Intervista a Mista @ Jesolo Lido - Gennaio 2007

Nel quel di Jesolo si aggirano sempre tanti personaggi. Tra questi abbiamo scovato Mista, che molto gentilmente ci ha rilasciato una gustosa intervista. Qualsiasi introduzione al noto mc veneto, affermatosi grazie ai suoi testi, alla sua tecnica ed agli innumerevoli live in giro per tutta la penisola, sarebbe ovviamente superflua, pertanto vi lasciamo alle sue parole.

Blema: Comincerei parlando delle ultime cose che hai fatto: molto interessante è "Il pezzo rap" con Ghemon Scienz, un pezzo ironico ma comunque verissimo a livello di contenuti. A proposito di questo, come va con la Soulville?
Mista: La loro compila è senza dubbio una bella fotografia di quello che vogliono essere e della loro identità, anche se Ghemon se n'è andato, credo che comunque le loro intenzioni siano ancora ben vive. Resta un sito attivo, frequentato da tanta gente. Io in quella compilation sono un po' un estraneo, l'unico che non faceva parte di Soulville, ma sono contento di esserci perché mi trovo in sintonia con le loro idee. Il fatto di rendere la musica scaricabile gratuitamente è un approccio critico verso tutto quello che c'è stato in Italia fino ad ora, infatti "Il pezzo rap" nasce da questo.

B: Dicevamo della canzone con Ghemon, in cui dite delle cose verissime in modo simpatico e ironico. Tu avendo una carriera con più esperienza rispetto a Ghemon hai certamente avuto a che fare con gente che usa i modi di fare che critichi e descrivi in quel pezzo.
M: Ti dirò di più, mi auto-disso in quel pezzo. Si tratta di fare il punto della situazione e dire: <<Ok, abbiamo parlato di queste cose, ma non dobbiamo certamente chiudere la porta. Siamo riusciti ad ironizzarci sopra, abbiamo svelato il gioco, non dobbiamo però prenderci in giro>>. Poi, in realtà, si può comunque fare tutto quello che viene detto nel testo anche senza essere banali. Ovviamente noi abbiamo estremizzato la cosa. L'idea iniziale è stata di Ghemon: io mi sono trovato ad affrontare gli aspetti più tecnici della canzone, facendo riferimento al mio modo di rappare, a come chiudere le rime, invece lui, avendola scritta prima, è riuscito ad essere più graffiante, perché parla di una serie di argomenti classici: ganja, ecc...

B: La cosa scandalosa che ho scoperto riguardante tanti artisti emergenti, è che pagano artisti più famosi per avere featuring sui loro demo. Ti è mai capitato di avere proposte del genere?
M: E' capitato ma non l'ho mai fatto. Se devo arrivare al punto di farmi pagare per fare un featuring, vuol dire che semplicemente mi sto facendo pagare il tempo. Fortunatamente un lavoro ce l'ho e posso vivermi la musica come espressione pura della mia personalità.

B: In teoria le collaborazioni dovrebbero nascere da una certa stima reciproca...
M: A volte la stima reciproca c'è, ma manca proprio il tempo materiale di fare le cose. Mi capita quotidianamente di ricevere mail o messaggi su MySpace dove mi chiedono di fare collaborazioni per mixtape o compile. In un mondo perfetto vorrei poter dire a tutti di sì, soprattutto a quelli che conosco e so che valgono, ma non è materialmente possibile.

B: Ricordiamo tutti "Acciaio" dei Centro13. Ci sono in cantiere dei progetti o collaborazioni in coppia, o con altri mc's, produttori?
M: Adesso come adesso l'mc con cui mi trovo meglio è Frank Siciliano, perché riguardo al percorso musicale che abbiamo fatto è quello con cui mi trovo più in sintonia anche nel mischiare il rappato con il cantato, e poi soprattutto per gli intenti comunicativi. C'è in progetto un album con MadBuddy, iniziato ma non concluso, per motivi di distanza geografica: abbiamo un pezzo finito che andrà nel mio album, quindi almeno un segno di questo progetto resterà. Comunque collaboreremo assieme di nuovo perché reputo Stokka e MadBuddy due persone valide e affini a me musicalmente.

B: Parlando di scena italiana, quali sono i personaggi più importanti con cui sei entrato in contatto e con cui hai lavorato?
M: Entrato in contatto un po' con tutti, con alcuni si è creata un'intesa più forte, con alcuni meno. La cosa positiva è che noi, parlo di me, Shocca e Frank, rispetto ad altri gruppi, non abbiamo mai avuto un'aperta ostilità con qualcuno, quindi siamo in una posizione di vantaggio nel senso che riusciamo ad interloquire e ad approfondire i rapporti con tutti. Ci siamo trovati meglio con Stokka e Buddy, Ghemon, One Mic, Giuann, coi Colle der Fomento anche se non ci vediamo spesso. Anche a Milano ci troviamo bene sia col lato Sano Biz che con i Dogo: è bello passare una serata sia con l'uno che con l'altro e capire i diversi punti di vista sull'Hip-Hop.

B: Parlando appunto di Milano, dove stanno crescendo dei grandi nomi, ad esempio Mondo Marcio, Fabri Fibra recentemente trasferitosi... Che rapporto hai con loro adesso, che vengono considerati come le icone del Rap italiano?
M: Icone del Rap italiano... La cosa che mi fa storcere un po' il naso è che sono stati proposti al grande pubblico dei personaggi stereotipati, quindi zero fatica per loro. Come dire 50 Cent ed Eminem. Poi in realtà Fabri ha una personalità molto più complessa di quella che potrebbe avere un Eminem all'italiana perché è arrivato a questo punto con un percorso di maturazione musicale che tutti conosciamo. Semplicemente per il grande pubblico la sua figura di antieroe richiama quella di Eminem. Marcio l'ho conosciuto ai tempi dello Show Off e mi aveva colpito perché è una persona dotatissima, ha un dono naturale per la musica: ci sono restato un po' male nell'evoluzione che ha avuto. All'inizio mi aveva colpito per le sue capacità in freestyle, faceva delle rime comunque ironiche, sapeva tenere viva l'attenzione di chi lo ascoltava. Adesso si capiscono le sue matrici, quello da cui si ispira in maniera troppo plateale. Avendo fiducia nelle sue capacità innate, spero che riesca a reinventarsi.

B: Collegandoci al discorso del freestyle ed anche a quello che aveva detto Next One nella sua intervista, lui ieri si era trovato in giuria per la gara di Breaking e al contrario di come succede all'estero, a sua detta, qui i ragazzi spesso non sono d'accordo con le valutazioni. Manca una sorta di umiltà nell'accettare il verdetto. Era successo un episodio simile un paio di anni fa ad una gara di freestyle al Palladium, un Kombat...
M: Io ero in giuria!

B: Ah, eri in giuria, quindi sai meglio di me di cosa sto parlando. Che consiglio dai ai giovani che salgono su un palco e che vengono giudicati da esperti?
M: Alla base di tutto c'è un concetto, spesso abusato: il rispetto. Sembrerà ovvio, ma il rispetto non va solo chiesto, va anche dato. La seconda cosa è che le sfide ormai sono degenerate. Viene automatico pensare che il freestyle vada fatto contro qualcuno, o che il freestyle è solo dissing: non è così. Il freestyle è una forma di espressione della nostra cultura. Quando lo fai, lo fai prima per misurarti con te stesso, poi con gli altri. Quando poi hai davanti un personaggio come Next One, non puoi permetterti di dirgli niente. L'ossessione della vittoria è sbagliata, non puoi pensare di affermarti con una vittoria. Ti affermi in base a quello che fai, in base a quello che fa la tua crew, col tempo. Vinci una serata, bene. Vinci tre serate, che figata. Ma non pensare di essere riconosciuto ed amato dalla gente semplicemente perché hai vinto tre o dieci gare. Ti affermi quando scendi dal palco e parli con chi è li da più tempo, con chi ti giudica, con chi ti ha ascoltato e ne hai rispetto. Nell'episodio del Palladium c'era Inoki che ha avuto da ridire, non per pararmi il culo, ma fatalità in quell'occasione io avevo votato per lui: anche se fosse stato ingiusto il giudizio, comunque ti sei esposto e devi accettare. Inoki comunque è una persona sicuramente sanguigna ma che l'Hip-Hop ce l'ha dentro al 100%, probabilmente l'aveva presa male perché ci aveva messo molto più impegno degli altri.

B: Restando in argomento freestyle, cose ne pensi di certe correnti Hip-Hop più underground, sia americane che italiane, che non fanno freestyle?
M: La cosa può certamente esistere. Quello bravo a scrivere le strofe io lo chiamo il liricista, e non necessariamente deve essere bravo in freestyle. Uno che fa il salto col trampolino non è detto che sia bravo a sciare! L'ideale non dico che sarebbe riuscire a fare tutto, ma provare a fare tutto. Tanta gente che è brava a scrivere non si butta a fare freestyle per paura del giudizio.

B: Hai avuto occasione di fare collaborazioni con artisti europei o americani?
M: No, non è capitato. Avrò dei beat di Fid Mella, un giovane produttore di Vienna. Comunque mi piacerebbe che si aprissero i confini della musica italiana, anche se è difficile perché la nostra lingua è una delle meno esportabili. È successo il contrario, di artisti che rappassero in francese o in inglese su roba italiana. Ti dico la verità: non sento molto questa esigenza, un po' solo dal punto di vista dell'esperienza, ma non a livello comunicativo: non vedo una priorità avere dei featuring in inglese nel mio disco che comunque verrà ascoltato al 99% in Italia.

B: In quest'ambito, hai dei sogni?
M: Ci sono degli artisti americani che mi hanno ispirato, e con i quali ovviamente mi piacerebbe collaborare. Se vogliamo fare i nomi: Redman, Talib, MF Doom, anche gli Slum Village comunque. A livello di produttori Hi-Tek, J Dilla (R.I.P.), Madlib. Poi Busta Rhymes mi ispira molto: ha mille voci, una grande tecnica, anche se è molto ignorante, ma lui è così!

B: Prima hai nominato MySpace: tu ne hai uno tuo. Pensi che questa diffusione della musica via internet sia d'aiuto?
M: Tutti quelli che fanno Hip-Hop in Italia vogliono mettersi in prima persona, vogliono mettersi in gioco, è una prerogativa della nostra cultura. Non esiste il fan dell'Hip-Hop che non faccia niente o che non abbia un'empatia veramente forte con questa roba. Quindi MySpace arriva proprio a fagiolo: metti le tua canzoni, ti customizzi la tua pagina e hai subito un'impronta della tua personalità. Io lo faccio per uno scopo promozionale: molta gente ci passa, ci sono i bollettini con le date, è comunque un mezzo per tenersi in contatto quindi ben venga. È in atto una rivoluzione: ognuno è nodo della distribuzione, e non so se veramente la musica come la conosciamo oggi scomparirà e se si venderanno soltanto in internet gli mp3. Con questi mezzi, come MySpace o YouTube, ormai è la gente il protagonista di internet, tutti siamo produttori di noi stessi.

Moro: Ma non è un controsenso rispetto a quello che è l'Hip-Hop? Cosa intendo dire: anche io sono trevisano come te e Shocca e so cosa significa vivere qui, in una città provinciale, dalla quale è difficile emergere. Comunque voi ce l'avete fatta ad esportarvi, ovviamente sbattendovi molto. Con MySpace è fin troppo facile farsi conoscere...
Mi: Infatti con questi mezzi raggiungi subito dei risultati, dei commenti, dei feedback su quello che fai. La cosa ipocrita però è che nessuno dirà mai: <<Che merda!>>. Tutti dicono: <<Grazie per l'add, sei un king, bello il pezzo...>>. Il consiglio che si può dare è: usate questi mezzi, ma poi uscite e guardate in faccia le persone. Una cosa che ho notato di tanti gruppi emergenti è che spesso vanno sul palco e guardano in basso, sono timidi insomma: è la paura del giudizio. Per dire, ci sono personaggi che diventano noti solo facendo dissing...

Mo: Nel mondo del web, Hatingline ne è un esempio...
Mi: Hatingline è giusto che esista, io la giudico come satira. Ho avuto da ridire con loro quando un dissing comincia ad essere ricorrente, com'era successo con Inoki. A quel punto non era più satira, ma semplicemente ci si approfittava di un mezzo per infangare qualcuno. Fare ironia su chi fa Hip-Hop, su chi è noto, sicuramente ben venga, ma non deve diventare persecuzione.

B: Dal vivo o anche tramite internet hai conosciuto gente nuova che può avere un futuro?
M: Ad esempio gli Adrenalina Boys, dei ragazzi giovani comunque di Treviso, che adesso stanno facendo delle belle cose, li ho conosciuti via internet. Appunto l'approccio via internet può abbattere quella timidezza che c'è nell'incontro ad una jam o ad un live. Con Stokka e Buddy abbiamo fatto delle canzoni via internet.

Mo: A volte c'è gente che si sente da una cifra di anni ma esce tardi con un disco: ad esempio Giuann è da sempre sulla scena ma il suo disco esce solo ora...
Mi: Circa dieci anni fa noi eravamo in sano antagonismo con il suo gruppo, ci sfidavamo alle jam perché avevamo dei punti di vista differenti. Noi più rivolti alla scena milanese, loro invece con un atteggiamento più di rivalsa. Poi Giuann è di Gorizia, il confine più estremo dell'Italia e l'Hip-Hop li è arrivato come un riflesso lontano che gli ha fatto capire cosa c'era di marcio sotto: questa è una cosa sì positiva, ma da un altro punto di vista li ha esclusi. Giuann, essendo una persona dotata tecnicamente e musicalmente, col tempo è riuscito a mettere in piedi il disco, che è certamente uno dei migliori dell'anno.

B: Giuann ha aperto il concerto dei Dilated Peoples ma abbiamo visto che c'eri anche tu al concerto: perché non hai aperto tu il live?
M: Perchè ero in fila fuori e non avevo nemmeno l'accredito per entrare. Comunque ad aprire i concerti ci sono sempre le persone più vicine agli organizzatori. In questo caso c'era il contatto dell'etichetta, la First Class. A Milano obiettivamente non abbiamo suonato molte volte, più nella zona attorno a Milano. Comunque non mi sembra il caso di fare polemica su un argomento come questo.

B: Nel nord Italia, come mc, sei visto molto ma molto bene. Mi viene in mente questa domanda pensando ai Club Dogo che quando si esibiscono a Milano vengono osannati, mentre mi sono giunte voci che quando sono andati a Roma le reazioni del pubblico non sono state tra le più positive. Ti è mai capitato di vedere ai tuoi live comportamenti di questo tipo?
M: No, non mi è mai successo. La cosa che mi rende orgoglioso è che dovunque la fotta della gente nei miei confronti è abbastanza omogenea. Un posto bellissimo dove sono stato a suonare è stato vicino a Catania, alle pendici dell'Etna, ed è stato bello vedere l'amore che c'era per quello che facevo. Mi ha riempito il cuore ed ho capito che stavo facendo qualcosa di giusto. Quando abbiamo suonato a Roma è stato bello anche lì, anche in Sardegna è stato stupendo. La cosa è appagante perché non abbiamo mai voluto fare della demagogia, nel senso di spingere su argomenti che infottassero la gente per forza. Abbiamo preso un percorso magari un po' più lungo ma che ci ha lasciato veri con noi stessi. Se reciti, poi sei costretto a restare sempre fedele al tuo personaggio.

Mo: A proposito di percorso: quando siete partiti, con voi c'era anche Medrano, che adesso fa tutt'altre cose, Rap in dialetto veneto, una sorta di Rap comico per intrattenere più che per portare messaggi. Siete ancora in contatto? Siete ancora amici?
Mi: Sì, certo! Adesso sia lui che noi suoniamo con costanza. Nel 1999-2000 c'è stato il momento di crisi dell'Hip-Hop e lì c'è stata la nostra separazione, ci siamo rimescolati. È arrivato Frank, ci siamo sentiti meno con Ciacca. Medrano ha preso quella via, che comunque è stata lunga per arrivare a rappare in dialetto. Noi eravamo focalizzati più sugli aspetti tecnici del Rap, per lui non era una cosa fondamentale, ha invece privilegiato l'ironia, è come un comico.

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Salutiamo Mista e lo ringraziamo per la disponibilità e la simpatia nel concederci l'intervista.