Sage Francis – Li(f)e

Voto: n.g.

Quando si viene svezzati a pane e Johnny Cash, assumendo un po’ di golden age come vitamine, arrivare a dischi tipo “Li(f)e” è prevedibile. Si sa che Sage non sia proprio il prototipo di personaggio che viene in mente pensando alla parola Rap; eppure tutti sappiamo che ci sa fare e non poco con le parole e lo dimostra ancora più con “Li(f)e”, dove la tendenza allo spoken word di Sage Francis prevale sull’attitudine al Rap dello Xaul Zan dei Non-Prophets. Tutto è cambiato nel quarto disco ufficiale del Saggio, anche l’etichetta, che stavolta è l’Anti- e non più la sua Strange Famous.

Che sia un cambiamento temporaneo, lo sfizio di lavorare con figure diverse dai soliti beatmaker, la ricerca di una nuova nicchia di pubblico nel(l’Indie) Rock o nel Blues/Folk, per ora non ci è dato saperlo, fatto sta che indicazioni eloquenti in questo senso ce le danno i nomi coinvolti nella componente musicale: Brian Deck (Califone) alla produzione, Jason Lytle (Grandaddy), Chris Walla (Death Cab For Cutie), Mark Linkous (leader degli Sparklehorse, morto suicida a marzo di quest’anno) e ancora Calexico, Tim Fite, Yann Tiersen e Buck 65 (l’unico residuo del passato), che scrivono i loro pezzi per l’mc/poeta di Providence senza preoccuparsi di quanto siano o meno rappabili.

Messi quindi in naftalina i vari Alias, Reanimator o Joe Beats, Sage ha dato una decisa virata al suo stile tutto crack pipes and empty bottles per dedicarsi a un Rock più parlato che rappato e, senza tralasciare il denso lirismo dei suoi versi, si concede anche qualche divertissement, facendo l’Iggy Pop nel Punk/Pop di “Three Sheets To The Wind”, il Joe Strummer in “London Bridge” (palese richiamo ai Clash) e divertendo seriamente nel duetto con Tim Fite di “Worry Not”, una chicca di puro Country ubriaco (il miglior episodio a mio parere). Per il resto, l’artista, come sempre, ci dice nuovamente che la vi(t)a è una farsa, agita e rigurgita i suoi demoni personali vestendosi da Nick Cave o da Tom Waits in “Slow Man” e “Love The Lie” (smaccatamente e volutamente Rock), con velleità da Bob Dylan (con le dovute proporzioni) in “The Baby Stays”, tornando in qualche momento il classico Sage Francis malinconico in “Little Houdini” (davvero bella) e nella funebre “Diamonds And Pearls” o sperimentando il nuovo Sage negli spoken word di “16 Years” e “The Best Of Times”.

Per quel che mi riguarda, “Li(f)e” è un gran bel disco e, per quanto il paragone con quelli precedenti non regga assolutamente, risulta anche più godibile dell’ultimo “Human The Death Dance” (“A Healty Distrust” rimane inarrivabile), più completo e personale. Sappiate però che siamo lontani anni luce da tutte le correnti possibili di Hip-Hop ed escludo totalmente che ascoltando “Li(f)e” possiate avere l’irrefrenabile impulso di buttarvi sul linoleum per fare un windmill. Ma d’altronde trovatemi un solo disco di Sage in cui ciò sia possibile…

Tracklist

Sage Francis – Li(f)e (Anti- 2010)

  1. Little Houdini
  2. Three Sheets To The Wind
  3. I Was Zero
  4. Slow Man
  5. Diamonds And Pearls
  6. Polterzeitgeist
  7. The Baby Stays
  8. 16 Years
  9. Worry Not
  10. London Bridge
  11. Love The Lie
  12. The Best Of Times

Beatz

  • Jason Lytle: 1
  • Chris Walla: 2, 10
  • Brian Deck, Gordon Patriarca, Jim Becker, Buck 65 and Tim Rutili: 3
  • Joey Burns and John Convertino: 4
  • DeVotchKa: 5
  • Brian Deck, Jim Becker and Tim Rutili: 6
  • Tim Rutili: 7
  • Brian Deck, Gordon Patriarca, Jim Becker, Kurt Read and Tim Rutili: 8
  • Tim Fite: 9
  • Mark Linkous: 11
  • Yann Tiersen: 12
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