Bra:
Cominciamo da principio, cioè dalla fusione tra A.S. Click e
Delitto Perfetto (mi pare fosse il 2003) nel Lato Oscuro. Raccontateci
questo passaggio, le ragioni che vi hanno spinto ad unire reciprocamente
le forze, le difficoltà magari nel tenere assieme più teste e le
conseguenze pratiche sul vostro fare musica.
Lato Oscuro: Abbiamo iniziato praticamente tutti insieme, anche se
alcuni di noi avevano esperienze precedenti in altre formazioni, quando i
due gruppi si sono formati abbiamo fatto i live in coppia per un sacco di
tempo. Dove c'era A.S. Click, c'era Delitto Perfetto e viceversa. Il
progetto Lato Oscuro era un'idea di Moder per radunare le realtà
Hip-Hop più interessanti della scena Ravennate e delle zone limitrofe,
tutto questo si è poi riassunto con la fusione dei due gruppi, per creare
un'unica band che fosse una vera e propria potenza sul palco.
Riccardo Orlandi: La scelta, coraggiosa, di concepire un modo di
fare Rap alternativo e controcorrente è sicuramente ammirevole. E'
una strada che avete intrapreso per esigenze e gusti personali o pensate
sia una possibile direzione che, se sfruttata anche da altri, possa
portare a risultati nuovi? In altre parole: auspicate che il Rap
italiano si orienti in tal senso o è semplicemente il modo in cui voi
sentite opportuno farlo?
LO: Non vogliamo essere alternativi a tutti i costi. A dire il vero
il concetto stesso di alternativo non ci piace molto. Definire il
proprio modo di fare musica alternativo lascia trasparire una certa
arroganza di fondo, caratteristica che non si addice a noi come esseri
umani. Non c'è un'esigenza di fare le cose in maniera diversa a
tutti i costi. La nostra musica è quello che siamo, non è un suono deciso
a tavolino, è tutto estremamente spontaneo. Quindi non credo che sia
ammirevole tutto ciò, piuttosto non è ammirevole il contrario. La verità è
che siamo molto influenzati da quello che ascoltiamo, che leggiamo e che
vediamo. Tornando alla domanda, non pensiamo che il Rap italiano debba
seguire a tutti i costi il nostro esempio, ci sono realtà musicali
totalmente diverse ma comunque molto valide e interessanti.
B: Continuando su questo tema, proprio pochi mesi fa, intervistando
i Groovenauti, Psycho vi citava tra quanti fanno parte <<di una scena
di confine che sta nascendo dal basso>>, ovvero un microcosmo, se così
vogliamo chiamarlo, all'interno di un insieme comunque non troppo esteso
che è l'Hip-Hop italiano. Premesso che a mio avviso è l'utenza a creare
delle categorie entro cui poter isolare gruppi e (sotto)generi musicali,
non viceversa, voi vi rivolgete solo ai backpackers più incalliti o
ritenete di poter raggiungere un pubblico quanto più ampio possibile? E
quale delle due strategie è più semplice?
LO: Tra "Artificious" e "Amore, morte, rivoluzione" sono passati
poco più di tre anni, anni che hanno segnato tanti cambiamenti che
ovviamente hanno influenzato il nostro modo di fare musica. Le nostre
esperienze musicali e personali si sono come fuse nel nostro ultimo
disco. Non crediamo molto nei sottogeneri e nei microcosmi, cerchiamo di
fare buona musica che possa arrivare a chiunque, senza seguire per forza
formulette predefinite. L'idea di avere un pubblico di riferimento
può inconsciamente orientare alcune scelte musicali e questo limiterebbe o
incanalerebbe il potenziale espressivo. La prima cosa che abbiamo deciso
lavorando a quest'album è stata quella di fare un disco di gruppo,
affidandoci unicamente alle nostre forze e a quelle dei nostri
collaboratori/amici più prossimi. Non abbiamo affrontato strategie di
nessun tipo e il risultato aveva il sapore di "Amore, morte,
rivoluzione". Visto che l'hai citato, salutiamo Psycho e i Groovenauti,
sono grandi amici.
RO: Da un punto di vista tecnico è evidente che avete evitato di
seguire con eccessiva ortodossia lo schema classico dei pezzi Rap, ad
esempio attraverso il tradizionale schema strofa/ritornello. Qual è il
vostro rapporto con la scrittura? I tentativi di trovare nuove soluzioni
sono molti e arrivano anche a mettere in dubbio la tecnica fondamentale:
mi riferisco, ad esempio, alla seconda strofa di "Come voi", in cui le
rime a fine verso sono assenti. Quello che intendo è: come scrivete? La
potenza suggestiva delle immagini è effettivamente più appagante del
virtuosismo tecnico fine a se stesso?
LO: Sulla scrittura abbiamo tutti idee diverse, c'è chi la orienta
maggiormente sulla tecnica e le metriche complesse, chi sulle rime
potenti, chi sul testo originale. In "Come voi", ad esempio, le rime sono
presenti ma molto allontanate attraverso l'uso della tecnica dell'offbeat.
In sostanza possiamo dire che non esiste una vera e propria scuola
Lato Oscuro: scrivere e cantare con uno stile simile l'uno all'altro non
ci interessa. Riguardo alla formula strofa/ritornello, è stato naturale
cercare altre strade, soprattutto perché erano le strumentali a chiederlo.
RO: Tra l'altro nella presentazione di "Amore, morte, rivoluzione"
citate, come fonti di riferimento per la scrittura, Dick e Vonnegut.
Potreste spendere qualche parola in più per approfondire l'argomento?
LO: Philip Dick e Kurt Vonnegut sono solo due degli autori a cui ci
ispiriamo. I film, la letteratura e la musica, oltre naturalmente alla
vita di tutti i giorni, sono le fonti a cui attingiamo quando scriviamo.
Detto questo, non vogliamo essere citazionisti o
intellettualoidi, i nostri testi parlano principalmente di ciò che
siamo perciò è naturale che certe letture, ascolti o visioni che ci hanno
colpito entrino poi in quello che scriviamo.
RO: Perché proprio l'amore, la morte e la
rivoluzione? Da cosa è dettata la scelta di questo trittico e la
riduzione tematica a questi tre argomenti centrali?
LO: Sono tre argomenti fondamentali per un essere umano. Sebbene il
concept dell'album sia riassunto in tre parole, abbiamo cercato di
approfondire gli argomenti, non banalizzarli, focalizzarli anzi al
massimo. L'amore può essere distruttivo, mentre la morte, vista
solitamente come la fine della vita, può portare invece ad un cambiamento,
alla rivoluzione appunto, non necessariamente politica, ma anche
personale.
B: Complichiamo le cose: se vi chiedessi di indicare una
rappresentazione grafica per l'amore, la morte e la rivoluzione attraverso
altrettante opere artistiche (classiche, contemporanee, avanguardiste;
quello che vi pare) voi cosa scegliereste e perché?
LO: La domanda è complicata ed è complicato rispondere. Quando
abbiamo iniziato quest'ultimo lavoro avevamo puntato su un singolo che
parlava dell'urlo come sfogo o come arma di ribellione. E' venuto
istintivo legarci all'opera più importante di Edvard Munch, "L'urlo". Come
questo quadro ha segnato nella storia dell'arte la fine di un'epoca (fine
del 1800), così "Munch", una delle tracce principali di "Amore, morte,
rivoluzione", segna la fine di "Artificious" e l'inizio di una nuova
avventura e di nuovi stimoli. Le emozioni collezionate durante la
realizzazione di quest'ultimo lavoro sono decisamente paragonabili a
"L'urlo", che racchiude col suo significato artistico e culturale i tre
concetti chiave dell'album.
RO:
I pezzi che fanno riferimento alla rivoluzione (penso in
particolare a "L'onda") sembrano definire una concezione lontana da tanto
Hip-Hop militante, peraltro, a parer mio, oramai fuori moda, oltre
che ideologicamente discutibile. In altre parole, mi sembra che non
parliate di una rivoluzione per così dire attiva e violenta, ma più che
altro di una presa di coscienza dell'individualità della persona. E' così
o si tratta solo di una mia impressione?
LO: Non volevamo inneggiare alla rivolta, il nostro presente
è pieno di violenza sottesa, una rabbia senza nome e senza scopo non come
quella operaio/padrone o militante/stato. Siamo lontanissimi dall'Hip-Hop
militante perché siamo la generazione degli ideali uccisi. Non volevamo
inneggiare alla rivolta politica o di classe ma ad una rivolta personale,
quasi individuale. La piazza è solo il luogo in cui distruggere ciò che ti
ingabbia. Nell'onda c'è l'impiegato che si toglie la camicia per non
appartenere più alla vita che si è costruito e che l'ha reso schiavo, c'è
chi è sceso in piazza pronto allo scontro con la polizia e capisce troppo
tardi che non sarà così che cambierà la propria vita, chi invece cerca lo
scontro per vendicarsi di tutta la merda ingoiata. Non appartengono ad un
partito o ad un ideale condiviso, sono solamente uomini pronti a tutto. E
poi? Come si conclude la rivolta? I personaggi entrano e se ne vanno senza
lasciare il segno. Sono piccole apparizioni nel filmato dello scontro
dei nessuno e di cui nessuno sentirà la mancanza.
B: Di solito nel commentare un disco viene automatico indicare
delle fonti di ispirazione, dei termini di paragone che ne chiariscano,
quantomeno per sommi capi, il tipo di sonorità; per quel che riguarda Dj
Nada, però, non è affatto semplice, l'originalità delle sue produzioni e
l'uso di strumenti che non siano solo campionatore e sequencer complica
ogni tentativo di valutazione, perciò vorremmo sapere dal diretto
interessato quali sono i musicisti che lo hanno influenzato maggiormente
e, se possibile, come si è articolata la fase di composizione di "Amore,
morte, rivoluzione", durata ben tre anni.
LO: La scrittura delle musiche è riconducibile ad un periodo ben
definito della mia vita. Ho cercato di mettere in musica quelle
sensazioni. Quando riascolto le strumentali di "Amore, morte,
rivoluzione", riaffiorano immagini, persone, situazioni di vita vissuta.
La musica per me è come un diario, alcuni suoni, alcune melodie descrivono
il mio mondo molto meglio di quanto lo facciano le parole. Mi hanno
influenzato il Prog e il Jazz di certi anni nella ricerca delle immagini
sonore, i Mars Volta mi hanno illuminato sulla costruzione e distruzione
delle strutture, El-P mi ha mostrato come rendere solido un suono. Mi
affascinano le ricerche di Prefuse73 e Burial, le chitarre di Dan Auerbach,
le colonne sonore di Santaolalla e Badalamenti, l'uso magistrale dei
campioni di Madlib, le soluzioni Pop di Danger Mouse e Kanye West, le
ritmiche storte di Flying Lotus, il suono metallico dei Nine Inch Nails,
la dolce malinconia dei Notwist e dei primi Tiromancino, l'Elettronica
concreta di Squarepusher e tutto l'immaginario alterato dei Pink Floyd.
B: Rispetto ad "Artificious" (ma anche a "Doublethinkers" e "Grand
Guignol") mi sembra appunto di notare un insieme di spunti musicali ancora
più eterogeneo, possiamo dire che "Amore, morte, rivoluzione" segna un
punto di arrivo definitivo per Il Lato Oscuro della Costa o il vostro
percorso rimane in progress?
LO: Qualcuno prima di noi ha detto che il punto d'arrivo per chi
vive è la morte. Davvero non sappiamo che cosa faremo musicalmente domani.
Più che un punto d'arrivo, quest'album è una tappa fondamentale della
nostra vita, ma abbiamo nuovi stimoli e nuovi progetti da realizzare. Di
definito c'è solo la voglia di fare musica.
B: Se volessimo tracciare un piccolo bilancio della vostra carriera
musicale, tutt’altro che breve dato il discreto numero di pubblicazioni,
come sarebbe? Avete raggiunto più o meno degli obiettivi che vi eravate
prefissati qualche anno fa?
LO: Principalmente abbiamo preso coscienza di parecchie cose che
riguardano il mondo della musica e noi stessi. Questo si può considerare
un obbiettivo raggiunto. Nell'immediato crediamo che il vero lavoro inizi
ora che il disco è uscito e speriamo tra qualche mese di poterci prendere
qualche (meritata) soddisfazione.
B: Una curiosità, avete anche un lato non oscuro?
LO: A livello umano di oscuro c'è ben poco, siamo ragazzi socievoli
ed allegri. Ci piace parlare con la gente, interagire con le realtà
presenti nei posti che visitiamo durante i concerti. Del resto Il Lato
Oscuro della Costa lavora nel buio per venire alla luce, non il
contrario...
RO: Proviamo a puntare i riflettori nell'altro verso. Vorrei un
vostro giudizio sulla scena italiana; non sto parlando degli artisti, ma
del pubblico. L'impressione di chi, come voi, ha maturato una forte
esperienza live è di certo significativa per esprimere un'opinione sul
livello di competenza e serietà di chi segue l'Hip-Hop in Italia. Proviamo
ad abbozzare un identikit?
LO: E' grazie al pubblico Hip-Hop che esistiamo e dobbiamo
molto a chi ha creduto in noi e ci ha supportato. Prima di essere
musicisti, siamo noi stessi pubblico; apparteniamo fieramente a quel
gruppo di superstiti che continuano a seguire e supportare la musica, sia
nei negozi che dal vivo. Del pubblico in italia si è detto di tutto,
esiste, non esiste, ma crediamo che senza troppe sovrastrutture il
pubblico esista dove esiste qualcuno che voglia parlare. Se
organizzo il concerto di Eminem ma lo scrivo in tre siti specializzati e
mando due messaggini agli amici non basta per raggiungere un buon
risultato, figurarsi se poi si parla di progetti underground. Aggiungi il
fatto che il pubblico è formato da persone, le persone all'interno di un
gruppo sono molto poco identificabili da fuori ed ecco spiegato il perché
spesso si parla di pubblico frammentato. Come già detto, i grandi
movimenti sono morti ed è finita (purtroppo) anche l'epoca in cui ci si
facevano 200km per andare supportare qualsiasi cosa che avesse a che fare
con l'Hip-Hop: oggi suoniamo nei club e li chiamiamo concerti, purtroppo
non capita più tanto spesso di ritrovarsi ad una Jam. Crediamo nel live
perché il rapporto con chi ti ascolta è diretto, indipendentemente dalla
casa discografica, dalla pubblicità e dalla notorietà.
B: Ultima domanda. Come si svolgerà la promozione di "Amore, morte, rivoluzione" e quali saranno i principali canali utilizzati?
LO: Ci concentreremo particolarmente su internet, ma non ci
fossilizzeremo. La nostra etichetta discografica e il nostro ufficio
stampa stanno lavorando molto bene per cercare di promuovere e dare il
massimo della visibilità al nostro disco. Inoltre cercheremo di toccare
molte città con il nostro tour che si farcisce di date di settimana in
settimana.
B: Grazie e in bocca al lupo...
LO: Grazie a voi e a tutti quelli che, in un modo o nell'altro, ci
hanno aiutato e sostenuto.
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