“Panicoteca” e’ il nuovo disco di Sesto Carnera, SPH e Kique’ Velasquez

“Panicoteca”, disco firmato dai rapper Sesto Carnera e SPH su produzioni di Kiquè Velasquez, è un progetto che porta al centro di un dibattito sociale contemporaneo, trasformando una paninoteca ambulante in un osservatorio privilegiato sulle periferie urbane italiane. Il disco nasce in prossimità dei quartieri satellite, dove il traffico si spegne prima che inizino i turni notturni e le saracinesche abbassate diventano quinte teatrali di epopee personali. Ci si sposta tra piazze secondarie, rioni e parcheggi, raccontando le contraddizioni di una generazione compressa: stipendi intermittenti, affitti ingestibili e sogni che si pagano a rate. Il fumo dell’olio sulla piastra si mescola alle esalazioni delle slot machine, simbolo di una ludopatia capace di promettere miracoli e consegnare solo nuove dipendenze. La tossicodipendenza scorre in sottofondo come colonna grigia di scarti, mai spettacolarizzata ma riconosciuta come parte strutturale del paesaggio umano. Ogni apertura del bancone diventa una scena documentaria: il suono della griglia che sfrigola accompagna le confessioni degli avventori e la loro resistenza quotidiana. Il risultato è uno specchio crudo ed empatico, dove chi ascolta può riconoscersi nei volti segnati dalla precarietà, senza però rinunciare alla speranza di una vera libertà. Destinato a un pubblico che vive la stessa forbice di incertezze, il disco invita ad affacciarsi sulla piazza: la piazza di ogni città, quelle di ogni paese, per osservare la realtà da un’angolazione inedita, quella di chi serve, ascolta e custodisce l’intimità di una generazione intera, ma anche quella di chi la vive e può riconoscersi in un sentimento collettivo di inadeguatezza, che spinge alla ricerca di transitorie e precarie forme di alienazione per dimenticare le condizioni di una società controllata come in un Panopticon in cui lo spazio dell’individuo rimane incastrato nella gabbia di dinamiche di potere sempre più capitaliste e restrittive. La soluzione è lasciata al singolo, con l’aumento del suo continuo senso di inadeguatezza che non trova altro modo di essere superato se non in finte istantanee di straniamento dalle condizioni quotidiane.

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