Posted 22 February 2007 by Mistadave in USA

Boogie Down Productions – Sex And Violence

Voto: 4,5

Nel 1992, anno di pubblicazione dell’ultima fatica targata Boogie Down Productions, l’Hip-Hop è dominato dai toni gangsta e i valori fin qui preminenti si stanno perdendo per strada: contano oramai più i soldi, il potere, le pistole, il sesso e il numero di dischi che si riescono a vendere; il genere sta diventando sempre più un fenomeno di massa, c’è chi ne abusa, chi continua a sorreggerlo, chi alimenta guerre senza senso tra est e ovest. Tuttavia, c’è anche chi si è stufato della situazione e ha deciso di uscire ancora una volta allo scoperto, ricordando come e perché sia nato il movimento, quali siano le sue basi e quali gli scopi. Non si sa se sia una battaglia persa in partenza, davanti ai soldi facili l’attrazione è sempre forte per i novelli rapper, ma KRS-One ci prova lo stesso, sicuro di riuscire comunque ad aprire un varco nei cervelli dei fratelli persi e quantomeno, in un conflitto intrapreso solo contro quasi tutti, ottenere il risultato di farli fermare a riflettere per un istante.

Quello che abbiamo appena espresso, altro non è che il concetto sui cui poggiano le fondamenta di “Sex And Violence”, un disco molto significativo per il contesto in cui venne registrato, segnò però anche l’inizio della fine del progetto Boogie Down Productions, diviso dai rapporti sempre più tesi tra Kris, l’ex moglie Ms. Melodie, D-Nice e gli altri, rimaneggiando il gruppo ai fidi Kenny Parker e Willie D. L’attacco del teacher dell’Hip-Hop è come al solito diretto e frontale, gli elementi che sorreggono la moralità del Rap emergono fin da subito, dato il rischio di essere presto soffocati dalla massa; la stessa fine che rischia di fare il dj della traccia introduttiva, che si trascina in fin di vita alla ricerca di un simbolico vinile per poter continuare a miscelare i suoi beat. La prima lezione di stile arriva con “Duck Down”, dove ai signori che si atteggiano quali falsi duri dal primato in classifica viene ricordato che tale posto non è necessariamente sinonimo di onnipotenza e che il possesso di intelligenza e knowledge superano di gran lunga l’attrattiva per un portafogli rigonfio (<<I don’t battle to lose or win/I battle to ruin your whole career, yo, watch what you doin/…/you ain’t shit, you never was shit/so I spit, on your number one hit, now quit!>>).

Chi ha dunque voglia di confrontarsi con Kris è ben accetto, ma sappia che il risultato sarà la fuga o la sconfitta. La sfida è lanciata anche nelle parole introduttive di “Like A Throttle” (<<you wanna test me, are you stupid?/Gotta be out of your fuckin’ mind/KRS-One is the Don, seen?/Come down Kenny Park – ah!!>>), proprio mentre parte come una bastonata la base confezionata da Kenny Parker stesso, fatta di una linea di basso marcata e una piacevole chitarrina Funk in secondo piano. Il tema dei soldi facili continua con “Drug Dealer”, dove Kris offre delle soluzioni alternative ai re della strada, quegli spacciatori che ogni giorno regalano la morte ai loro fratelli spingendoli a organizzare collette per aprire scuole, strutture sanitarie e qualsiasi cosa possa servire a evitare la fine precoce della loro vita e dei loro clienti. La varietà di temi si estende alla Chiesa con “Poisonous Products” e la sua celestiale base, tocca tutte le fandonie propinate da radio e televisione nella titletrack, cita episodi molto controversi come in “Say Gal”, nella quale il Maestro si scaglia contro quelle ragazze che prima provocano e poi subiscono una violenza, andando a varcare un confine forse troppo sottile per una persona come lui, che fa della moralità uno dei capisaldi permanenti (“13 & Good” tratta un tema simile, ma il tutto è articolato su una storia ben ingegnata). E siccome alle controversie il Blastmaster è sempre stato abituato, ecco un altro sassolino che si toglie dalla scarpa con “Build & Destroy”, risposta alle polemiche on wax ai danni di Kris stesso promosse al tempo da Poor Righteous Teachers e X-Clan, come dimostrano linee tipo <<in my face you’re happy, on vinyl you’re mad at me/yo, pro-blackness is your solution/but I don’t really know about that style you using yo/too many teachers in the class spoil the class/after awhile you got blabbering fucking fools>>.

Dal lato musicale, la produzione è ottima, si sente il tocco di Prince Paul in alcune tracce, oltre al fondamentale lavoro di assemblamento e mixaggio operato anche da KRS in persona. Tra le basi più belle è doveroso citare la memorabile e punitiva “Duck Down”, la rilassante “13 & Good”, dove prevalgono le tastiere, la potentissima “We In There”, un inno vero e proprio, la complessa titletrack, senza dimenticare il caro Reggae dell’introduttiva “The Original Way” e la già citata “Say Gal”. Da segnalare anche “Ruff Ruff”, in compagnia dell’aggressivo Freddie Foxxx, e l’originale “Question And Answers”, dove Kris intervista se stesso rispondendo su argomenti a lui cari, dando nel contempo dimostrazione dell’innata capacità di abbinare parole e rime complesse senza mai lasciare nulla al caso, imprimendo un significato più o meno profondo in ciò che dice, anche quando non sembra che ce ne sia uno. Al tempo, seppur apprezzatissimo dai fan della BDP, l’album fu una delusione commerciale, fatto che probabilmente aumentò il senso di fastidio e frustrazione che KRS-One ha sempre provato nei confronti dei colleghi irrispettosi delle loro radici; tuttavia, un disco non deve mai essere considerato e valutato per le sole unità che ha venduto, va analizzato, sentito, capito: seppure soffra di pochi passaggi infelici (le ultime tre tracce, ad esempio, potevano tranquillamente essere escluse), “Sex And Violence” è l’ennesimo trattato di Hip-Hop e di vita, l’ennesima dimostrazione che il filosofo è attento e vigile nei riguardi della purezza di quel genere che ci piace tanto. E se ci piace tanto, il merito è anche di dischi come questo.