Opio and Free The Robots – Sempervirens
La convivenza fra tradizione e innovazione continua a contribuire alla crescita dell’Hip Hop, rendendolo costantemente mutevole ma contemporaneamente conscio delle proprie radici sacre, capace di non cadere nella trappola del porsi sconvenienti barriere che avrebbero solo lo svantaggio di limitare delle potenzialità che la storia continua a dimostrare essere interminabili. E’ questo il pensiero principale evocato dalla fusione di idee tra un esponente della vecchia scuola e un appartenente alla nuova generazione di produttori in grado ridefinire i confini del suono continuando a fuggire da ogni possibile etichetta. Opio, un personaggio di risalto nelle economie di crew leggendarie come Souls Of Mischief e Hieroglyphics – gente che ha fatto la storia della Bay Area, e non solo – incontra Chris Alfaro, meglio conosciuto come Free The Robots, un artista distintosi tra i protagonisti della L.A. Beat Scene, un collettivo di musicisti in grado di miscelare più generi prelevando dal passato ed attualizzando quell’ispirazione fino a far intravedere lucidi sprazzi di futuro.
Questa definizione ha evidentemente stuzzicato l’artista di Oakland, il quale cercava proprio una similare direzione per l’evoluzione della sua carriera solista, e da qui è nata la decisione di ritirarsi in un boschetto della Redwood Forest (che ospita una specie di sequoia chiamata Sempervirens, cui è collegabile il titolo del lavoro) e di far confluire idee provenienti da background differenti restando a debita distanza da qualsiasi tipo di quotidianità, liberando il cervello dagli schemi e ascoltando ciò che l’ambiente aveva da dettare al subconscio. Se dunque il fine ricercato era quello di incidere un prodotto che fosse il più lontano possibile dai canoni tradizionali, la missione è senza dubbio riuscita: il disco è quanto di più atipico si possa immaginare, non presenta singoli di spicco ma piuttosto una serie di tracce il cui filo conduttore esce alla distanza, un magma di inconsuetudini che sperimenta con fantasia unendosi con sorprendente efficacia alla metodica precisione della metrica.
All’interno di questo variegato percorso ci si ritrova in episodi che sembrano non centrare l’uno con l’altro solo in apparenza: vi sono minimalismi come “Stoned Temple Pilot”, che prendono forma attraverso un brevissimo loop di batteria, un piatto filtrato e un synth solo occasionale che Opio riesce a rendere accattivante grazie al suo inconfondibile timbro e alla sua precisione schematica; “Tesla Coil” è un tripudio di synth che evidenzia rime doppie per ciascuna barra e vi inserisce una piccola citazione old school che non si faticherà a riconoscere; “Points Of View” è vincente grazie alla dinamicità della batteria e al furbo posizionamento del basso, mentre il testo evidenzia i numerosi legami figurativi presenti tra le barre e una chiarezza espositiva di prima qualità. La struttura dei pezzi è quanto di meno scontato si possa reperire. In casi come “Loki Drop” il Rap è limitato a un paio di barre per volta, lasciando spazio per la musica e per un cantato che dà un effetto molto Organized Noize al brano, in altri come “Opiopia” è molto singolare il ripetersi tra hi-hat e loop di tromba che vede presenziare rime solo nella prima strofa, cedendo poi il palcoscenico a una serie di dialoghi campionati che accompagnano fino al termine della traccia. Opio è per lo più sistematico nella stesura delle rime e del flow, ma possiede quel carisma in grado di non stancare mai. Lo schema metrico più gettonato è quello degli abbinamenti multilinea, utilizzato anche per strofe intere, ma non sono rare le rime duplici o interne, il linguaggio figurativo è la chiave corretta per interpretare al meglio i pensieri del rapper e da essi s’intuisce il lavoro svolto per rendere differente dal solito ciò che altrimenti apparirebbe scontato (<<from the side of the Warriors and not the Lakers>> è un modo diverso per ribadire le proprie radici senza correre il rischio di confondere un’area altrimenti omogenea).
La versatilità è garantita dalla contemporanea presenza di numerosi giochi di parole, pezzi di puro storytelling da gustarsi in un bar fumoso con una tequila davanti – questo è ciò che ispira l’ottima “Tu Sabes” – e strofe inzuppate di associazioni di idee poste in sequenze vertiginose che richiedono più di un ascolto per essere colte completamente, quest’ultima peculiarità messa maggiormente in mostra su “Fuego”, uno dei pezzi più attraenti anche a livello musicale, grazie alla gustosa combinazione tra flauto e basso. Opio riesce pure ad alzare il tiro in alcune circostanze particolari, vedasi una “Hocus Pocus” particolarmente densa a livello concettuale e descrittivo (<<My mama said that I have poor taste/treatin’ women colder than a Northface/see for me chasin’ women is a short race/my cold nature has more flavours than sourbets>>) ma pure tecnico per come il cambio di flow appena precedente al ritornello si incastra a perfezione al ritmo che sta per giungere, mentre in “Psych Ward” eccelle per come orchestra la metrica su un beat di stampo futuristico, tenendo il tempo in maniera perfetta citando spaccati delle varie problematiche americane, aprendo brevemente la finestra della critica sociale.
Certo, ci sono quei due o tre beat tra il pesantuccio e il macchinoso (“808 State Of Mind”, “Dirt Nap”, “Planet Zod”), ma di “Sempervirens” rimane impressa la capacità di distinzione dalla massa per la sua positiva sperimentazione dal senso compiuto, che trasuda aromi californiani appena percettibili ma perfettamente riconoscibili, potendo nel contempo godere del talento di un lyricist che mai ha deluso le aspettative, né in gruppo e né da solo.
Tracklist
Opio and Free The Robots – Sempervirens (Pinky Up Records 2015)
- Back Seat Ridin’ [Feat. Black Bumple Bee]
- Points Of View
- Stoned Temple Pilot
- Tu Sabes [Feat. Lan]
- 808 State Of Mind
- Opiopia
- Tesla Coil
- Dirt Nap
- Loki Drop [Feat. Black Bumple Bee and Lan]
- Hocus Pocus
- Psych Ward
- Fuego
- Planet Zod
Beatz
All tracks produced by Free The Robots
Mistadave
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