Francesco Paura – Slowfood

<<Sicuramente io ho fatto tanti errori/ma li ricordo assieme alle soddisfazioni/le sfide dell’inizio, le mie ambizioni/ho ancora la stessa fame, quella dei leoni>>. Paura apre il suo secondo disco solista così, tracciando un bilancio lucido e intimista che, in un crescendo di synth e archi, si fa sempre più teso, fino a esplodere in un cantato quasi liberatorio (con il contributo di Gregorio Rega) che sigilla, assieme al taglio anni ottanta del beat e all’omonimia del titolo, le analogie con “Drive” di Nicolas Winding Refn. E’ un brano intenso e incisivo, che pone subito in evidenza le differenze tra “Octoplus” e “Slowfood”, distanti nel tempo (ben sette anni), nelle scelte estetiche, ma soprattutto nel carattere più personale che emerge da quest’ultimo.

Si tratta, in effetti, di un progetto maturo in senso lato, nel quale l’mc ci mette letteralmente il nome: quello di battesimo in copertina, quello (e credo sia la prima volta) nella lista dei produttori (il moniker The Jawas cela il duo formato con Daniele Franzese) e quello speso nella realizzazione globale dell’album, dalle grafiche alla promozione di se stesso, data l’assenza di un’etichetta vera e propria. In un periodo nel quale l’Hip-Hop italiano sembra essere tornato di moda, Paura si rifugia nella dimensione individuale chiarendo quale sia il suo punto di vista sulla scena (il calo di sensibilità raccontato in “Non me ne frega” va riferito a un atteggiamento che si maschera negli opposti pur somigliandosi nei fatti) e sulla mentalità di chi dichiara di appartenervi (“Vecchio” prosegue il discorso prendendo di mira l’ottusità di certo purismo), oppure confessando la propria anima nerd in un brano ricco di citazioni come “999 hit combo” e nell’ironia a tinte horror di “Zombie“, con l’immancabile Clementino.

Tutto ciò attraverso un’impronta musicale molto moderna, le cui ibridazioni in chiave Dubstep ed Elettronica, allentate solo in “Sangue e inchiostro” (rievocazione dell’old school partenopea con Sha-One e Speaker Cenzou) e “Figli ingrati”, non intralciano la coerenza e la compattezza di “Slowfood”. Al contrario, i pochi bpm e i bassi violentissimi si addicono particolarmente al flow dell’mc, all’uso di proposizioni molto brevi e alla numerosità delle allitterazioni (<<ora pro nobis, Otis Redding/ora et labora, o ti stendi/standing ovation, o ti arrendi/alle fazioni dei faziosi, ho le mie afflizioni/affezionato alla musica che illumina/al palato dolce come cioccolato>>), a uno stile che si esprime per immagini anche quando i temi si fanno leggeri, dal risveglio mattutino di “Pensieri blu” alla passione per la buona tavola di “Priorità”.

Grazie a un efficace pugno d’idee e alla capacità di innescare collaborazioni che non sono mai di facciata (eppure quella con Ghemon si rivela la meno interessante), Francesco Paura è riuscito a confermarsi un artista eclettico, originale e per nulla incline alle tendenze sguaiate del momento, perfino quando allarga il proprio orizzonte a un sound meticcio; “Slowfood” ha questo e altri pregi (genuine sound and delicious lyrics, come recita l’inequivocabile sottotitolo culinario) che vi invito a scoprire, ancor più se <<ho i capelli bianchi ma non me ne vergogno/ne ho bisogno/per ricordarmi che ho molte armi, oltre agli anni>> è un concetto nel quale cominciate a riconoscervi.

Tracklist

Francesco Paura – Slowfood (No label 2013)

  1. Drive
  2. Pensieri blu [Feat. Danjlo]
  3. Non me ne frega
  4. Zombie [Feat. Clementino]
  5. Automi
  6. Sangue e inchiostro [Feat. Sha-One e Speaker Cenzou]
  7. 999 hit combo
  8. Priorità
  9. Figli ingrati [Feat. Ghemon]
  10. Apocalypse now [Feat. Raiz]
  11. I tempi cambiano [Feat. MadBuddy e Rocco Hunt]
  12. Vecchio

Beatz

  • Reka Kawashima e The Jawas: 1
  • The Jawas: 2, 6
  • Dj 2P: 3
  • Dj Tayone, Blatta e Dj Inesha: 4
  • Amon: 5, 9
  • Goldentrash: 7
  • Ceri: 8, 12
  • Retro Handz: 10
  • Pijei Gionson e The Jawas: 11

Scratch

  • Pijei Gionson: 5, 11
  • Dj Snatch: 6
  • Dj Uncino: 7
  • T-Robb: 8