Royal Damn e Danny Beatz – Leit motiv

In questa torrida estate, “Leit motiv” è quel che occorre: un bel disco, fresco ma dannatamente corposo, griffato Royal Damn aka Johnny Roy e Danny Beatz, joint album che riesce a suonare classico ma al contempo attuale, grazie a una scrittura vecchio stampo per quanto concerne stile e tematiche, accompagnata però da sonorità eterogenee e per certi versi assai orecchiabili. Il motivo conduttore è ovviamente rappresentato dal Rap, costante colonna sonora nella vita artistica – e non – dei Nostri, trattato in tutte le undici tracce in scaletta con un misto di amore e odio, una relazione vissuta intensamente e con marcati alti e bassi, intensificatisi ulteriormente negli ultimi anni per via di una scena sempre più varia, frammentata e votata unicamente o quasi al fatturato (<<tu mi racconti che il Rap è cambiato, che il gioco è cambiato/che tutto conta in base al risultato/…/la mia generazione la conosci, senti/ha campato d’aria e senza riconoscimenti>> – la titletrack).

Un contesto geneticamente falso e che somiglia sempre più a una catena di montaggio (<<ecco un’altra superstar italiana/sugo Star all’italiana/nuova faccia, stessa trama>>“Falso nueve”), con il marketing quale unica e sola guida spirituale (<<o la merda ci disseta o abbiamo affinato il palato/oppure io so’ Vegeta sul pianeta sbagliato/comunque non è un problema, è che resto abbagliato/se la lingua tocca terra, zi’, cos’è volontariato?/…/tiri tipo Caniggia, io mitra alla Batistuta/la tua è filosofia spiccia in bocca a una prostituta>>“Vegeta”) e skills (<<l’abc demodè/fai l’mc desolè>>“Karl Malone”) e valori quali rispetto e coerenza (<<Jason Kidd al campetto/veterani con le stelle sopra al petto/puoi chiamarmi vecchio/come il wall of sound di Phil Spector/e sul cazzo di playground, rispetto, io so’ Vince Taylor>>; rincara Egreen: <<in questa merda un vero mc, non dico mai di no/specie se hai le skills necessarie per tenere botta a un lord/…/ora la chiudo in fretta perché mi citofona/rappo da quando andava di moda la rima omofoba>>; e la chiude Rak: <<io non parlo per sentito dire, tu dammi del lei/perché in testa non vi c’entra, avete il culo col delay/ogni cazzo di cosa che ho fatto la rifarei/e sfianco l’avversario finché crolla, Cassius Clay>>“Dammi del lei”) tanto rari e preziosi quanto oramai neppure minimamente considerati dai molti (troppi).

Status quo descritto perfettamente in “Famme uscì”, con network e collegamenti virtuali che hanno sostituito amicizia e rapporti interpersonali (<<hai scelto l’omertà, le amicizie/quelle con le virgolette, dolci come liquirizie/quelle che poi pe’ suona’ so quelle fondamentali/tipo Afrika Bambaataa maestro alle elementari>>), con le rime che non rappresentano più il core business ma solo uno dei tanti menù che il fast food musicale propone (<<il Rap è morto da quando rimare è secondario/anzi forse è morto il primo di gennaio/…/il Rap è morto da quando lo hai accoltellato/tu e il tuo pubblico sfigato/che si è sempre accontentato>>); insomma, un declino che è metafora di una lenta e irreversibile agonia, dalla quale non ci si può che dissociare/smarcare (<<io non ci sto a fa’ la parte del soldato/Dio lodato per sta chance sott’ ‘a bott’ impressiunato/non c’ho lacrime, le ho spese/non c’ho tempo, c’ho le spese/ancora una marea di offese e stamo a inizio mese/perciò basta, mi tiro fuori per sempre/troppo in basso per i fighetti, troppo in alto per le merde>>).

Situazione sgradevole in generale, ma ancora più per chi ha sempre vissuto l’Hip-Hop con sincera e viscerale passione, imbattendosi in questo lungo e tortuoso cammino in crisi anche profonde (<<i demoni cambiati come pile/e Johnny quando il frigo è vuoto ti innamori di un fucile/le pensi tutte ma non le fai tutte/canne mai chiuse, scelte mai giuste/…/non dirmi che da te è brutto tempo/io ho affrontato la tempesta in mare aperto, maledetto/se c’è un Dio lui lo sa quanto lo odio/almeno quanto il vuoto che mi porto dentro>>). Difficoltà superate con coerenza (<<ho perso così tanto per la rabbia, per la fama e per la furia/mondo cane, il mondo è Giuda/questa va a chi sceglie la strada più dura/soli, senza mai paura, vengo con te, ho preso l’armatura/…/non sei solo, brother, non lo sei mai stato/conosco le botte, ne esci devastato>>“Armatura”) e feroce determinazione (<<dacci dentro, non puoi fare altrimenti/’sta vita mordila al centro, finché non ci lasci i denti/quindi accidenti, rabbia che alimenti/quando non ripagano gli sbattimenti>> – Kenzie in “Spinebuster”), fino a raggiungere una sorta di stabilità, un equilibrio proprio (<<ho messo ogni mio sogno dentro il tritacarte/ho smesso perché il soldo è solo un trip a parte/il toro per le corna in questa corrida/solo pe’ lascia’ la gente colpita/…/non sarà mai un po’ di merce a farti stare meglio/per tutte queste fecce, ho solo un dito medio>>“Frog splash”).

Leit motiv” è un progetto riuscito: per l’incedere agile e scorrevole che lo caratterizza anche dopo svariati ascolti e, soprattutto, perché riesce a essere coerente col background di Johnny e Danny (apprezzabilissimi i tanti rimandi al passato che comprendono Danno, Primo, Bassi Maestro e Microspasmi, così come la citazione riferita a Joe Cassano), senza suonare mai bollito. Riesce cioè a giocarsela sui campi più moderni ma alla vecchia maniera, arrivando addirittura alla fine del match a fare il culo alla stragrande maggioranza dei fenomeni che oggi se la comandano – e domani chissà.

Tracklist

Royal Damn e Danny Beatz – Leit motiv (Believe 2021)

  1. Leit motiv
  2. Vegeta
  3. Karl Malone
  4. Dammi del lei [Feat. Egreen e Rak]
  5. Frog splash
  6. Lo sapevo
  7. Il nulla
  8. Armatura [Feat. Micol]
  9. Falso nueve
  10. Spinebuster [Feat. Kenzie]
  11. Famme uscì

Beatz

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Gabriele Bacchilega

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