Bushwick Bill – Little Big Man
Nel momento di picco della loro fama, i Geto Boys furono assai temuti dall’America benpensante, genuinamente terrorizzata dal forte contenuto esplicito dei versi della band di Houston (Texas), nei confronti della quale l’Hip-Hop statunitense del versante meridionale si ritrova in perenne debito pionieristico. Attivi da tempo immemore nella scena locale e cresciuti esponenzialmente a seguito delle pubblicazioni di “Geto Boys” e “We Can’t Be Stopped”, rimasero anch’essi intrappolati nella precarietà già sperimentata da altre crew prese da egocentrismi, dispute monetarie e gelosie, portando i Nostri allo scioglimento o alla mutazione del progetto iniziale. La fotografia di questo momento di crisi vede Scarface già lanciato verso lo status di leggenda dello storytelling gangsta e Willie D prendere una strada momentaneamente solitaria (verrà brevemente rimpiazzato nei Geto da Big Mike, per poi rientrare nei ranghi), la Rap-A-Lot decide allora che si tratta dell’occasione giusta per lanciare l’esordio solista di Bushwick Bill, un personaggio che ha sempre attirato una discreta curiosità.
Affetto da nanismo sin dalla nascita e noto per un comportamento spesso autolesionista e incontrollabile, Bill non ha mai rappresentato l’elemento di spicco del gruppo a livello lirico ma è sempre stato prezioso nel bilanciare la pacata classe di Face e la furiosa grinta di Willie, tant’è che “Little Big Man”, contro il quale molte recensioni al tempo si accanirono, al di là di alcune considerazioni oggettive non risulta affatto così scarso come si volle far intendere. Possiamo senza dubbio essere tutti d’accordo nel sostenere che ampiezza tematica e portafoglio lessicale non appartengano al top della gamma qui proposta, tuttavia bisogna considerare che l’aspra rudezza di questo tipo di uscite ne rappresenta in parte il fascino, che quando ci si discosta dalla ripetizione concettuale la positività dei risultati aumenta esponenzialmente, nonché constatare che il lavoro del team di produzione della Rap-A-Lot è assolutamente vincente.
Il mondo psicotico di Bill ne riflette inevitabilmente la sofferenza derivante dalla propria condizione, innescando un costante sentimento di acre rivincita nei confronti della vita, emozioni che giungono attraverso immagini orrorifiche, atteggiamenti vili e misogini, oltre che da un continuo bisogno di evidenziare come la statura non impedisca di ottenere determinati traguardi. Anche le liriche più nonsense sono originate dalla rabbia di dover fare i conti con una realtà che appare scomoda ogni giorno della propria vita, alimentando una cattiveria appesantita dalla poco simpatica aggiunta di provenire da uno dei posti più marci che gli Stati Uniti possano vantare. Non a caso, si viene introdotti all’ascolto da un’atmosfera ostile, un botta e risposta con una voce esterna che recita la parte dell’avvocato del Diavolo e ostacola ogni intenzione di Bushwick, cercando di sminuire la sua lotta contro il disagio. Ed è proprio quella lotta a fornire il punto forte di tutto il discorso.
“Ever So Clear” non è nientemeno che un pezzo classico, di caratura immutata nel tempo, il racconto dell’incidente all’occhio che ha cambiato per sempre le prospettive di un personaggio sì violento ma capace di fermarsi a riflettere sul proprio operato, sui demoni personali, sul suo senso di emarginazione e abbandono. <<And the doctor said I wouldn’t make it through the night/but God told me everything is gonna be alright/and I’m glad that I’m here, gee/but it’s fucked up I had to lose an eye to see shit clearly>>: pensieri espressi su un beat quasi commovente, una grande prova di lucidità. Tale traccia funge da ideale spartiacque tra le due ideali fasi dell’album, diversamente bilanciate a livello creativo. I concetti dei primi sei pezzi non sono nulla di particolarmente complicato: “Little Big Man” sceglie l’autocelebrazione colorita da qualche passaggio di patois giamaicano, “Call Me Crazy” ammonisce sulle poco piacevoli conseguenze nello schernire un nano armato, “Stop Lying” si prende gioco dei fenomeni che si bullano di imprese sessuali mai compiute. La struttura metrica è molto semplice e prevede rime quasi esclusivamente in coppia, il linguaggio è prevedibilmente rozzo e qualche testo lascia a desiderare: episodi come “Don’t Come To Big” risultano pasticcioni e talvolta banali a livello strutturale (<<It’s Bushwick, to you Mr. B/talk that he got his shit, now I’m put ya out your misery/yeah that’s right, step the fuck back/and don’t be callin’ me no motherfuckin’ Bushwack/it’s Bushwick, you dick-suckin tricks/I oughta kick your ass ‘cause your brain don’t click>>), mentre in casi come la sinistra “Chuckwick”, seconda puntata dell’impersonificazione della nota bambola assassina, così come nella musicalmente coinvolgente “Take ‘Em Off”, la scrittura evidenzia tratti lacunosi.
La seconda metà del disco varia il registro produttivo tralasciando il frequente uso dell’organo senza perdere un solo grammo di consistenza ed è molto più apprezzabile della prima a livello argomentativo. Già detto della bomba “Ever So Clear”, è possibile reperire pezzi critici e stesi in maniera creativa, proprio come indicato dalle teorie complottistiche di “Letter From KKK”; l’acume nel sapersi muovere nelle strade sta alla base di una “Dollars And Sense” baciata in fronte da un’astuta convivenza tra due segmenti della nota “Funky Worm”; “Copper To Cash” lega la folgorazione per l’Hip-Hop all’ascesa alla notorietà in un eccellente esempio di mix e sovrapposizione di sample black anni ’70 perfettamente sincronizzati, con la chicca del ritornello graziato dal loop di chitarra della “For The Love Of Money” degli O’Jays e l’interpolazione del coro della medesima.
Tirando le somme, “Little Big Man” non sarà una pietra miliare, avrà pure i suoi alti e bassi lirici, ma è forte di una produzione molto equilibrata e per l’epoca rinfrescante, intelligente nel diversificare le anime del disco mantenendo nel contempo pochi e tuttavia significativi legami con la tradizione. Ad opinione di chi scrive, rimane un’operazione cui rimarrà inevitabilmente appiccicata l’etichetta del liquidato troppo in fretta, ma in concreto si rivela sempre assai gradevole da riscoprire.
Tracklist
Bushwick Bill – Little Big Man (Rap-A-Lot Records 1992)
- Intro
- Little Big Man
- Stop Lying
- Call Me Crazy
- Chuckwick
- Don’t Come To Big
- Ever So Clear
- Copper To Cash
- Dollars And Sense
- Letter From KKK
- Take Em’ Off [Feat. MC L]
- Skitso
Beatz
All tracks produced by James Smith and co-produced by Crazy C, Roland, Goldfinger and Mike Dean
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