Lewis Parker & Eastkoast – MK Ultra (Operation Hypnosis)
Londra, duemilaquindici. Immaginiamo un vicolo poco illuminato, avvolto dalla nebbia, un’atmosfera misteriosa, circondata da tonalità molto scure. Un luogo dove non c’è anima viva attorno, ma all’interno del quale è bene muoversi con la massima cautela, perché c’è sempre qualcuno abile ad operare nell’ombra creando quell’ansiogena sensazione di pericolo costante. Applichiamo la stessa ambientazione viaggiando mentalmente al di là dell’oceano, in quella New York così rigida nel periodo invernale, dove a cambiare sono solo i dettagli architettonici ma la sostanza è esattamente la stessa e quell’umido senso di allerta in grado di penetrare le ossa è perfettamente comparabile tra le due realtà. Il senso di un’introduzione siffatta è quello di descrivere “MK Ultra (Operation Hypnosis)” come un disco evocativo, capace di costruirsi un’identità dai tratti ben delineati, un album il cui concetto di base nasce dalla spiccata propensione di Lewis Parker verso la produzione di beat dal taglio cinematografico, una considerazione che ingloba tanto gli argomenti di cui si vuol parlare che le scelte musicali messe a punto per accompagnarne lo svolgimento, trovando in Eastkoast un abbinamento idoneo per realizzare i propri intenti.
Parker non è un nome conosciutissimo ed è un vero peccato che non lo sia, nonostante una discografia molto interessante che nella natìa Inghilterra viene considerata con alto grado di rispetto. Dovessimo cercare in qualche modo di individuare la sua produzione la definiremmo come elegantemente polverosa, considerandone l’attingere frequente verso particolari sonorità Jazz abbinate allo squisito gracchiare del vinile di turno e completando il tutto con la sistematica durezza delle batterie, filtrate quanto basta per rimanere in sintonia col mood generale. E’ un’eleganza ben contrastata dalla ruvidità della voce spiccatamente rauca di Eastkoast, mc newyorkese già presente in vecchi lavori di Parker il quale esegue un lavoro più che apprezzabile su tutti i nove brani (escludiamo dal conteggio l’intro) che gli vengono messi a disposizione, nei quali si fa interprete di personaggi che posseggono il minimo comune denominatore della difficoltà nella sopravvivenza in un ambiente svantaggiato avvalendosi di una metrica spesso serrata, che mantiene costante e inalterata la sua precisione tempistica. I primi pezzi in scaletta paiono quelli più adatti a fungere da esempi per avvalorare quanto appena detto: “Hustlin Junkie” si svolge su un tappeto che vede flauto ed oboe coniugarsi in grande armonia, Eastkoast vi confluisce numerose rime interne facendo continuamente combaciare sillabe assonanti tra la seconda e la quarta battuta della barra, vestendo i panni del criminale dei bassifondi pronto a sbarazzarsi di chiunque voglia ostacolare il suo malaffare; “All Or Nothing” è invece l’unico video girato per la promozione e descrive molto bene la figura di un artista che ha perso fiducia in se stesso e vive in perenne bilico psicologico, usufruendo di un rapping spedito e molto ordinato.
L’mc newyorkese dimostra di possedere una certa dose di versatilità, “Bank Robbery” ed “L.A. To New York” sono difatti due episodi nei quali prevale lo storytelling e in ambedue il metodo di scrittura tiene sempre viva l’attenzione dell’ascoltatore, trovando – in particolar modo nel secondo caso – degli epiloghi lontani dall’ovvietà. La stessa “L.A.” tratta il tema portante del disco da un ulteriore punto di vista, dato che si snoda su un sottofondo comune a molti artisti poco conosciuti e costretti a viaggiare in tour per sopravvivere, una direzione tematica cui si indirizza anche in “Mentally Stuck”, dove armonica e flauto creano uno scenario alla Sherlock Holmes, un pezzo che spicca per la perseveranza artistica di un rapper frustrato per la poca esposizione di cui gode in rapporto al talento – spunto ideale per essere condiviso con la personalità di John Robinson. Uscendo dal tema portante non mancano le esibizioni liriche da pura battaglia, ma anche qui di scontato c’è poco, dato che Eastkoast, El Da Sensei e Shabaam Sahdeeq cavalcano un beat votato al Funk anni settanta interagendo di continuo al microfono, un piacevole e semplice tocco di originalità che toglie al pezzo una possibile prevedibilità.
“MK Ultra”, titolo mutuato da una definizione utilizzata per individuare degli esperimenti illeciti della C.I.A. (un’ulteriore accento misterioso più che pertinente al concept generale) è un disco che, a prescindere da quanto d’importante già svolto da Lewis Parker in passato, deve necessariamente porre il medesimo in quel novero di produttori da seguire con particolare attenzione, la ricerca dei sample e la composizione dei beat evidenziano una classe cristallina nel montaggio di lavori organici, in possesso di una personalità ben delineata, che in questo specifico caso rappresentano al contempo un’occasione preziosa per Eastkoast a livello promozionale – opportunità sfruttata in maniera assolutamente appropriata. Un lavoro che, nonostante le critiche molto lusinghiere, è passato quasi inosservato, quindi il consiglio spassionato è quello di recuperarlo ad occhi chiusi e farsi avvolgere dal suo fascino.
Tracklist
Lewis Parker & Eastkoast – MK Ultra (Operation Hypnosis) (KingUnderground Records 2015)
- Intro [Feat. Lewis Parker]
- All Or Nothing
- Hustlin Junkie [Feat. John Robinson and King Malachi]
- Bank Robbery
- Superior MC’s [Feat. El Da Sensei and Shabaam Sahdeeq]
- Eyes Of God [Feat. Sam Hill]
- L.A. To New York
- Mentally Stuck [Feat. John Robinson and Lewis Parker]
- MK Ultra [Feat. Ade Something]
- Prophecy
Beatz
All tracks produced by Lewis Parker
Mistadave
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