Pufuleti – Tumbulata

Ok, va bene, parliamone. Anche se rischiamo di essere fuori tempo massimo; e la responsabilità è tutta del sottoscritto, che lo scorso giugno si è appisolato sul comunicato stampa e ha preferito non colmare la lacuna se non mesi dopo, quando un Lord 216 vestito da groupie ha cominciato a ripetere ossessivamente in chat che Pufuleti è Dio – e slogan entusiastici affini. A quel punto, fare un tentativo si è rivelato quasi un obbligo; e al primo ascolto ne è seguito un altro, poi un altro ancora e così via. Il risultato è che non ho capito con esattezza incontrovertibile cosa “Tumbulata” sia, ma che sia qualcosa è fuori di dubbio.

A questo proposito, senza alcun tono polemico, lasciatemi premettere che non sposo l’opinione di Vice, secondo cui il disco è uno dei capolavori del Rap italiano del 2019; non per il giudizio di merito in sé, che è rispettabile nella sua soggettività, quanto perché non sono ancora in grado di dire se Pufuleti faccia davvero Rap e di conseguenza se abbia cittadinanza in un’ipotetica classifica a tema Hip-Hop italiano. Non si tratta di puntigliosità: se volete ascoltare Pufu che fa Rap, provate col duo Lord Space o coi meno recenti “Nudus Cactus” e “Nollywood” (l’uno al fianco di Drumtomski e l’altro di Scarf Face), album usciti circa un lustro fa, entrambi in tedesco, a firma Joe Space (assegniamo a lui la strofa conclusiva di “Ya no es el mismo”, come quando Madlib collaborava con Quasimoto) e tutto sommato abbastanza canonici. I venti minuti complessivi di “Tumbulata” (più remix o strumentali, a seconda della versione fruita) si collocano invece in una zona di confine che con l’Hip-Hop ha sì numerosi elementi di contatto, però al tempo stesso se ne distanzia in misura esplicita.

In primis, appunto, sul fronte del linguaggio; e va da sé che non mi riferisco all’intreccio di italiano, dialetto siciliano, tedesco, francese, spagnolo e inglese che pure contribuisce in partenza a rendere ostico comprendere “Tumbulata”. A prescindere dall’idioma, Pufuleti si esprime attraverso flussi lirici a dir poco liberi, non sempre dotati di una struttura metrica riconoscibile e densissimi di associazioni mentali, riferimenti sgangherati e figure retoriche sia sintattiche che semantiche (non sappiamo quanto volute e quanto casuali). Così, ad esempio, “Stupro” (che nell’edizione pubblicata dalla milanese Legno diventa “Quasi”): <<l’assedio di Vanessa, se parlo col Demonio/mi appare Bruno Vespa, appeso come/Gesù Cristo, dimmi chi l’ha visto/nel mio DNA, culto narcisismo/razzista, mafioso/menefreghista, goloso>>; a volersi avventurare in forzatissime interpretazioni si rischia di cascare nel ridicolo, la verità è che tanto questa quanto le rimanenti tracce munite di una componente testuale (“Rovina” è un intro, “Bumbà” un mezzo interludio) vanno accolte nella loro disordinata anarchia, talvolta sfociante nel delirio vero e proprio – si veda la lisergica “Gestempelt”.

Se paragone va tentato, mi viene da pensare a uno strano ibrido tra gli artisti di casa Anticon (Why? e Dose One in particolare) e quell’ubriacone di Gonjasufi – sia chiaro che si tratta di approssimazioni mooooolto vaghe. Anche perché, come loro, Pufuleti può contare su una lussuosissima cartella di beat: dalla regia mi suggeriscono che in parte potrebbero essere farina del sacco dello stesso protagonista registratosi sotto diversi alias, io – ammettendo la mia sostanziale ignoranza – durante le vacanze ho fatto i compiti e posso confermare che almeno Wun Two (Mainz), Raz-One (Berlino), Walterwarm (Los Angeles), Boora (Sovetsk, Russia), Juan Rios (Siviglia) e Made In M (ancora Berlino) esistono in carne e ossa. Non ce ne frega niente, comunque; il punto è che il sound offertogli, lo-fi, spesso astratto e in generale scuro, marcio, perfino hardcore, è una roba che intimorirebbe la maggior parte dei nostri rapper underground. Non Pufuleti, che si insinua imperterrito in ogni suono con identica efficacia, spargendo i suoi mantra (“Ya no es el mismo”: <<sparo come Jigen, spada come Goemon>>) e convincendoci chissà come che le sue parole, poste in sequenza, debbano possedere un inafferrabile senso compiuto (“Jigen”: <<Italia nella merda, tu dici?/Se penso ad Elisabetta Ferracini/se penso ad Alessandra Mussolini/tutti e due per me, sapore di ciambelle/non so nuotare, sapore di sale/sei liscia come il tonno Rio Mare>>).

Per motivi difficili da spiegare, forse prossimi alla mera perversione, tutto ciò ci convince a simpatizzare per “Tumbulata” e per lo stesso Pufuleti, figura anticonformista, bizzarra, innocente (letteralmente: che non nuoce), precipitata all’interno di un ambiente musicale abituato a partorire cloni insipidi e gonfi di un enorme nulla. Ecco, all’ennesimo trapper adolescente che scopiazza l’ennesimo trapper adolescente preferiamo il coraggio – o l’imprudenza – di un simpatico italo/tedesco che con la cosiddetta scena non ha niente a che fare. E tuttavia ne è ospite gradito.

Tracklist

Pufuleti – Tumbulata (Vinyl Digital/Legno 2019)

  1. Rovina
  2. Ya no es el mismo
  3. Cicogna
  4. Jigen
  5. Agip
  6. Bumbà
  7. Culturista
  8. Stupro/Quasi
  9. Gestempelt
  10. Super 95
  11. Rovina (Instrumental – Vinyl version)/Cicogna (Remix – CD version)
  12. Ya no es el mismo (Instrumental – Vinyl version)/Culturista (Remix – CD version)
  13. Cicogna (Instrumental – Vinyl version)
  14. Jigen (Instrumental – Vinyl version)
  15. Agip (Instrumental – Vinyl version)
  16. Bumbà (Instrumental – Vinyl version)
  17. Culturista (Instrumental – Vinyl version)
  18. Stupro/Quasi (Instrumental – Vinyl version)
  19. Gestempelt (Instrumental – Vinyl version)
  20. Super 95 (Instrumental – Vinyl version)

Beatz

  • Wun Two: 1, 11 (Vinyl version)
  • Raz-One: 2, 3, 4, 5, 7, 8, 12 (Vinyl version), 13, 14, 15, 17, 18
  • Walterwarm: 6, 16
  • drowse.: 9, 19
  • Boora e Wun Two: 10, 20
  • Juan Rios: 11 (CD version)
  • Made In M: 12 (CD version)