Vinnie Paz – God Sent Vengeance
La premessa è essenziale e va costantemente anteposta, pur considerando la mia natura di fan incallito – alla quale non mi sottraggo – del nostro siciliano di Philadelphia; non per questo, infatti, si rinuncia all’inserimento di un equilibrato bilancio tra fattori soggettivi e oggettivi nelle valutazioni dei suoi lavori, evitando accuratamente il groupismo gratuito, dato che nulla, qui dentro, dobbiamo a nessuno. E allora al ragionamento che conduce al punto da sostenere appartengono considerazioni quali la ferrea dedizione al mantenimento incondizionato del versante più grezzo della Cultura, aspetto per il quale Vinnie Paz ha idealmente collezionato una cifra incalcolabile di statuette, poi la longevità di quanto ha saputo offrire nell’arco di un quindicennio che, a personale modo di vedere, nessun altro ha saputo eguagliare proporzionalmente tra numeri e risultati, mettiamoci infine pure il solito, precauzionale ammonimento: la disposizione dei pezzi sulla scacchiera la decide lui, per il resto ci si adegua e basta. Messo in chiaro ciò, procediamo.
Paz ha lasciato chiaramente intendere di non voler abbandonare delle linee guida oramai incastonate nella sacralità, pertanto cosa si trova in ciascun suo progetto lo si deve conoscere a priori, tracciando così una netta linea di demarcazione tra chi sente l’adrenalina salire a ogni suo accenno d’incontrovertibile hardcore e chi non è nemmeno lontanamente attratto dal programma, preferendo cambiare subito canale. Noi restiamo dunque sintonizzati con grande attenzione e piena consapevolezza dell’assenza di possibili rivoluzioni, tant’è che la metodicità del rapper trova conferma anche in occasione della chiusura della trilogia dedicata alla figura divina, “God Sent Vengeance“, la quale condivide il filo conduttore rappresentato dalle immagini di copertina, che ritraggono riferimenti all’Islam in scatti in bianco e nero, nonché una struttura che eguaglia fedelmente i diciotto pezzi delle due sortite precedenti, racchiundendoli negli oramai canonici sessanta minuti di viaggio.
Una combinazione di elementi che persevera nel suo funzionare senza però rappresentare una formuletta da ripetere furbescamente, per quanto la struttura lirica e le idee nelle selezioni melodiche vadano tutto sommato a riproporre quanto già ascoltato in passato. Ciò che fa la differenza è il come: quella carismatica e ruvida voce, quei testi mai sazi di violenza fisica e verbale, trovano infatti una nuova e perfetta convivenza con l’ennesima cartella di beat impeccabile, attestando un orecchio stupefacente per il netto spessore esibito nei confronti di un panorama generale che, non lo sosteniamo certo da oggi, si è fatto stagnante. Come faccia Vinnie a ottenere simili traguardi utilizzando la solita, abbondante dozzina di produttori – alcuni dei quali mai sentiti prima – riuscendo a creare l’ennesimo disco musicalmente coerente e massiccio, lo sa solo lui: certo, l’atmosfera di alcuni pezzi potrà non essere una novità, ma altrettanto sicuramente la maggior parte degli operatori alle macchine ha saputo soddisfare il compito di scovare campioni originali, in grado di fornire un misterioso misticismo di stampo quasi cinematografico – a continua conferma che, per sopravvivere negli anni, l’epica di Stoupe sia stata tutt’altro che essenziale.
La prova lirica di Vinnie si affida a elementi più che noti per erigere le sue tematiche, mantenendo uno stile ora ricco di pause tra barre, altrove scorrendo su un flow più fluente, fruendo di volubili misure metriche le quali suggeriscono una maggior freschezza per una scrittura che, in altri casi della trilogia, era parsa a tratti ripetitiva. Tranquilli, non che si parli di argomenti diversi dal solito, alla fine ci si affida pur sempre a metodi di tortura, cecchini in azione, scenari bellici metaforicamente punitivi contro chiunque voglia infastidire, furia divina e infiniti riferimenti religiosi – peccato manchino le classiche storie che Paz ha già regalato in passato, nei suoi pezzi più sensibili – esibendosi su un tappeto sonoro che sa coniugare tradizione e modernità, stavolta rinunciando in toto alla già accennata sperimentazione. L’aspetto migliorativo più evidente risiede nella gestione dei ritornelli, non di rado canticchiati da lui medesimo offrendo una gradita variante alla monotematicità timbrica delle strofe: non a caso, è questo il valore aggiunto di un eccellente episodio come “Perfect Enemy”, nella quale il coro riesce a dare ancora maggior profondità all’aura fatalista creata dalle cuciture melodiche di C-Lance, alla pari di “Heavy Chains”, unica situazione leggibile in chiave esplicitamente attualizzata, idonea alla raffigurazione della sofferente frustrazione manifestata dal testo.
Nonostante gli ospiti esterni abbiano sempre costituito una caratteristica essenziale per l’apprezzamento degli album di Vincenzo, si riscontra una loro partecipazione stavolta leggermente più diradata, lasciando un maggior peso a un attore principale che non mostra particolari problemi nella sua capacità di trasporto. Particolarmente centrata è l’assistenza alle macchine fornita da Evidence su “Two Knights Forced”, per la quale lo Step Brother architetta un beat impostato su un loop univoco che funziona particolarmente bene per via del suo tipico clima dopato, sopra il quale il Rap si svolge su linee spezzate da pause ben adattandosi al mood complessivo. “Head Of David” è un pertinente singolo di lancio costituito da gradevoli quartine ancestralmente simboliche, disposte su rime multiple (<<yeah, face the totems and sacred oceans/nascent omens and ancient Romans/the grace of Odins, the great Samoans/the gates is open, the great erosions>>), essenziale ma deliziosamente polverosa e gracchiante. “Rafiki Books” invoca sonorità arabeggianti martellando per bene con la sezione ritmica e – che dire? – “Shepherd’s Rod” è semplicemente una meraviglia (Hobgoblin continua nel suo guadagnare punti di stima), sontuosa, estatica e contemporaneamente aggressiva (<<I had to slap a couple rappers/you stupid, homie, you hustle backwards/you slippery over a hundred dollars/victory has a hundred fathers>>), un’apertura coi fiocchi che se ne va dritta nei greatest hits del Nostro.
I featuring sono ancora una volta consoni e coerenti all’attitudine tematica esposta; la resurrezione dei Faraoni, “Battle Scars”, entusiasma il giusto, nel senso che li abbiamo sentiti passarsi il microfono su beat migliori ma basterebbe comunque la strofa di Apathy a promuovere di netto il brano, nonostante altri non siano a quel livello; “Wings Of Azrael” ammalia con corde, violini e spezzoni di sample vocali, territorio succulento per la meritata esposizione di un rapper bravo ma sottovalutato come Napoleon Da Legend; “Sacrificio (De Muerte)” porta onestamente a termine il compito di trasmettere ostilità con quella tensione che si taglia a fette, grazie anche all’accoppiata vincente tra Vinnie e Sick Jacken; euforica è altresì la reazione per “Megaton Swords”, con un Cappadonna appena sufficiente, su un beat esplicitamente Wu-Tang che vabbe’, non è originale (che vi aspettavate da un producer chiamato Mighty Healthy?) ma fa immediatamente saltare dalla sedia; infine, il rinnovato triumvirato con un finalmente rinvigorito Ill Bill (sembra tornato quello dei bei tempi) e Lord Goat, tutti onorevoli fautori della vincente “Acid Teeth”, e il clima da rissa che sussiste in “All Guns Full Ammo” (Sticky Fingaz sembra in acido…), sono altri passaggi su cui si ritorna più che volentieri.
Ulteriore prova da aggiungere alla collezione, al di là dei suoi indiscutibili limiti, “God Sent Vengeance” non pretende di riscrivere la storia e la sua valutazione potrà essere divisiva, ma arriva con la stessa potenza di un toro in una cristalleria che mira alle costole di chi vuol danneggiare le credenziali della Cultura: poter godere ogni anno di un disco così, che offre altri sessanta minuti d’intrattenimento continuo, non fa che aumentare la gratitudine verso un personaggio che merita ogni grammo di affetto che gli viene riservato.
Tracklist
Vinnie Paz – God Sent Vengeance (Iron Tusk Music 2025)
- Abudadein (Intro)
- Shepherd’s Rod
- Two Knights Forced
- Bulldozer [Feat. Young Buck]
- Head Of David
- Acid Teeth [Feat. Lord Goat and Ill Bill]
- Timetravel_0
- Megaton Swords [Feat. Cappadonna]
- Rafiki Books
- Perfect Enemy
- Battle Scars (Pharaoh Overlords) [Feat. Army Of The Pharaohs]
- Chico’s Bail Bonds
- All Guns Full Ammo [Feat. Onyx]
- Sacrificio (De Muerte) [Feat. Sick Jacken]
- Heavy Chains
- Wings Of Azrael [Feat. Napoleon Da Legend]
- Mao’s War On Sparrows
- Noise Drug [Feat. Boob Bronx and Recognize Ali]
Beatz
- C-Lance: 1, 10, 13
- Hobgoblin: 2
- Evidence: 3
- Stu Bangas: 4
- Peter Punch: 5
- Danny Caiazzo: 6, 11
- August Fanon: 7
- Mightyhealthy: 8
- Sam Seed: 9
- Vago: 12
- Relense: 14
- Endorfinbeats: 15
- Appetite: 16
- Ill Tal Beats: 17
- The Custodian Of Records: 18
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