Westside Gunn – Still Praying
Alvin Lamar Worthy, ai più noto come Westside Gunn, oramai è diventato un po’ come quei ristoranti in cui, vuoi per affetto o per necessità, uno ci finisce a cena almeno un paio di volte al mese. Uno di quei posti sicuramente non stellati, ma in cui in genere si mangia bene; e se una volta ogni tanto la pasta è un filo scotta o il piatto manca di sale, pazienza: la settimana prossima, o al più tardi quella dopo ancora, ci tornerete comunque. Ecco, con gli album di Westside Gunn – ma, più in generale, il concetto può essere esteso al sempre più ipertrofico catalogo griffato Griselda e diramazioni varie – funziona più o meno alla stessa maniera. Un po’ per la frequenza con cui i Nostri sono soliti inondare di presenze (a volte anche solo annunciate con larghissimo anticipo) il mercato discografico, un po’ per la reputazione che si sono abilmente costruiti negli anni e che, in tempi in cui il fattore identitario è pura rarità, consente loro di vivere di rendita. Che è poi quella cosa che ci riporta di volta in volta a tendere l’orecchio e premere play senza pensarci su troppo; anche quando la puntata precedente ci aveva lasciato con un po’ d’amaro in bocca. E questo era appunto uno di quei casi.
“Still Praying”, lo diciamo subito, si esprime però su lunghezze d’onda opposte a quelle che scandivano il singhiozzante “And Then You Pray For Me”. A partire da una tracklist che già prima dell’ascolto – non che ci volesse molto – si annunciava ben più digeribile. Quattordici tracce (intermezzi inclusi), solo una manciata di comprimari al microfono (che, sebbene il padrone di casa non sia neanche un lontano parente di Rakim, non è un male dopo l’ammucchiata di cui sopra) e, più di tutto, una coerenza estetica che, come nelle migliori occasioni, non scivola quasi mai al di fuori dell’intervallo di confidenza. E, piccola (ma neanche troppo) nota a margine, per chi non dovesse sopportare il blaterare di Dj Drama, esiste anche la versione epurata dalla sua presenza…
E quindi? A poco più di quattro anni dal suo primo non ritiro, il boss di casa Griselda ci riporta a quelle atmosfere che ne avevano sancito l’ascesa. E ne siamo tutti felici. “Still Praying” si colloca, nell’idea e nel suono, tra gli “Hitler Wears Hermes” che hanno scandito il periodo compreso tra “FLYGOD” e “Pray For Paris”. E poco importa se le sue strofe siano il consueto compendio di cronache di strada impaginate come dei tweet; reminder del suo conto in banca e del suo guardaroba; associazioni di pensiero liberissime e quintali di orpelli ricavati da quella baggianata nota come wrestling; e poi doot-doot-doot-doot – il tutto funziona!
Dopo il doppio intro (“Waly Fay” e “Justin Roberts”), “Beef Bar” evoca istantaneamente i tipici sentori griseldiani. Alle macchine si presentano Denny Laflare e Statik Selektah, che stendono un pregiato velluto onirico sopra il quale il Flygod fa un po’ tutto quello che abbiamo elencato qualche riga fa. Alla fine, c’è qualcuno che lo ascolta per le liriche? Dai, appunto. La stessa coppia di producer arreda anche la successiva “Max Caster”: il pantone è diametralmente opposto, il mood ben più spigoloso, ma il marchio Griselda si vede anche con i timpani. E Laflare, in solitaria, cura pure la tela della brevissima “Runway Pieces At The Last Supper”, il consueto momento dal titolo assurdo che quasi nulla ha a che fare col tema del pezzo, se non per l’onanismo lirico di Westside Gunn che apre le danze col più irriverente dei paralleli (<<shit right here it’s like Leonardo Da Vinci/it equates to being ahead of your time/see, if you do your research/you know, Da Vinci was tryin’ to fly before anybody/I’m tryin’ to paint the picture/I’m talkin’ artist of the century/see the similarities?>>). E, anche senza dire molto, su strumentali come quella di “Duran Duran” il suo timbro è pressoché perfetto.
Per trovare un filo in più di consistenza verbale tocca arrivare quasi alla fine dell’ascolto, con la doppietta offerta dalla trionfale titletrack e da “Underground King”, la prima col roster di famiglia al completo – ci sono Conway e Benny con Boldy James e Steve God Cooks, perciò preparatevi – e la seconda al fianco di Rome Streetz, altro nome divenuto nel tempo marchio di garanzia. Ma, come già detto, l’attesa in questo caso non è mai un problema, perché a vincere in “Still Praying” è quella polverosa estetica che speriamo sempre la puntina riesca a evocare dai suoi dischi. Quella che al prossimo giro ci riporterà comunque ad accomodarci al medesimo ristorante, sì, ma con un ricordo migliore della volta precedente.
Tracklist
Westside Gunn – Still Praying (Griselda Records/Roc Nation Distribution 2024)
- Waly Fay
- Justin Roberts
- Beef Bar
- Max Caster
- Dr. Britt Baker [Feat. Brother Tom SOS]
- I Know Verdy
- Speedy 40
- Duran Duran
- Runway Pieces At The Last Supper
- Bike Air Interlude
- Free Shots [Feat. Conway The Machine]
- Still Praying [Feat. Conway The Machine, Stove Jesus, Boldy James and Benny The Butcher]
- Underground King [Feat. Rome Streetz and Westside Pootie]
- Lasalle Station
Beatz
- Denny Laflare: 1, 2, 9
- Denny Laflare and Statik Selektah: 3, 4
- Dj Muggs: 5, 10
- Crucial Guillotine: 6
- Daringer: 7
- JR Swiftz: 8, 14
- Conductor Williams: 11
- Camoflauge Monk: 12
- Rami.B: 13
li9uidsnake
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