Phat Kat – Carte Blanche (Deluxe Edition)

Voto: 3,5

Originariamente pubblicato dalla californiana Look Records nel 2007, “Carte Blanche” è il secondo progetto solista di Ronald Watts aka Phat Kat aka Ronnie Cash, ristampato nei giorni scorsi grazie all’olandese Below System Records in un’edizione comprensiva di due bonus track – entrambe inedite – prodotte da J Dilla, già alle macchine in cinque dei quattordici brani che componevano la prima versione del disco. Perché parlarne oggi, se non ritenemmo indispensabile farlo allora? Semplice, perché pur non potendo accostare l’operazione a quelle che nel medesimo periodo raccolsero gran parte delle nostre attenzioni (cito ad esempio “Below The Heavens”, “The Undisputed Truth”, “I’ll Sleep When You’re Dead” e “Travel At Your Own Pace”), l’album si lasciava ascoltare con piacere e, fatto non trascurabile ai fini della recensione, undici anni più tardi sembra non aver perso molta della propria freschezza.

Merito, chiariamolo, da assegnare in buona parte all’efficacia del sound, commissionato a un solido quartetto formato da Young RJ, Black Milk, Nick Speed e il summenzionato James Yancey; coppia, quella iniziale, responsabile altresì dell’esordio dell’mc, quel “The Undeniable LP” cui però l’ampio patrocinio dei B.R. Gunna non fornì un contributo decisivo. Forse gli mancava un singolo potente quanto “Cold Steel”, oppure la modesta maturità artistica di chi vi presenziava ne intiepidì le ambizioni, fatto sta che “Carte Blanche” non tarda a mostrare un carattere più energico, consono alle linee spigolose che l’Hip-Hop di Detroit ha ricalcato fin dall’avvento degli Slum Village. Il timbro è dato non a caso da un felice intreccio di synth, sample, linee di basso assassine e batterie scavezzacollo, ambiente musicale congeniale all’aggressività lirica di Phat Kat e al suo stile tutt’altro che ampolloso.

E’ appunto una certa ignoranza l’elemento di pregio che sospinge “Carte Blanche” verso la tonda sufficienza, con buona pace di chi riterrà poco stimolante uno schema metrico strutturato spesso su rigide assonanze – vedi “Cash Em Out”. Quel che infatti funziona con minime eccezioni negli oltre cinquanta minuti di durata è la sintonia tra barre e strumentali la cui attitudine si manifesta dall’irruenza di “My Old Label” (<<my old label, they don’t really want Kat to bubble/’cause they know me and my team plus green spells trouble/silver spoon suckas, y’all don’t want to meet in a struggle/cross my path, I’ll leave yo ass face-down in a puddle>>), sostenuta da un giro di cassa e rullante che picchia durissimo, all’orgogliosa autocelebrazione della sopraccitata “Cold Steel” (<<I told you every time I spit I’m on some classic shit/Ronnie Cash and J Dilla on some massive shit/why y’all niggas still fakin’ on that plastic shit/we in the lab, concocting bombs, straight blastin’ shit>>).

Un ulteriore punto a favore è dato poi dall’affidabilità di diverse combinazioni al microfono, in particolare quelle con Elzhi, Guilty Simpson e Fat Ray, presenze per ovvie ragioni a loro agio all’interno di un team abituato a cooperare e sostenersi reciprocamente di uscita in uscita – di conseguenza tocca sorbirsi anche T3, non a caso in uno degli episodi più fiacchi del lotto, cioè “Danger”. Non che il protagonista avesse per forza bisogno di un aiutino esterno, come dimostrano le introduttive “Nasty Ain’t It” e “Get It Started”, l’intensa “Vessels” (Nick Speed utilizza in maniera per nulla banale l’omonima traccia di Philip Glass) e il tributo all’amico Dilla contenuto nella deliziosa “True Story Pt. 2”. A proposito, le conclusive “World Premiere” e “It Don’t Get No Liver Than This” risalgono addirittura ai tempi dei 1st Down, lo sfortunato duo di Phat Kat e Jay Dee che – nato in anticipo sugli stessi Slum Village – riuscì a lanciare solo il 12’’ “A Day Wit The Homiez”/”Front Street”: per i fan del produttore si tratta di due interessanti recuperi, specie il secondo che anticipa atmosfere in seguito confluite nei lavori a firma The Ummah.

Lungi dall’essere un titolo indispensabile, riascoltandolo ci si rende presto conto che “Carte Blanche” abbia comunque avuto la fortuna di invecchiare abbastanza bene; considerato ciò, lo consiglio in primis – e non in via esclusiva – agli appassionati di Hip-Hop proveniente dalla Motor City, qui rappresentato da alcune delle sue principali figure di spicco.

Tracklist

Phat Kat – Carte Blanche (Deluxe Edition) (Below System Records 2018)

  1. Nasty Ain’t It
  2. Get It Started
  3. My Old Label
  4. Cold Steel [Feat. Elzhi]
  5. Danger [Feat. T3 and Black Milk]
  6. Vessels [Feat. Truth Hurts]
  7. Lovely [Feat. Melanie Rutherford]
  8. Cash Em Out [Feat. Loe Louis]
  9. Game Time
  10. Survival Kit
  11. Nightmare [Feat. Guilty Simpson]
  12. Hard Enuff [Feat. Fat Ray]
  13. True Story Pt. 2
  14. Don’t Nobody Care About Us
  15. World Premiere (Bonus Track)
  16. It Don’t Get No Liver Than This (Bonus Track) [Feat. La Peace]

Beatz

  • J Dilla: 1, 3, 4, 9, 14, 15, 16
  • Young RJ: 2, 7, 13
  • Black Milk: 5, 8, 10, 12
  • Nick Speed: 6, 11