Blema:
Willie, adesso che sei un personaggio conosciuto ti trasferirai a
Milano, inizierai a farti foto in centro sparandoti le pose da vero
rapper, abbandonerai questo bell'accento torinese prendendo il mio...
Willie Peyote: ma veramente?! No, non credo succederà mai. Torino
è abbastanza vicina a Milano per non dovermi trasferire mai!
B: sei molto provocatorio nei testi che scrivi, non si capisce
bene però quale sia il tuo rapporto con la scena.
W: non ho un rapporto con la scena. Ho smesso di averlo parecchio
tempo fa, nel senso che nei primi anni di carriera ovviamente ho
bazzicato la scena per cercare di essere conosciuto e di capire anche
come funzionava. Nel 2009/2010 ho concentrato di più la mia attività nel
suonare la batteria in un gruppo Rock. Da lì in poi ho frequentato
l'ambiente perché magari ogni tanto mi capitava di suonare, ma poco
altro. Casualmente ho fatto un disco con Canebullo e ho partecipato, ma
così perché partecipava lui, al primo Captain Futuro e il resto è venuto
fuori da lì, ma la scena... Praticamente non ho avuto contatti,
perlomeno con quella torinese, quella italiana meno ancora.
B: hai fatto il batterista per un gruppo Rock e hanno storia
simile altri come Neffa, Salmo... Ma come vi succede, che un giorno
prendi, ti alzi e decidi ciao, da oggi sono Hip Hop...?!
W: no, non è andata così! Io ho iniziato da ascoltatore da
piccolissimo e mi piaceva il Rap. Poi però vengo da una famiglia di
musicisti e i miei mi hanno incentivato a suonare uno strumento, quindi
ho iniziato a suonare il basso in gruppo Punk. Quindi ho smesso perché
ho incontrato un beatmaker, nel frattempo il gruppo si è sciolto di suo.
Avendo incontrato un beatmaker ho cominciato a fare Rap, ma solo perché
l'altra cosa era finita, avrò avuto diciannove anni. Poi, casualmente,
un gruppo di amici doveva cambiare il batterista e ho deciso d'imparare
a suonare la batteria e suonare anche con loro, facendo entrambe le
cose. Se domani venisse fuori un progetto figo e avessi tempo per farlo,
io suonerei in un gruppo che fa altra roba tutt'ora.
B: quali sono gli artisti a cui ti ispiri? In base alla tua
storia verrebbe da nominare i The Roots...
W: ...e invece no! Nel senso che li ho ascoltati ma non sono un
gruppo che mi ha influenzato. Gli artisti più influenti nel mio breve
percorso, oltre a Biggie, sono Eminem, il Fibra di "Turbe giovanili" e a
parte Primo e Bean nessun altro italiano, Damon Albarn in tutto quello
che ha fatto, gli Arctic Monkeys e tutto l'Indie che ho ascoltato mi ha
cambiato molto, i Bluvertigo...
B: hai mai pensato di collaborare, o magari è già in cantiere,
con qualcuno di questi gruppi?
W: mi piacerebbe collaborare con Pierpaolo Capovilla, che è la
voce del Teatro degli Orrori, mi piacerebbe tantissimo coi Verdena,
Fabi, Silvestri, Gazzé, mi piacerebbe, se la smettesse di fumarsi le
bottiglie, lavorare con Morgan, Meg e i 99Posse come me li ricordo io,
anche se non esistono più così.
B:
tornando alla scena, sembra che Torino si sia un po' assopita...
W: ...perché sono venuti tutti a Milano!
B: anche! Ma fra Suite Foundation con gli ATPC, Next Diffusion,
Lyricalz, Gate Keepaz eccetera, sembrava che Torino, assieme a Bologna e
Roma, fosse uno dei fulcri dell'Hip-Hop. Nel tuo caso, però, hai
iniziato dieci anni fa, quando tutto questo fermento già non era forse
più così attivo, o no?
W: ma no! Era una città piuttosto attiva, quando iniziavo io
c'erano i primi One Mic che giravano l'Italia in un periodo in cui il
Rap non se lo cagava nessuno. Oggi sono tutti e tre affermati in modi
diversi, vivono a Milano per forza perché adesso il Rap è nelle
etichette discografiche che sono tutte lì. La scena di Torino tutto
sommato è ancora attiva, ci sono un sacco di gruppi, un sacco di realtà
che però non sono sotto i riflettori, non ci si rende conto di quello
che succede ma ci sono migliaia di persone che fanno il Rap a Torino,
molte più del necessario come dappertutto. All'epoca, comunque, c'erano
anche i Maschi Bianchi dove c'era Pula, i DaGiants, Canebullo, ancora
gli ATPC, la Funk Famiglia che poi sono diventati i Poor Man Style, i
Duplici di cui Paolito ha mixato e masterizzato l'ultimo EP che
abbiamo fatto. Certe cose sono cambiate perché la gente o è diventata
famosa o ha smesso perché c'è stato uno spartiacque da quando il Rap è
diventato mainstream, o svolti o smetti.
B: e tu da che parte vorresti stare?
W: io da nessuna delle due. Non mi piace essere figlio di schemi
che c'impongono, non sono dell'idea che si debba svoltare a livello di
Fedez per fare la musica in Italia, se no Vinicio Capossela avrebbe
smesso da un pezzo, capisci?
B: però non si capisce nemmeno dove ti collochi. Mi spiego
meglio: partecipare a concorsi (Genovaxvoi, Captain Futuro), girare
video...e i tuoi testi rimangono molto critici verso il mainstream.
W: perché devo essere collocato? Comunque, c'è una critica
rivolta al mainstream ma c'è anche una critica rivolta all'underground,
critiche rivolte a tutti. Come dice Dj Koma nel disco che uscirà a
breve, non me la prendo solo con chi fa musica commerciale perché un
disco undergound fatto male suona molto peggio. Io preferirei non fare
video, non avere i social network...smetterei di differenziare fra
underground e mainstream. Non esistono tematiche underground, esistono
modi diversi di spiegarle.
B: alla domanda che lavoro fai? oggi in molti rispondono
il rapper. Tu cosa rispondi?
W: io sono disoccupato. In realtà faccio il musicista, che però
non è fare il rapper. Dacché ho iniziato a suonare il basso ma comunque
anche prima, il mio sogno era quello di mantenermi facendo musica.
Mantenersi non vuol dire essere sempre in televisione, fare la
pubblicità alla Sisley, eh. Quello è guadagnare tanti soldi, a me basta
molto meno. Di lavoro faccio questo, mi facevo bastare lo stipendio del
call center, ora mi faccio bastare quello che guadagno dai live e dai
dischi che vendo, se domani guadagnerò più soldi sarà solo meglio. Sono
d'accordo con te, è molto inflazionato il concetto di rapper. Se
fai il Rap come lo fa Fedez o i Dogo a cinquant'anni è meglio che
smetti, secondo me se lo fai come Blitz The Ambassador lo puoi fare fino
a ottanta e nessuno ti può dire un cazzo. In Italia non si è ancora
visto un rapper credibile, anche se ormai i rapper che piacevano a noi
hanno quarant'anni, Tormento esce adesso col disco, Murubutu ha solo
minorenni davanti al palco...
B: qual è il tuo pubblico attuale e il tuo pubblico ideale?
W: il mio pubblico ideale è fortunatamente quello che vedo sotto
il mio palco in giro per l'Italia ultimamente, solo un po' più grande.
Ho la fortuna di avere un pubblico molto eterogeneo, quindi ci sono i
ragazzini, ci sono universitari, mediamente il mio pubblico è sui
venticinque anni, ci sono anche ragazzi della mia età, trentenni. Spesso
ai concerti di Funk Shui Project ci sono più donne che uomini. Mi
succede che persone che sono sotto al palco mi vengano a dire io non
ascolto Rap, però tu mi piaci un sacco. Io faccio Rap in un modo
diverso dagli altri perché ascolto roba diversa dagli altri. Ultimamente
sto ascoltando l'ultimo dei Verdena insieme a quello di Kendrick.
B:
cosa deve comunicare il tuo Rap?
W: un rapper che fa un disco intero senza dire un cazzo e parla
solo di Rap o di quanto lui è più bravo a fare Rap degli altri, non
aggiunge e non toglie niente al mondo così com'era prima che lui facesse
quel disco e quindi non serve a un cazzo. La musica deve dire delle cose
e schierarsi. Anche prendere posizione a livello politico. Per quanto
Fedez parli come un ragazzino delle superiori a botte di memes, lui ha
preso posizione e ha ragione Taiyo nel dire che tutto sommato è meglio
di chi posizioni non ne prende. Poi sono d'accordo con la Lucarelli che
dice che Fedez è sopravvalutato dalla stampa. Preferisco chi prende
posizione, sempre, a me piacciono i Rage Against The Machine e i 99Posse
che non hanno mai fatto mistero della loro posizione politica. Io faccio
una cosa similare, prendendo meno posizione, però vengo visto come
un'artista di sinistra, sono antifascista ma non ho mai detto di essere
di sinistra. L'ultimo EP che ho fatto è molto più schierato del disco
precedente perché l'ultimo ventennio della politica italiana ha
influenzato anche la musica. Se Emis Killa e Fedez sono lì dove sono, è
anche perché a fine anni '80 c'era Drive In! So che è paradossale, ma in
realtà non così tanto.
B: rapper italiani con cui ti piacerebbe collaborare?
W: per ora quelli che avrei voluto sui miei dischi li ho avuti o
li avrò a stretto giro di posta. A me non piace collaborare con persone
che non conosco nell'ambito Rap e quindi non saprei dirti. Dutch e
Hyst/Taiyo sono due dei miei artisti preferiti e sono molto contento di
averci collaborato. Ascolto anche Rap italiano ma non c'è nessuno con
cui farei un pezzo, a parte Bean e Caparezza se è annoverabile nella
categoria Rap e lo dico apposta ragazzi, rappa molto meglio di tanti di
voi.
B: anticipazioni sul nuovo disco?
W: non è Rap. Non è così Rap come l'EP. Quasi niente gira con i
BPM e col groove tipico del Rap, quasi niente di quello che ho fatto nel
disco.
B: guarda che si dice così anche di "Squallor" di Fibra...
W: purtroppo ho avuto modo di sentirlo, mi ha fatto cagare. Il
mio disco nuovo non somiglierà a niente che ho fatto fino ad oggi, poi
la poetica del Peyote è quella, il nichilismo, il rapporto un po'
cinico con tutto ma non saprei come descriverlo, è un passo avanti
secondo me.
B: un feedback che ti piacerebbe ricevere da un tuo ascoltatore?
W: quello che mi è piaciuto di più, a tutti i livelli, me l'ha
detto il cantante del vecchio gruppo di mio padre, che non è un mio fan:
dici le cose che avrei sempre voluto dire io ma non sarei mai stato
in grado di dirle così. E' la cosa più bella del mondo. A me basta
quella, se io riesco a pagarmi l'affitto, a fare la spesa e a sentirmi
dire questa cosa qua da una persona a 1.200 km da casa mia con una vita
completamente diversa dalla mia; in qualche modo ascoltando la mia
canzone lui ha pensato che parlassi di lui, che cazzo me ne frega di
fare lo sponsor alla Sisley, non è quello che mi interessa.
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