Piotta pubblica il biografico “Il primo re(p), alle origini del Rap italico”

“Il primo re(p), alle origini del Rap italico” è il nuovo libro firmato da Tommaso (Piotta) Zanello, da oggi in libreria e negli store online per Il Castello (Chinaski Edizioni). Dopo le precedenti esperienze editoriali (“Pioggia che cade, vita che scorre” del 2006 e “Troppo avanti: come sopravvivere al mondo dello spettacolo” del 2008), l’artista romano torna in libreria con un diario personale e generazionale dove, attraverso la sua storia umana e artistica, ripercorre la nascita della cultura Hip-Hop in Italia e della sua carriera. Un volume ricco di aneddoti (penso ancora alla faccia di Albertino all’Hip-Hop Village quando mi dovette presentare con i miei folli e giganteschi occhiali Funk anni ‘70) e racconti personali: dall’amicizia con Primo Brown (David e cento featuring con ragazzini tanto bravi ma sconosciuti, e poi divenuti tanto bravi quanto famosi, da Coez a Gemitaiz, da Nayt a Salmo) e i Colle der Fomento (il nome Piotta è stato inventato proprio da Masito), l’ammirazione per Jovanotti (se stavamo là a fare Rap, lo dobbiamo tutti anche un po’ a Lorenzo) e J-Ax che gli disse hai spaccato, tu ne farai di strada!. Se la Taverna Ottavo Colle è stata la prima crew nella storia dell’Hip-Hop romano a scrivere, rappare e portare in giro il Rap in slang dialettale, l’arma di Piotta è sempre stata quella voglia di arrivare a tutti traducendo il Rap a chi di Rap nulla sapeva. Volevo portare in alto il Rap romano, per rispondere come si doveva a Milano e agli Articolo 31 di “Voglio una lurida” e “Tranqi Funky”, ai Sottotono e ai loro pezzoni d’amore tipo “Solo lei ha quel che voglio” e “Dimmi di sbagliato che c’è”. Per una famiglia media italiana, il Rap non poteva essere che un gioco, una mezza carnevalata o poco più. Noi ci siamo inventati questa professione in Italia, prima contro le famiglie, poi contro la miopia di molti addetti ai lavori, e a volte persino contro la gelosia di alcuni colleghi di quel tanto decantato Pop italico. Per tenere testa alle metriche da capogiro di Deda o alle tecniche in freestyle di Neffa, la sua scelta ha privilegiato ritornelli melodici e slang quotidiano; delle punchline ironiche, ossia citazioni da film popolari, polizieschi o commedie all’italiana. La prefazione è affidata ai Manetti Bros., che proprio con Piotta hanno condiviso più di un set e la sincera passione per la musica Hip-Hop.