PMD – Busine$$ Mentality
Volgendo la questione su un lato puramente affettivo, il corazon non può che accelerare i suoi battiti ogni qualvolta si parli di EPMD, formazione composta da due autentiche colonne portanti dell’Hip-Hop sempreverde e responsabili di capolavori di inestimabile valore. Analizzando invece la faccenda da un punto di vista pratico, una retrospettiva del percorso ascrivibile al duo evidenzia una certa mancanza di funzionalità, perlomeno se si prende in considerazione il tira-e-molla generato da fratture solo apparentemente insanabili, riunioni trionfali e dischi pubblicizzati alla stregua di ultima spiaggia. Così agendo, gli EPMD hanno radicato all’interno dei loro fan l’abitudine a non crearsi troppe illusioni, cadendo nel contempo in un tranello familiare a tanti giganti dell’Hip-Hop che fu, non esattamente brillanti nel sostituire la logica di gruppo con quella solista, ottenendo in cambio un numero sempre crescente di conferme dell’impossibilità di ricreare una determinata chimica in mancanza della propria, naturale metà.
E’ una considerazione che non vuol assolutamente dissentire sull’innegabile fatto che Erick Sermon sia stato uno dei top producer degli anni novanta, piuttosto che sulla clamorosa sottovalutazione storica – così è, almeno a mio avviso – di un pezzo di roccia come “Bu$ine$$ I$ Bu$ine$$”, una sommatoria di iniziative mai riuscita a pareggiare quanto offerto dall’unione delle contingenze. I fatti dimostrano che la mancanza di linearità nel percorso, unita alle spiacevoli metamorfosi dell’Hip-Hop e al cambiamento dei suoi stessi trend, con il passare degli anni abbiano livellato verso il basso un gruppo non più in grado – se non in parte – di toccare vertici dallo stesso creati in precedenza, forzandosi a battere la strada della nostalgia e dell’auto-referenzialità, cercando così di tenere in piedi un palco che in realtà aveva già ceduto da tempo nel vano tentativo di misurarsi con produzioni commerciali e con la nuova onda d’innovazione underground.
Laddove rimangono incastonate nella pietra singolarità ineccepibili come “Da Joint”, “Richter Scale” o la doppia versione di “Symphony”, quanto dal duo realizzato su lunga distanza dal 1997 in poi non è nemmeno paragonabile all’antecedente quartetto di classici, una premessa essenziale per poterci collegare ai significati dell’uscita di “Busine$$ Mentality”, opera quarta della solitaria esperienza del Mic Doc per eccellenza. Disco, quello in questione, che in parte ripete alcuni degli errori della recente esperienza degli EPMD (passateci il recente, dato che gli ultimi segnali di fumo risalgono oramai al 2008…), ovvero il continuo cercare d’imporre i marchi di fabbrica del passato senza rendersi realmente conto degli effetti negativi di una simile decisione, astuzie di poco conto che altra funzione non possiedono se non quella di creare momenti da revival scomodi per tutti. Chiariamo bene un aspetto: il tocco nostalgico ci sta tutto se la conseguenza è quella di offrire un pacchetto di tracce in grado di ricreare – almeno per un momento – le classiche atmosfere essenziali da Funk claustrofobico che la fantastica coppia ha regalato in passato; e qui è doveroso tirare in ballo la rocciosità massiccia di “Mic Doc”, l’ossessività regalata dalla meravigliosa “Slow Your Roll” e il minimalismo di “Spirit”, ma il totale parla comunque di diciassette pezzi e le dovute proporzioni non dobbiamo certo indicarvele noi.
L’estensione dell’album evidenzia altresì una pretesa che PMD senz’altro esaspera, utilizzando una consistente fetta dello spazio per promuovere una schiera di semi-sconosciuti che, nelle note trasmesse al pubblico, si vorrebbero far passare come qualcosa di analogo a ciò che accadde con la Hit Squad, dimenticandosi però di fare i conti con la realtà. Vero, Parrish è stato un eccellente scopritore di talenti, ma non significa che lo sia anche oggi; ed ecco quindi servito un netto sovradosaggio espositivo a vantaggio di gente che non si dovrebbe nemmeno tentare di paragonare ad artisti del calibro di Redman, K-Solo e Das EFX, nomi che scritti sulla stessa riga già provocano terremoti emotivi sconquassanti. Per carità, Ace Brav risulta anche di discreta presenza, ma pesa l’assenza d’inventiva di RJ Da Realst in fase metrica ed espressiva, così come deleteria è la sola presenza di personaggi quali Leek, capaci solo di abbaiare senza né costrutto né sostanza, invitandovi all’esame delle relative prestazioni su “Moment Of Truth” e “Belly Of The Beast” per le dovute conferme. Aggiungiamo la geniale trovata di allestire il secondo dei due pezzi su un ben noto sample senza aggiungervi alcun tipo di variazione e la frittata è servita.
C’è poi da considerare l’attesa reunion col bandito dagli occhi verdi, di certo una gradita ventata d’aria fresca che si tuffa nel Blues costituendo uno dei beat maggiormente graditi dell’operazione; peccato però che il Sermon si accontenti di un miscuglio di metrica e lessico che ristagna nel basilare e che il testo cada nuovamente nella tentazione di ripescare dal repertorio di storiche frasi a effetto del duo, riducendo il concept del brano a una predichetta all’acqua di rose. Chiamiamola sconnessione o mancanza d’allineamento, poco cambia: il problema persiste pure analizzando passaggi come “Agallah Prodigy Tribute”, una delle prestazioni di maggior efficienza da parte di un P che si schianta su un drum set impalpabile (le lezioni sul sequencing sono state evidentemente dimenticate nel cassetto, data l’importanza che da sempre riveste la seconda traccia in scaletta…), o una “One” persino orecchiabile nel suo riproporre dell’R’n’B in ogni caso vetusto, con Parrish che schizza dalla celebrazione della sua stessa leggenda a brevi citazioni sociali e morali privandosi di un filo logico.
Che cosa ci lascia, dunque, “Busine$$ Mentality” quando giunge il momento di tirare le somme? Nulla di eccessivamente differente da quanto già offerto dal protagonista in passato – su tutto i fiumi di auto-indulgenza che da sempre caratterizzano gli EPMD – oltre a un’impressione positiva data dal mantenimento di una buona tonalità vocale da parte di PMD, lasciandone inalterati sia l’indiscutibile presenza scenica che la gestione del flow, pur proponendo una metrica che raramente devia dalla coppia/terzina/quartina di rime assonanti poste al termine della barra (pochi e semplici i riferimenti interni) e convergendo verso similitudini che coinvolgono una scarsa varietà di soggetti, un metodo espositivo che in più di qualche occasione viene copiato dai suoi stessi ospiti.
Per quanto ci riguarda, vale la pena dargli una possibilità. Se siete particolarmente affezionati alle sonorità tipiche degli EPMD ci sono quelle cinque o sei tracce imperdibili che riusciranno a ricreare qualcosa di molto vicino alle impareggiabili produzioni Funk di un tempo, ma resta il fatto che – pur con la consapevolezza di non poter pretendere più di tanto da chi ha già toccato i picchi della sua carriera tempo fa – ci saremmo attesi un lavoro di qualità complessiva assai meno deludente rispetto a quanto abbiamo trovato qui.
Tracklist
PMD – Busine$$ Mentality (RBC Records 2017)
- Intro
- Agallah Prodigy Tribute [Feat. Charlie Marotta]
- Mic Doc [Feat. RJ Da Realst]
- Trans
- Slow Your Roll [Feat. Ace Brav and RJ Da Realst]
- Gimme The Mic [Feat. Ace Brav and RJ Da Realst]
- The Real Is Gone [Feat. Erick Sermon]
- One
- Take Notes [Feat. Ace Brav and RJ Da Realst]
- All I Got [Feat. Cashino]
- Belly Of The Beast [Feat. Ace Brav and Leek]
- Moment Of Truth [Feat. Ace Brav and Leek]
- Spirit [Feat. RJ Da Realst, John Jiggs and Dinco D]
- How Many Times [Feat. RJ Da Realst]
- You Know Who Da Best Be [Feat. RJ Da Realst, Nocturnal and Agallah]
- Good To Go
- Outro 2020
Beatz
- Supa Dave: 1
- Parrish “PMD” Smith: 2, 3, 5, 6, 7, 8, 9, 13, 14, 17
- Dj Kev: 4, 11
- J Killa aka Gold: 10
- BP: 15
- Snowgoons: 16
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