesanti: possiamo dire che è tempo di sfatare il mito secondo cui l’Hip-Hop non dovrebbe parlare di politica?
U: guarda, una cosa che la gente deve tornare a capire è che tutto è politica. Ogni parola, pensiero o azione è politica. Quando abbiamo iniziato e fino a poco tempo fa, non sentivamo l’esigenza di dire delle cose che per noi sono ovvie, perché erano implicitamente condivise dal nostro pubblico. Ora non è più così scontato. Quindi abbiamo fatto un disco Rap, non militante, ma abbiamo messo in mezzo alle classiche punchline di stile anche delle frasi per rendere inequivocabile chi siamo e da dove veniamo. Anche per sfatare questo mito del militante = pesante.

B: non a caso, Lucci e Hube partecipano alla compilation “Epicentro romano 4”, uscita proprio in questi giorni, con un brano che s’intitola “Classe operaia”. Anche qui, ai soliti stereotipi preferite un realismo d’altri tempi…
U: quel pezzo l’abbiamo scritto molto tempo prima di “Unabomber”, in studio in un paio d’ore. Abbiamo capito che alla fine quando rappiamo assieme ci viene ‘sta roba qui, spontaneamente, quindi la lasciamo uscire fuori.

B: a mio parere questa sensibilità verso il sociale, verso quella che Pasolini chiamava la gente vera, è molto più viva a Roma che in altre città ugualmente dotate di una scena così attiva. Voi che opinione avete in merito?
U: non per forza, sai… In parte sì, però senza una coscienza di classe. Più per folklore che per altro, ecco. A volte è un fatto positivo, ma molte altre è limitante.

B: in sei brani complessivi, citate i Sangue Misto un paio di volte. Quanto è importante preservare le radici di questo genere musicale (e della cultura Hip-Hop in generale), invece che guardare al passato con occhio critico, altezzoso, convinti che andare avanti significhi sempre e comunque fare meglio?
U: domanda difficile. Proviamo a rispondere in maniera semplice allora: andare avanti è nella natura stessa dell’Hip-Hop. Giusto e sensato che sia così. Noi però ci siamo innamorati di un suono, uno stile legato agli anni in cui abbiamo iniziato ad ascoltarlo e semplicemente facciamo quello perché ci piace di più. Senza che ciò sia giusto o sbagliato.

B: in “Freddie Mercury freestyle”, il pezzo di Lucci presente in “Brutti ceffi mixtape volume 2” di Dj Ceffo, c’è una barra che dice <<io faccio il Rap, la cosa non mi turba/mica come te che ti vergogni e dici che fai Urban>>; “Unabomber” è appunto un’uscita strettamente Hip-Hop e orgogliosa di esserlo, perciò vorrei sapere da voi quanto è difficile, nel 2019, fare Hip-Hop in Italia senza sbandare in ibridazioni di alcun tipo.
U: è difficilissimo. Anche perché quelli che si lamentano delle ibridazioni, della Trap e dell’auto-tune, magari alla fine si ascoltano roba che col Rap non c’entra un cazzo, mezza poetica, mezze filastrocche… Ma va bene così, ci piace stare barricati nel bunker!

B: al momento, “Unabomber” è disponibile solo in digitale. Ne state valutando anche una versione fisica?
U: assolutamente si! In vinile.

B: artisticamente parlando, muovete i primi passi a ridosso del duemila, quindi avete tutti e tre almeno quindici anni di annotazioni sui rispettivi curriculum. E’ un intervallo di tempo che in qualche modo vi spaventa, che vi fa pensare che il meglio di quest’esperienza sia già trascorsa?
U: la verità? Sicuramente sì. La spontaneità, l’urgenza di comunicare e il veleno che hai a vent’anni non tornano più.

B: e quanto è stato traumatico il passaggio dal collettivo, dai Brokenspeakers, alla carriera (più o meno) solista?
U: tantissimo. Veramente difficile!

B: tornando a “Unabomber”, state programmando un piccolo tour per presentare live l’EP?
U: ci proveremo… Come dicevamo prima, è un progetto abbastanza di nicchia e portarlo in giro non sarà semplicissimo; ma faremo del nostro meglio.

B: e poi? Avete già in cantiere dei progetti futuri?
U: Hube sta preparando un progetto molto grande che uscirà a gennaio e di cui non possiamo anticipare nulla. Lucci sta lavorando al suo nuovo disco solista.

B: spazio libero per tutto ciò che non vi ho chiesto e che ritenete importante dire.
U: ascoltatori mainstream e underground, ascoltatevi la musica, tutta! Non solo i tre nomi che vi appaiono nella home di Instagram: siate curiosi, cercate. E studiate pure un po’ di storia di questo genere, perché è veramente la cosa più fica del mondo!