L’Orange – The Ordinary Man

Voto: 3,5/4 –

Sebbene sia impossibile risalire con esattezza alle circostanze che hanno condotto L’Orange dalla natia North Carolina fino agli uffici della Mello Music Group in Arizona, un indizio significativo riusciamo forse a rintracciarlo nelle prime due uscite del beatmaker, “Old Soul” (autoproduzione pubblicata in digitale) e l’eccellente “The Mad Writer” (fuori per la tedesca Jakarta): dando un’occhiata alle rispettive tracklist, infatti, si notano subito i nomi di Hassaan Mackey, Has-Lo e yU, potenziali agganci per avvicinare il Nostro alle attenzioni di una label il cui roster si è espanso con costante sistematicità. Ciò che possiamo dire con sicurezza è che si sia trattato di un incontro fecondo, dato che negli ultimi cinque anni abbiamo avuto modo di ascoltare “The City Under The City” con Stik Figa, “The Orchid Days”, “Time? Astonishing!” con Kool Keith, “The Night Took Us In Like Family” con Jeremiah Jae, “The Life & Death Of Scenery” con Mr. Lif e, appunto, “The Ordinary Man”, progetto sbocciato sull’onda emotiva di un terribile biennio trascorso combattendo contro un tumore all’orecchio destro che rischiava di lasciare L’Orange parzialmente sordo.

Caratteristiche comuni a tutti i titoli citati sono la non secondarietà del produttore rispetto ai diversi mc’s che l’affiancano e un timbro musicale più volte definito (e da più parti ritenuto) cinematico per la spiccata capacità di evocare immagini, trame astratte e oniriche innescate da un lavoro che non si esaurisce nella ricerca dei sample e nella successiva programmazione del pattern, bensì prosegue nell’individuazione di un mood preciso, sovente intrecciato a un canovaccio di fondo alimentato in parallelo da spezzoni di dialoghi pescati chissà dove. “The Ordinary Man” rispecchia a grandi linee l’identikit e – nelle intenzioni dell’autore – racconta la progressiva discesa di un illusionista nella pratica delle arti oscure, con tanto di misteriosa sparizione finale di fronte a un pubblico sbigottito; tema, a onor del vero, che non viene raccolto nei brani conditi dal Rap, neppure quando l’abilità nello storytelling di Del The Funky Homosapien e un impianto registico di pregio (non è un modo di dire: date un’occhiata al video) permetterebbero sviluppi più affini al plot suggerito dal protagonista. Poco importa, comunque, perché “Blame The Author” rimane lo stesso un gran bel pezzo e perché del concept, tutto sommato, ce ne frega quel tanto che basta – ossia poco…

Riteniamo invece più interessante esaminare la prova di L’Orange alla luce di un percorso che, a dispetto dei numerosi impegni portati a termine, non ha ancora conosciuto flessioni qualitative, risultato ottenuto in primis grazie a uno stile – un tocco – cui non riusciamo ad abbinare alcuna somiglianza troppo diretta. Considerazione per nulla marginale, dato il luogo comune che vorrebbe l’Hip-Hop – nelle sue formule più tradizionali – impantanato in una profonda crisi di creatività: quel che può valere per figure del tutto sprovviste di talento trova evidenti eccezioni grazie ad artisti in grado di rileggere il passato secondo il proprio gusto, personalizzando ogni beat attraverso elementi di facile riconoscibilità. E’ appunto il caso di L’Orange, distintosi per l’uso di scuri sample Jazz che perfino whosampled stenta spesso a identificare e per delle composizioni dense di dettagli; attributi che ritroviamo intatti nel cupo pianoforte dell’introduttiva “Third Person”, nel tempo sconnesso di “The Everyday Illusion” (le battute, bridge a parte, sono dispari), in quello che d’improvviso cambia andatura di “The Love/Hate Relationship Between Rabbits & Magic”, nei fiati orchestrali di “Parlor Magic” e nei tanti campioni vocali sparsi di qua e di là.

In generale, “The Ordinary Man” ribadisce i pregi di un approccio che convince per esecuzione e risultato, apprezzabile sia nella dimensione strettamente strumentale (dal groove rotondo di “Suspension” ai tanti piccoli tagli di “Anywhere Is Just Everywhere I Haven’t Been Yet”) quanto negli spazi condivisi coi vari rapper di turno, si tratti di veterani (Blu ed Elzhi nell’autocelebrativa “The Difference”, un riflessivo Oddisee in “Look Around”), giovani promesse (il losangelino Koreatown Oddity già accasato alla Stones Throw) e autentici sconosciuti (Solemn Brigham, molto bravo in “Plastic Fame”). Tasselli di un album che magari sorprende un po’ meno dei precedenti “The Mad Writer” e “The Orchid Days”, tuttavia contribuisce ad alimentare una discografia arricchita con instancabile frequenza. Ragione sufficiente per invitarvi a esplorarla nella sua interezza, giacché di roba da sentire ce n’è davvero in abbondanza.

Tracklist

L’Orange – The Ordinary Man (Mello Music Group 2017)

  1. Third Person
  2. Blame The Author [Feat. Del The Funky Homosapien]
  3. The Everyday Illusion
  4. Parlor Magic
  5. The Difference [Feat. Blu and Elzhi]
  6. The Love/Hate Relationship Between Rabbits & Magic
  7. Suspension
  8. Stage Magic
  9. Things Are Just Props [Feat. Koreatown Oddity]
  10. Cooler Than Before
  11. Plastic Fame [Feat. Chuuwee and Solemn Brigham]
  12. Anywhere Is Just Everywhere I Haven’t Been Yet
  13. The Misery Routine
  14. Look Around [Feat. Oddisee]
  15. When I Vanish
  16. Broken Wand Ceremony

Beatz

All tracks produced by L’Orange

Scratch

All scratches by Dj Noumenon