Vince Staples – Vince Staples

Voto: 4 +

Credo che Vince Staples non abbia mai avuto una vera comfort zone. E credo di potermi sbilanciare dicendo che ciò non cambierà neanche in futuro. Non c’è mai stata alcuna ricerca di comodità celata sotto quella sua calma (solo) apparente; figuriamoci, quindi, se può mai essercene dal momento in cui decidi che in bella mostra ci sarà la tua carne viva o, nel migliore dei casi, il marchio permanente delle tue cicatrici. Qualcosa, però, nei suoi modi è cambiato in questi anni.

Agli inizi, Vince era una figura dal Rap draconiano; impassibile e gelido a prescindere dal peso delle immagini che le sue barre sguinzagliavano. Quei rivoli di violenza assorbiti per osmosi sin dalla più tenera gioventù nel norf di Long Beach, là dove ci sono le bestie (come rappava lui stesso chiudendo, nel lontano 2013, una delle strofe tutt’ora più brutali della sua carriera nella cupissima “Hive” con Earl Sweatshirt – la ricordate? <<Quit with all that tough talk/bro, we know you niggas ain’t about shit/come around, we gun ‘em down/bodies piled, Auschwitz>>), li esibiva con disinvoltura. Quasi come fossero uno scintillante distintivo. Con quella vocina da cartone animato, perennemente avvolta dal buio.

Arriviamo però a oggi. Certo, la vocina è la stessa. Il cinismo e la scioltezza nello scivolare da un epitaffio a un’aspra battuta, idem. E’ quel buio a essere invece un po’ meno fosco, anche se la fonte di luce non è proprio quella che uno si aspetterebbe. Vince ha maturato la capacità di confezionare in una carta nostalgica e spesso quasi solare anche quelle vecchie storie da cui i rapper che hanno seguito il più tradizionale percorso di formazione sono soliti divincolarsi dopo aver incassato il primo assegno a cinque o sei zeri. Si può sentire la mancanza di quando tutto era peggio? Be’, stando a quanto dice in “ARE YOU WITH THAT?” (ci atteniamo al caps lock presente in grafica) sembra proprio di sì. <<Whenever I miss those days/visit my Crips that lay/under the ground, runnin’ around/we was them kids that played/all in the street, followin’ leads/of niggas who lost they ways>> recita, fatalista come sempre, galleggiando su un gommoso tappeto musicale gonfiato dalle manine di Kenny Beats, suo copilota per l’intero ascolto.

Momenti di paranoia nostalgica. E il successo personale lo ha forse reso più paranoico di quanto non fosse prima. Quello proprio non riesce ad appuntarselo al petto col resto della mostreggiatura, in ossequio a una spartana legge dei mediocri che pare invece rappresentarlo al meglio.

A scanso di equivoci: è una pura scelta tecnica, perché il ragazzo è tutto fuorché una mezza tacca. LAW OF AVERAGES è il biglietto da visita di questa sua attitudine, costruita sul dire tutto senza mai dire troppo. Il beat è scarnissimo; una specie di distillato di G-Funk con una punta di acido lisergico – e così ne esalta la rotondità e annebbia i riflessi dell’amigdala – che scorre avviluppando la stenografia in rima di Vince, il quale sgancia le sue sentenze (<<“Raging Bull”, this not “Paid In Full” but I kill my own/yes, I love you ‘cause you black but don’t love your ass like that/I will put you on a shirt if you fuck me out my racks>>) con la flemma di un giudice che sta già pensando alla partita di golf che ha in agenda nel pomeriggio. La stessa catarsi si compie con SUNDOWN TOWN, un altro momento in cui la penna del nostro scivola a ritroso in uno di quei caldi pomeriggi di luglio, in California, all’incrocio tra la sua personalissima memory lane e le sponde del L.A. River (<<we was in the hood, rent was late/ain’t have section eight/had a .38 in the eighth, moved on 68th>>). E’ un contrasto che emerge pure in TAKING TRIPS, con quella leggera brezza estiva che soffia sul pentagramma anestetizzando l’apologo posato del rapper losangelino (<<I hate July, crime is high, the summer suck/can’t even hit the beach without my heat, it’s in my trunks/they ride the tide, I don’t got no one to trust>>).

Dev’essere un retaggio regionale, perché a ovest hanno sempre avuto questa dote così singolare di cui la G-Funk è stata la massima espressione. Sarà che sotto il sole cocente il sangue sull’asfalto si asciuga prima, ma in qualche modo le strade evocate dalle loro parole fanno meno paura di quelle incise nei loro ricordi, suscitando irrazionali sensazioni opposte in chi le esplora ascoltando. E “Vince Staples” non fa eccezione. Forse qualcuno lo preferiva (ed è del tutto legittimo) quando rifuggiva sistematicamente i raggi del sole ma, al netto del meteo, le sue barre restano tra le più buie e fredde di questa generazione.

Tracklist

Vince Staples – Vince Staples (Blacksmith Recordings/Motown Records 2021)

  1. ARE YOU WITH THAT?
  2. LAW OF AVERAGES
  3. SUNDOWN TOWN
  4. THE SHINING
  5. TAKING TRIPS
  6. THE APPLE & THE TREE
  7. TAKE ME HOME [Feat. Fousheé]
  8. LIL FADE
  9. LAKEWOOD MALL [Feat. Pac Slimm]
  10. MHM

Beatz

  • Kenny Beats and Reske: 1, 2
  • Kenny Beats: 3, 6, 7, 8, 9
  • Kenny Beats, WahWah James and Harper Gordon: 4
  • Kenny Beats and Monte Booker: 5
  • Kenny Beats and Nils: 10
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