Marlowe (L’Orange & Solemn Brigham) – Marlowe 3

Voto: 4 –

Autentico sconosciuto e molto bravo. Era quanto mi limitavo a dire di Solemn Brigham con riferimento alla sua partecipazione a “The Ordinary Man” di L’Orange, tassello alla base di una collaborazione che non immaginavamo potesse avere un seguito di tale densità. I due artisti, entrambi originari del North Carolina, hanno sviluppato un’intesa che si è innervata in maniera determinante nei rispettivi percorsi musicali: l’uno, da quando è in Mello Music, si è misurato in numerosi duetti (con Stik Figa, Jeremiah Jae, Kool Keith, Mr. Lif, Namir Blade…), ma solo in un caso ha ripetuto l’esperienza per tre volte e dato un nome proprio al progetto; l’altro ha in curriculum quattro prove ufficiali, delle quali l’unica solista è tuttavia “South Sinner Street”. Marlowe, quindi; verrebbe da spendere il singolare: alla sua terza uscita in cinquantuno mesi, con una cadenza – luglio 18, agosto 20, ottobre 22 – che mette in evidenza un metodo, una pianificazione. Fin dal formato, con tracklist poco inferiori alle venti tracce e scheletriche liste dei featuring, l’intenzione è appunto quella di non stare al gioco altrui, bensì di esprimere un’unicità che sboccia all’intersezione tra due individualità già abbastanza marcate.

Una molteplicità di flow, l’interpretazione altrettanto articolata, un ampio spettro tematico, il ricorso a suoni che definiremo per semplicità vintage e le programmazioni sempre originali dei beat: “Marlowe 3” non si accoda a tendenze in corso e scansa catalogazioni troppo esaustive. Per questa ragione, nello spirito più che nell’estetica, è un disco dall’attitudine old school, genuina, spontanea, non imbarbarita dalla forzata competitività della scena né dagli estremismi di una narrazione che tende a gravitare su una certa tipologia di vissuto. Lo spazio disponibile, radente i cinquanta minuti di durata, viene dunque colmato tramite una variegata gamma di sfumature, dall’ironia del primo estratto video “Past Life” (ce n’è anzitutto per l’eccessiva seriosità di molta autocelebrazione: <<I can tell you all about the game and what I found/met a couple gangsters, met a couple more clowns/shown up to the cook but they ain’t ever want cow/all in different ways I’m trying for the same crown>>) fino alla lucida auto-analisi di “Plenty Dreams” (<<Marlowe was a vision, now we like a business/we be dreaming on, but we be thinking different>>); il tutto appagando il gusto di chi, in uno schema metrico come quello di “Royal” (<<third prep what the story is/made a bigger cheque, big flex like the accordion/aiming at your neck, put the name on the board again/it pays to get respect/I done patient sipped, the name ain’t put correct>>), riconosce un importante valore aggiunto.

Al netto delle chiacchiere, il fulcro dell’operazione – in senso lato, considerando la somma degli album pubblicati – risiede nella chimica, nell’affiatamento, nel meccanismo ben oliato: l’interazione tra L’Orange e Solemn Brigham conduce a un amalgama solido, compatto, di quelli che non svaniscono sulla breve distanza. Un brano come “President The Rock” lo dimostra empiricamente, perché tra la strumentale di difficile gestione, i cambi di direzione del Rap – ora serie di rime interne al verso, poi accelerazioni in extrabeat – e il tono leggero di quella che comunque è un’orgogliosa rivendicazione (di credibilità, ambizioni e lavoro), il rischio concreto era che la maionese impazzisse; e invece Marlowe tiene tutto in equilibrio, quasi a premere i tasti delle macchine e far vibrare la membrana del microfono sia in effetti la medesima persona. Una suggestione, certo; che però assume consistenza quando è il turno di episodi che vedremmo a fatica in altre mani: “My People”, la seconda clip, ha un tiro un po’ strano, coi bpm che girano lenti e una combinazione tra basso e liriche capace di sprigionare tutt’altra energia (<<cash rules but it don’t control me/I give it all back for the glory/no co-sign but we on the floor now/they ain’t let us in, had to kick the door down>> è poi la conferma di una visione che ci piace); “Hold The Crown” pesca nel Rock’n’Roll – e ci vuole una buona dose di temerarietà; “Clarity”, con quel timbro dai tratti seventies (che non ho riconosciuto) qui e là nel pattern, è un ulteriore esperimento riuscito.

Ecco, forse è nella sfida reciproca che L’Orange e Solemn Brigham trovano la benzina che alimenta il loro Marlowe, facendolo davvero suonare diverso. Composizioni imprevedibili, che non sfigurerebbero in un disco del solo beatmaker, vengono affrontate dal rapper con intraprendenza, individuando di volta in volta la soluzione opportuna per domarne ogni dettaglio; il risultato, tra barre di oggettiva qualità, ritmi che non passano inosservati, skit che profumano di celluloide, modulazioni della voce che talvolta si avvicinano al canto e uno spirito teso all’intrattenimento, rappresenta un’alternativa per nulla trascurabile alle riproduzioni in serie del mainstream come dell’underground. Motivo sufficiente per consigliarvi di recuperare l’intera saga, approdando infine qui.

Tracklist

Marlowe (L’Orange & Solemn Brigham) – Marlowe 3 (Mello Music Group 2022)

  1. Marlowe Three
  2. Past Life
  3. President The Rock
  4. My People
  5. The Jeweler
  6. Rom Auditions [Feat. Romesh Ranganathan]
  7. Royal [Feat. Blu and Joell Ortiz]
  8. Hold The Crown
  9. Light Trip
  10. Eddy Appetite’s Bulletproof Steering Wheel
  11. Lamelo
  12. Clarity
  13. Godfist [Feat. Deniro Farrar]
  14. Astounding Science Fiction
  15. Heist
  16. The Fall
  17. Plenty Dreams
  18. The Places We Leave

Beatz

All tracks produced by L’Orange

Scratch

All scratches by Trackstar The DJ