Supreme Cerebral and Swab – Son Of Hannibal

Voto: 4

Non è rara l’annotazione mentale di un determinato artista in grado di attirare l’attenzione con un bel singolo o una strofa confacente a singolari capacità, utili a far scattare l’impellente necessità di ampliarne la conoscenza e studiarne la retrospettiva. Per questo, nonostante sia stato fino a oggi assente dalle nostre recensioni, eravamo da tempo debitori nei confronti di Supreme Cerebral, mc residente in California sin dall’infanzia, cresciuto con radici che conducono a Brooklyn, al Portorico e persino al vecchio continente (la madre è europea), nonché sotto l’influenza delle discipline che compongono l’Hip-Hop, verso il quale ha cominciato a mostrare interesse in età sostanzialmente imberbe. Dopo averlo perso di vista nel marasma di pubblicazioni che ne dettagliano l’attuale percorso discografico, tra collaborazioni importanti con una sorta di mentore dell’underground californiano quale Planet Asia e una ventina abbondante di lavori già a referto, accogliamo Bugzy Nino, altro appellativo che il Nostro si trascina dalle frequentazioni di strada, grazie al rumore generato da “Son Of Hannibal“, interamente prodotto dal danese Swab, confezionando un’offerta che convalida la più che buona impressione che su di lui avevamo inizialmente formato.

Di questa piace molto l’estetica, priva di compromessi, diretta, rude, potente, che non lascia spazio al superfluo, convogliata in undici pezzi per una mezz’ora ricca di contenuti, iperboli metriche, tecnica tipica di quelli forti per davvero, più un comparto sonoro certamente votato al classico ma in sé distintivo. Merito della rocciosità di strumentali erette su batterie spesse e sample assai golosi, eterogenei, fissati semplicemente sulla necessità di registrare del Rap potente e concentrato, maggiormente apprezzabile se privo del bisogno di accodarsi alle tendenze odierne, sfuggendo a una rigida catalogazione nascente dall’abbinamento tra provenienza e sound. L’approccio, nonostante le similitudini facilmente tracciabili con Cali Agents, Dilated Peoples e Jurassic 5, che nel vecchio west risiedevano ma suonavano esattamente all’opposto, risulta completamente differente: le melodie sono tutt’altro che scarne, lavorate con l’inventiva necessaria per dare nuovi significati alla fonte d’estrazione; le liriche ad alto tasso di coinvolgimento evidenziano una netta bravura al microfono, offrendo un dizionario complesso e la capacità di giungere dritti al punto senza perdersi in elucubrazioni troppo visionarie; viene concesso il giusto spazio ai frequenti collaboratori del giro, senza che il divario di talento sia clamorosamente eccessivo (nonostante Bugzy eserciti un onesto dominio), tracciando così i contorni di un disco da ascoltare a ripetizione.

La scaletta prevede diverse prelibatezze, a partire dalla squisita “Dart Seance”, profumata da conturbanti echi Jazz di raffinati gusti, perfettamente distesi sui quattro quarti scavando un terreno fertile per barre d’assalto ad alto tasso di sarcasmo, con sillabe elegantemente scomposte e ricomposte per creare rime di sicuro effetto (<<bullets twist through like screws for new issues/I wish you the best, as they rip through your chest>>), rendendo gradevole anche il contributo di Ralphoiie Reese, per quanto il suo andazzo timbrico tenda alla monotonia. “Gods Breath” è altamente spettacolare, i suoi archi risultano sontuosi e scenici, il testo spicca per capacità di generare immagini provenienti dal ghetto in maniera creativa, descrivendo dinamiche, dando brevi sguardi al passato il cui dramma è accentuato dall’emozione della strumentale, ricordi di delinquenza, difficoltà e lealtà, conditi dall’ottima vibe degli scratch inseriti nel ritornello, che definisce un boom bap di ottima fattura. “Sins Of The Father” propone un validissimo taglia-e-cuci compositivo, la sequenza tra le diverse sezioni del campione vocale e dei campanelli è perfetta, crea atmosfera e arricchisce le inarrestabili fucilate verbali orchestrate tra una citazione storica e la successiva, un flow travolgente impreziosito dall’appoggio di Eloh Kush e del sorprendente O The Great, che a similitudini se la cava proprio bene.

C’è spazio limitato per l’autocelebrazione pura, l’intento è più quello di dimostrare la propria superiorità a forza di prove concrete e differenti tra loro, volgendo l’attenzione a una serie di tematiche riferite alla violenza di strada, al proprio vissuto, alle presunte cospirazioni che riducono il ghetto a dover respirare quasi artificialmente, senza mai mancare di mordere in profondità, di far sentire grinta, aggressività e fame di emergere. In quei pochi momenti di brag Rap, Supreme tiene fede al proprio nome, inanellando schemi multisillabiici di valore affiancati a una gestione delle assonanze di notevole caratura, come sottolineato da una “Can’t Fuck Wit Me” (<<I swing an axe like Bo Diddley, I’m so grizzly/I can smack a salmon out of a river/you should reconsider the man in the mirror/before triggers squeeze, bullets ripples through your seeds and puncture the inners>>) egregia nell’introdurci – tra sample elettronici e sferzate d’organo – alle peculiarità del soggetto, nonostante l’estrema semplicità del ritornello risulti qui e altrove divergente dalla complessità dei testi.

Il menù permette altresì di accedere alla modalità racconto. “Gotta Story To Tell”, condita da raffiche di assonanze impostate differentemente a seconda della sezione del pezzo, narra di mestizia e destini di strada già scritti, danzando sulla malinconica accoppiata tra piano e violino. “Harsh Times” è ben coordinata nell’allineamento testuale, ancora Kush e Banish Habitual assistono l’attore principale fornendo ognuno la propria immagine rappresentativa dei tempi ardui, chi guardando alla situazione generale del quartiere e chi a dolori personali, o facendo considerazioni di carattere generale a livello sociale e anti-governativo, utilizzando forme convincenti con retorica, tatto e realtà da sbattere sui denti, ciascuno con stile differente. “War Of The Worlds” attraversa invece la concettualità, il beat cattura pertinentemente l’armonia dell’estratto originale (“World That’s Not Real” di Gloria Ann Taylor) allestendo intelligentemente le varie componenti; più cruda è “Grimy Life”, per la quale Swab fornisce una personale interpretazione del piano malinconico in stile Queensbridge, accrescendo la sensazione di fragranza newyorkese, adatta per descrivere fondali lugubri e scene di violenza quotidiana, territorio idoneo per il basico incedere di Big Twins, mentre Supreme tesse rime attraverso citazioni certamente sovrautilizzate, strutturando però un comparto metrico di alto livello. L’ottimo Funk di “Bishop Don Juan”, il flip vocale in bianco e nero di “Third Eye Visions” e le marce altissime del flow di “Dreamless Nightmares” sono ulteriori prove degne di stima, che regalano al disco compattezza e continuità.

Non sappiamo se “Son Of Hannibal” possa definirsi il miglior lavoro di Supreme Cerebral, data una fitta, ma a larghi tratti sconosciuta, attività passata – la quale meriterebbe certo di essere riscoperta; di fatto, è un album di estremo rilievo, di quelli che convincono da subito per abbinamento tra attitudine e suono. Il rapper californiano possiede un vocabolario denso e articolato, la metrica è eccellente, il vortice lirico sa coniugare tecnica, sicurezza, stile e ruvidità; Swab mostra grande intesa col partner e la gestione generale nella costruzione dei brani è affine a quella del produttore tradizionale, ma dotato delle giuste intuizioni per distinguersi nel dissotterramento dei vecchi vinili da campionare. Caldamente consigliato, in particolare a chi cerca quel Rap che nulla inventerà, ma è ritagliato da una stoffa autentica e pregiata.

Tracklist

Supreme Cerebral and Swab – Son Of Hannibal (No label 2025)

  1. Can’t Fuck With Me
  2. Sins Of The Father [Feat. Eloh Kush and O The Great]
  3. Grimy Life [Feat. Big Twins]
  4. Gotta Story To Tell
  5. Dart Seance [Feat. Ralpohiie Reese]
  6. War Of The Worlds [Feat. Alphabetic]
  7. Third Eye Visions
  8. Harsh Times [Feat. Eloh Kush and Banish Habitual]
  9. Gods Breath
  10. Bishop Don Juan
  11. Dreamless Nightmares [Feat. NapsNDreds]

Beatz

All tracks produced by Swab

Scratches

All scratches by Swab

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