Silla DDR – DDR in Colchide

Nel commentare “Metamorfosi” e “Dioscuri in Tuxedo”, due tra i dischi italiani che ammetto di aver ascoltato con maggior frequenza durante l’ultimo biennio, sottolineavamo come la penna di Silla DDDictator ponesse in equilibrio alto e basso, citazioni parecchio ricercate e cliché dell’immaginario Hip-Hop, narrativa classica e istantanee scattate sui marciapiedi di strade poco amichevoli; aggiungendo al conto l’EP “Pericle in quarantena” e giunti infine a “DDR in Colchide”, possiamo certificare che di Prinz e Lukiddu, moniker antecedenti a quello attuale, non rimanga oramai più nulla: il processo di maturazione artistica di Luca Urciuoli, che non a caso si riferiva a una vera e propria mutazione nell’apporre un titolo al primo disco firmato assieme a Weirdo, è terminato, il suo modo di raccontare sé e il mondo circostante, la sua cifra stilistica e la spiccata personalità esibita danno una direzione molto precisa alle prove rilasciate di recente, collocando sì DDR nell’ambito di una scena underground che guarda senza farne mistero alle principali realtà venute alla ribalta negli Stati Uniti, ma certo non in veste di emulatore.

Basterebbe dire che a scandire la tracklist siano i dialoghi di un vecchio peplum (a rischio cappellata, credo si tratti di “Gli argonauti” di Don Chaffey) o che per “Seoi nage”, primo estratto pubblicato già lo scorso agosto, si sia pescato un sample da “What Am I Going To Do” di Kim Choo Ja (Corea del Sud, 1973) per inquadrare un’uscita che non si premura di spianare la strada all’ascoltatore; cui, al contrario, viene richiesta una sostanziosa dose d’attenzione per sciogliere i nodi più intricati di ogni barra e rintracciare il bandolo di una matassa che a un capo ha mitologia e arte, dall’altro ruvidezza e autocelebrazione – quindi <<faccio ‘sta roba d’istinto, colpi di stinco/sempre distinto, ancora mi distinguo>> sembra un inciso di particolare efficacia. In aggiunta a ciò, il comparto strumentale è per intero in mano allo stesso Silla, novità per nulla secondaria se consideriamo che fino a “Pericle…” non ne avevamo mai saggiato la competenza alle macchine; scelta che amplifica di tanto il carattere identitario di un’operazione gestita con grande meticolosità, omogenea sul fronte del sound e densa di sfumature nella controparte lirica.

Tredici tracce senza intermezzi di sorta per un’andatura costante, monolitica, sorretta da atmosfere notturne, tendenti al malinconico, e rime vergate con inchiostro Skin-kai. Così a cominciare dagli episodi più di pancia e granitici, da “Spartaco” e il suo senso di rivalsa (<<ho grammi sotto il Permaflex/drammi sotto il permafrost/immagino una linea di confine tra di noi, Maginot/quest’era vuole ingoiarmi, adeguarmi o levarmi/è il dilemma del Diavolo: come fai, sbagli>>) alla fruttuosa combo Mad Soul Legacy/Make Rap Great Again, che in “Hermes” avvicenda Blo/B (<<Tiffany a colazione, sneakers da collezione/zitto con la Finanza che fa la Santa Inquisizione/così black, duro puro, faccio dischi d’ardesia/lo sente la tua donna, va in estati, Santa Teresa>> – ribadisco che al momento la corona sia sulla sua testa), DDR (<<chi pensa che per ‘sta merda ci muoia sbaglia, mannaia/muovo la biro quando scrivo, cambio aria/le robe di ‘sti narcos non riesco ad ascoltarle/pedigree per le sedici, Pablo esco barre>>) e Gioielli (<<vorrebbero del Rap da campagna elettorale/ma rappo dittatoriale col vestito sartoriale/metto ‘sto microfono dentro al tuo retto, anale/because I speak the truth, la verità fa male>>). E dunque chi lo ritiene Rap da Liceo Classico – mi è capitato di leggerlo su qualche forum – è invitato a schiarirsi meglio le idee; o, quantomeno, a evitare di diffondere idiozie.

La ricchezza del frasario e dei riferimenti non è infatti da intendere quale un ostacolo; ne è invece il pregio aggiuntivo, strumento grazie al quale è possibile rendere meno ordinaria tanto una descrizione del proprio rapporto con la scrittura (<<‘sta roba è una salvezza, mi comporto come se/lavassi via le colpe, easy come Gore-Tex/…/libri di barre senz’argine/vi vedo in basso, a pie’ di pagina/note a margine>>“Spento”), quanto una deviazione in zona ricordi (<<mi alzo tra cumuli, fra una colonna/i miei scrupoli sempre più piccoli come gli strufoli di nonna/qua è tutto nella norma, ho la giusta vitamina/mors tua, lei mi chiama ancora vita mia>>“Frammenti”). Qualità, inventiva, incastri, featuring selezionati con cura; occorre solo individuare la giusta combinazione tra strofe e suoni e il gioco – si fa per dire – è fatto. Ecco, non dev’essere semplice rinunciare al talento di Weirdo e sobbarcarsi tutta la produzione (mix e master a parte, di Jangy Leeon), decisione che tuttavia appare ben ponderata se il risultato ha il gusto deciso di “Kevlar”, l’elegante timbro Jazz di “Fiori di Medea” e “TUTTO MAIUSCOLO” o la pasta robusta di “Neorealismo”. Composizioni scure, essenziali, rotonde, che nel rifarsi alla scuola east coast degli ultimi anni ne trovano un’interpretazione propria, dando un ruolo cardine alle batterie e campionando microsolchi da rintracciare con un pizzico di fatica.

Al terzo colpo a segno consecutivo, Silla DDR alza la posta in gioco e si conferma tra le certezze del decennio in corso. E allora prendiamo alla lettera la titletrack, che nel chiudere l’album avvisa <<uccido rapper senza mani/ho toccato il fondo, troppa gravità/ho il doppio fondo nell’anima/stasera cena bella carica/DDR in Colchide, ho appena gettato l’ancora>>, e attendiamo fin d’ora le prossime tappe del viaggio.

Tracklist

Silla DDR – DDR in Colchide (No label 2021)

  1. Giasone non fa miracoli
  2. Seoi nage
  3. Spartaco [Feat. Jack The Smoker]
  4. Spento [Feat. Lexotan]
  5. Hermes [Feat. Blo/B e Gionni Gioielli]
  6. Neorealismo [Feat. Creep Giuliano e Montenero]
  7. Kevlar
  8. Yamazaki
  9. Fineo [Feat. Jangy Leeon]
  10. Fiori di Medea
  11. TUTTO MAIUSCOLO
  12. Frammenti
  13. DDR in Colchide

Beatz

Tutte le produzioni di Silla DDR

Scratch

  • Dj Lil Cut: 3, 10