Raekwon – The Wild

Voto: 4 –

Strofe autografate da G-Eazy e Lil Wayne; la latitanza del compare di sempre Tony Starks; nemmeno l’ombra di un beat forgiato dall’Abate (ok, ok, gli screzi con RZA non sono una novità); ma, soprattutto, l’assenza totale di qualsiasi altro esponente del Clan Imperiale. Ma come? Il Wu-Tang non era per sempre?

Qualcuno forse se lo sarà domandato, ma anche i più nostalgici sapevano che questo momento prima o poi sarebbe arrivato; e, francamente, non sorprende che sia stato proprio Raekwon – che in passato ha più volte manifestato il proprio dissenso verso la direzione voluta dal Cda del Clan di Staten Island e il cui carisma non ha mai perso splendore agli occhi di una scena in costante cambiamento – a recidere così nettamente il cordone, gettandosi nuovamente, a quarantasette anni, nella mischia selvaggia per conto suo, pronto a rivendicare la propria posizione ai piani alti della catena alimentare.

Lo status non è mai stato in discussione, ma dopo il non memorabile “Fly International Luxurious Art” e qualche opaco mixtape di troppo anche lo Chef era chiamato a dimostrare qualcosa in più con The Wild”, pena il rischio che i titoli di coda iniziassero a scorrere anche per lui come (ahinoi) sembra abbiano iniziato a fare per qualcun altro dei Nove Generali. Anime in pace, il buon Lex Diamond c’è e le sue peculiarità, non degradabili dagli effetti del tempo, lo hanno favorito nell’adattarsi a un ecosistema che oramai a malapena ricorda i riflessi violacei delle sue leggendarie cronache urbane. La sceneggiatura delle strofe è sempre cristallina e l’estensione del suo inossidabile slang rimane pressoché inarrivabile per chiunque (forse solo Roc Marciano è su questi livelli).

In Marvin”, al fianco di un Cee-Lo Green in grande spolvero, lo ascoltiamo ripercorrere l’esistenza del Principe del Soul pennellando scene estremamente nitide di barra in barra (<<his mother screaming out honey don’t do it!/One shot to the chest made Marvin lose fluids/april 1st he died on the spot the scene was so horrific/how a father could kill his own son defines wicked>>). In Visiting Hour”, invece, Rae gioca nuovamente la sua carta più alta vestendo i panni di un condannato per omicidio e mettendo in rima una lettera in cui invita le generazioni future a crociare la casella giusta prima che qualcuno possa strappare il foglio dalle loro mani (<<run up in the spots and let the Glock kick/that used to be me/young, ruthless and carefree/until I seen the bigger picture/shifted, my way of thinking/that 25 to life is real/so is the casket once it close on you/word to the youth/it’s not a game, cause life’ll swerve on you>>), sul leggendario breakbeat di Melvin Bliss che ha fatto da spina dorsale ad almeno un centinaio di classici, da “Real Niggaz Don’t Die” a “Bring Da Ruckus”, passando per “O.P.P.”, “Don’t Believe The Hype” e “Mighty Healthy”.

Purple Brick Road era l’incognita della vigilia. Il titolo m’intrigava come poche altre cose, la presenza della J.U.S.T.I.C.E. League mi incuriosiva parecchio, il featuring di G-Eazy al contempo mi spaventava a morte; il risultato mi ha però ricacciato in gola l’errato pregiudizio, soprattutto perché il ragazzo di Oakland è riuscito a calarsi nella parte con una strofa di innegabile spessore, mostrando grande rispetto (<<twenty years later and we’re still slappin’ that purple tape shit/greatness so close I can taste it, face it>>) e ritagliandosi con merito una parte tutta per sé nella pellicola da 35mm di Raekwon. “Nothing” è un altro passaggio dal tipico retrogusto di catene cubane spalmato su un beat minaccioso dai bpm ridotti, impastato da Frank G. con gorgheggi lievemente pitchati in sottofondo, in ossequio alla tradizione culinaria delle cantine dell’Abate.

Promossa anche l’esposizione muscolare di “This Is What It Comes Too, nonostante la scelta discutibile di far ricorso di nuovo al midollo spinale di “Synthetic Substitution”. Decisamente anonime, invece, le varie My Corner” e You Hear Me”, la prima fallata da una strumentale da mixtape gratuito su MySpace (ovvero quella robaccia che spopolava un decennio fa, i precursori dei moderni Soundcloud rapper) e la seconda che sembra uscita dal cassetto dei calzini di Lupe Fiasco. Fortunatamente, stiamo parlando solo di episodi, nulla a che vedere con l’inconsistenza generale mostrata in “F.I.L.A.”.

Quello che serviva era un passo indietro, per tornare al bivio e imboccare la strada giusta, per quanto questa potesse mostrarsi impervia, selvaggia e meno battuta della precedente. Lo Chef ha avuto l’umiltà di farlo, infondendo una nuova carica in quel forever che da vent’anni è il brand del Clan di Staten Island.

Tracklist

Raekwon – The Wild (Ice H20 Records/Empire Distribution 2017)

  1. The Wild Intro
  2. This Is What It Comes Too
  3. Nothing
  4. Skit (Bang Head Right)
  5. Marvin [Feat. Cee-Lo Green]
  6. Can’t You See
  7. My Corner [Feat. Lil Wayne]
  8. Skit (Fuck You Up Card)
  9. M&N [Feat. P.U.R.E.]
  10. Visiting Hour [Feat. Andra Day]
  11. Skit (Bang Fall Down)
  12. The Reign
  13. Crown Of Thorns
  14. Purple Brick Road [Feat. G-Eazy]
  15. You Hear Me
  16. Bang Outro

Beatz

  • RoadsArt: 1, 6, 15
  • Xtreme: 2
  • Frank G: 3, 5
  • G Sparkz: 7
  • Dame Grease: 9
  • Mally The Martian and Dan The Band: 10
  • Mark Henry with the co-production by MK Beatz: 12
  • J. Dot: 13
  • J.U.S.T.I.C.E. League: 14
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