Ransom and Harry Fraud – Lavish Misery

Voto: 3,5/4 – –

Ricostruendo gli step della carriera discografica di Ransom nel collaborativo “Heavy Is The Head” con Big Ghost Ltd (e dunque non ci ripeteremo qui), accennavamo al fatto che l’mc originario del New Jersey sia giunto a una relativa notorietà – nell’ambito dell’underground, è chiaro – in concomitanza a un potenziale abbandono della scena: per fortuna sia sua che nostra, quella decisione è stata polverizzata da un lustro molto movimentato, che dai duetti con Nicholas Craven, passando per l’ottimo “Coup De Grace” con Rome Streetz, è giunto al qui presente “Lavish Misery” realizzato con Harry Fraud. Dritto, asciutto, venti minuti e ciao, l’EP – non me ne vogliate, ma con queste durate faccio fatica a parlare di album – è la conferma di un percorso che è spontaneamente confluito in quella nicchia, quel filone che si ingrossa ancora a dispetto di ogni previsione (per la verità girando un po’ su se stesso), però portando in dote una personalità, un insieme di competenza tecnica, stile e longevità, che a molti colleghi manca.

Insomma, nei racconti di Randy Nichols la brutalità e l’ambiente sono la cornice, elemento scenografico comune a una moltitudine di titoli contemporanei e non, la qualità delle liriche è tuttavia tale da spiccare in un contesto sovente troppo sbilanciato in favore di chi riesce solo a spararla più grossa degli altri. Rime interne, flow più complessi di quanto sembri, lessico, un tono di voce sempre appropriato; le strofe del rapper sono attrezzate a dovere, dimostrazione empirica dell’abilità rivendicata qua e là lungo il disco. Aggiungiamo una cartella di strumentali coi fiocchi e i giochi paiono chiusi, dato che per Rory W. Quigley vale il discorso fatto qualche riga sopra: sebbene il campionato sia affollato, lui si è spesso distinto grazie a un timbro non per forza assimilabile a quello dei soliti noti, fornendo guizzi interessanti ai vari Curren$y, Dave East, Meyhem Lauren, 38 Spesh e Benny The Butcher (peschiamo da un elenco densissimo). Risultato: otto brani, tutti sotto i tre primi, zero filler, due featuring e un passo costante, lineare, che convince anche senza (tentare di) strafare. Struttura e minutaggio adatti a un track by track.

Si comincia dalla strofa di “Immaculate Conception”, nella quale Ransom la tocca piano e in sostanza si paragona a una divinità del Rap (<<they don’t wanna see Ran win, why go out like a martyr/when haters’ll see you walking on water and say you can’t swim?/Y’all ain’t gonna do a damn thing, ain’t no flaws in my virtue/I’m a first-degree murderer, ain’t no cause for a verse two>>), modestia che emerge in dosi robuste anche nella successiva “Chain Of Command” (<<everything about Ran is a mystery/except my ability, I etch my name out in history/sketch the pain out so vividly, it’s artistry/I paint things horribly and turn my poverty into sovereignty>>), apprezzabile altresì per il riuscito contrasto tra la spocchia del testo e un beat dal taglio melodico, con batterie un filo più moderne. Le trentadue barre di “Matchstick Men” hanno quel quid aggiuntivo di grandezza, maestosità, e la musica de Harry Fraud assume dunque dei tratti più epici, spalancando le porte a un asso che viene calato in prossimità del giro di boa: “Live From The Roxy”, con Boldy James, sigla una di quelle intese che gradiremmo trovassero più larga espressione, nell’attesa ci gustiamo le chiusure a doppia mandata del padrone di casa (<<now I’m the greatest, I say it, never whisper or mumble/I stayed on the block when the stomach of my sister would rumble/through constant repetition and struggle/survived the game without a coach, exhibition or huddle>>) e il bel campione Soul di “I’ll Show You With Love” dei The Young Divines.

La seconda metà di “Lavish Misery” si apre con “The Losses”, un’altra composizione che accompagna con una punta di dolcezza dei toni autocelebrativi mischiati a riferimenti più personali (<<blowing smoke, if whiskey was called a drug we would overdose/know the ropes, ex drug dealer but I’ll say no to coke>>). Promuoviamo anche l’altra partecipazione esterna, quella di 38 Spesh sui suoni più eighties di “Wilson Fisk”, mentre “Eye Of The Storm” si becca una roba di Fraud un tantino meh e non passerà ai posteri di un cammino comunque generosamente dotato di piccole perle. Una delle quali, infatti, è posta proprio in chiusura dell’EP: “AND 1” è ricca di spunti biografici e dettaglia le svolte di un vissuto che dall’esperienza carceraria (<<I been out of prison, they still judgin’ me/was thrown out the system, I went stubbornly>>), a fatica, con dolore e pertinacia, è infine giunto alla maturazione sia professionale che umana (<<meanwhile, I’m tellin’ these youngins watch out for these types/those who left you blind just couldn’t see right/words that are written in braille, they fail to recite/nerves too timid and frail to hail the street life>>).

Questo il resoconto desumibile nello spazio stesso dell’ascolto; che, come detto, scorre e offre un’istantanea apprezzabile sullo stato di forma di entrambi i protagonisti. Il voto non può essere altissimo, considerate la dimensione ridotta della tracklist e la ridondanza del canovaccio; ciò non toglie che il parere sia positivo, in pieno.

Tracklist

Ransom and Harry Fraud – Lavish Misery (Momentum Entertainment/SRFSCHL 2024)

  1. Immaculate Conception
  2. Chain Of Command
  3. Matchstick Men
  4. Live From The Roxy [Feat. Boldy James]
  5. The Losses
  6. Wilson Fisk [Feat. 38 Spesh]
  7. Eye Of The Storm
  8. AND 1

Beatz

All tracks produced by Harry Fraud