Roma, Piazza Ungheria, 14 marzo
2007, tardo pomeriggio: tra i rumori del traffico e l'incedere
indifferente dei passanti tre figure chiacchierano serenamente su una
panchina di legno...
Bra: Cominciamo dall'inizio. Ti
ho visto per la prima volta tanti anni fa, ad Avellino, in un locale di
Piazza Macello dove presentavi "Bloodstains", il demo dei
Sangamaro...
Ghemon: ...un secolo fa...
B: ...più o meno. Raccontaci
come hai cominciato e come sono nati i Sangamaro.
G: Sì...storia molto divertente. Allora io ho iniziato a sentire il Rap
nel '95 per colpa di mio cugino, che nell'anno precedente mi faceva sentire a
rotella Ligabue e Litfiba, dei quali ero un grande fan. Si parla di quando
avevo circa undici anni, un giorno mi ha fatto sentire qualcosa degli
Articolo che credo fosse "Tocca qui", mi sono subito infottato e
siccome evidentemente 'sta cosa ce l'avevo nel DNA non mi sono fermato
lì. Ho cominciato a scavare e ho scoperto Venerdì Rappa, ho trovato
grazie a qualche miracolo un Aelle che ho ancora a casa e via così. C'è
stato un primo lungo periodo di confusione in cui volevo dannatamente
capire la differenza tra East e West, non distinguevo molto le differenze
tra voci e questo forse ha giovato alla mia applicazione a capire di più.
Poi sono arrivate le prime cose tipo Craig Mack...ne parlavo l'altro
giorno con Kiave: c'è stato un mitico pezzo vecchissimo di uno che poi è
scomparso, uscì un po' sull'onda di Kris Kross e si chiamava "Nikka",
di Lil Vicious...che pezzo! Ascoltavo Busta Rhymes e tutta la gente di
quel periodo, infottandomi come una bestia. Era strano che un tredicenne
si mettesse alle undici di sera a registrare Venerdì Rappa, però ho
insistito, ho continuato, ho cominciato a scrivere le prime cose.
Scopiazzate ovviamente! Però ci provavo... Ho fatto delle cose con un
altro mio amico che a quattordici anni aveva già i piatti e abbiamo
registrato le prime cose in cantina. Eravamo io e il mio caro amico writer
Mobbi, che aveva creato questo gruppo che si chiamava 15 Barrato, finito
però su un binario morto perché per sua imposizione rappavamo in
dialetto; tutto questo molto prima che sapessimo che esisteva La
Famiglia...non che l'abbiamo fatto noi per primi!
Al-X: Avveniva tutto molto
inconsciamente.
G: Esatto, anche perché noi, dipingendo, in realtà avevamo contatti solo
con il writing. A questo punto trovo un annuncio in un negozio di dischi
di uno che cercava di formare un gruppo Rap e conosco Domenico (Domey
Blanco, n.d.Bra), ci siamo visti - ostacolati come nelle migliori storie
d'amore dai miei genitori perché lui era sei/sette anni più grande di
me...ma hanno dovuto cedere - e sono nati i Sangamaro. Abbiamo fatto il
demo nel 2000 dopo che avevamo conosciuto Musta e Pio, loro erano molto
più avanti di noi, nel senso che noi scrivevamo solo rime a bestia però
registravamo sulle strumentali americane dei vinili che compravamo...
B: ...un po' come tutti.
G: Sì, non esattamente come ora però che È MOLTO PIÙ SEMPLICE! (lo
grida palesemente nel microfono, n.d.Bra)
B: Quanto è stato difficile fare
del Rap ad Avellino?
G: Difficilissimo. Non dimenticherò mai vari episodi che mi sono
successi...tipo che durante il primo anno di scuola superiore avevo il
cappello alla pescatora, io antesignano di questa supermoda, e mi facevano
le solite battutine: che ti si è allagata casa? e cose così.
Però dopo un paio di estati quel cappello lo mettevano tutti! Questo per
dire come la cosa nei posti più piccoli è complicata, il solo fatto di
cercare determinati dischi nei negozi era impossibile. Poi davvero poca
interazione con altre persone che in quel periodo erano infottate.
Successivamente c'è stato un bel periodo in cui la cosa è cresciuta,
tipo all'epoca dell'Hip-Hop Village: ricordo che facevamo delle riunioni
di coordinamento, eravamo una cinquantina di writer, una cosa
sproporzionata per una città così piccola.
B: "Bloodstains" ebbe
un bel riscontro, lo stesso Aelle ne parlò benissimo; cos'è successo di
lì a poco ai Sangamaro?
G: È successo che ormai eravamo nel 2001, nei primi mesi di quell'anno
registrammo con l'allora sconosciuto Mr. Phil, conosciuto al primo Da Bomb
in cui apparimmo a sorpresa io, Pio e Ogus perché Kajar e
Domenico non c'erano. Fummo bravi, tant'è che dopo il check il Bagatto ci
venne a fare i props, cosa che non scorderò mai perché che uno ti fa i
props dopo il check, anche se è il Bagatto, fa un po' ridere... Comunque
dopo questa serata io ero ebbro di gioia, c'erano Mr. Phil, Turi e Fede,
facemmo conoscenza, gli piacque la storia e iniziammo a registrare quattro
pezzi che poi nessuno ha mai sentito perché come sappiamo da lì in poi
il Rap italiano ha preso tutta un'altra piega e noi purtroppo ci siamo
fermati. Peccato perché erano delle tracce molto carine che forse oggi
come oggi non sfigurerebbero neppure, erano delle cose un po' jaydilliane...
B: A questo punto ti sposti a
Roma...
G: Sì...e Roma purtroppo non è un posto facile in cui inserirsi. I
romani, te ne accorgi già quando sei in vacanza, sono un po' come i
napoletani: se la fanno tra di loro. Quindi è difficile entrare in un
meccanismo rodato e io non gli do nemmeno tanto torto, se pensiamo che in
fondo anche il meccanismo dell'Hip-Hop italiano artisticamente è fatto
così: hai credito solo se sei l'amico di questo o di quello. Le
difficoltà ci sono state ma sono stato caparbio e questo alla fine ha
pagato, persone tipo Squarta, Danno o Phil, anche se in maniera diversa,
mi hanno dato occasione di fare discorsi, di capire cose... In particolare
il Danno, che è una persona straordinaria.
B: Quanto giudichi importante il passaggio a Roma per quel che riguarda il
Rap?
G: Credo sia stato fondamentale. Il confronto è completamente diverso dal
posto da dove venivo e l'interazione con la cosiddetta scena è utile,
come è utile partecipare alle serate, anche vedere gli altri che ritieni
peggiori di te sul palco è molto utile, perché ti fa accumulare molta
energia che sta a te ovviamente canalizzare invece che tramutarla in
qualcosa di negativo che non serve a niente.
B: Da qui come nasce la
collaborazione con Soulville? È in questo periodo forse che il tuo nome
si comincia a sentire di più.
G: È vero. È nato tutto in maniera strana perché ad una serata di
presentazione di "Bomboclat" c'era Tony Fine, che ho conosciuto
per vie traverse - nella stessa occasione ho conosciuto tra l'altro anche
Franco Negré dei Migliori Colori, che, approfitto dell'occasione per
dirlo, mi ha cagato manco la metà di Tony perché era ubriaco e stava
sicuramente pinciando qualche figa imperiale... - ci
siamo scambiati il messenger dopodiché per circa due settimane io l'ho
martoriato di tutta la mia enciclopedica conoscenza del Rap, gli ho fatto
sentire quello che avevo e siccome si è infottato per "Sig.
Rossi" mi ha detto facciamo un pezzo. Pezzo che abbiamo
scritto ma mai registrato, nel frattempo c'era questa storia tra Kboard,
lui e Torme, io sono andato piano piano a dare il mio contributo perché
se loro erano stati gli ideatori io ero diventato un quarto aggiunto. Poi
sono arrivati Kafone, Kosminsky ed abbiamo tirato dentro a forza anche
Donuts, perché meritava nonostante fosse molto giovane ed aveva pochi
contatti. L'esperienza è stata fortunata, è andata bene e la gente s'è
incuriosita.
B: Siete stati in giro anche con
dei live.
G: Sì, live che abbiamo fatti tutti insieme non sono nemmeno così tanti,
però quelli fatti sono venuti bene e l'esperienza con Torme di andare in
tour è stata utilissima. Al di là della mia scelta di staccarmi, è
stato comunque un percorso che mi ha dato tanto.
B: Tu fai un uso molto accorto
della lingua italiana, non vai solo alla ricerca dell'incastro ma anche
del termine esatto...
A: ...si può parlare di scrittura...
G: Innanzitutto ti ringrazio, ma...io scrivo tutto col rimario! (risata
generale, n.d.Bra) No dai, in realtà spesso scrivo frasi così, magari le
appunto sul cellulare, poi ci torno sopra e ancora e ancora e
ancora...cose che non vanno a tempo, cose mie, punto. Da lì ne tiro fuori
delle storie, ad esempio nel mixtape c'è "Qualcosa cambierà pt.
1" che non era un pezzo ma un momento mio, qualcosa che è venuto
fuori così...
A: ...un pensiero però che si conclude con un'epigrafe niente male!
G: Massì è tutto molto...pesante. L'ho reso un testo in mezz'ora a casa
di Shocca ed ho registrato. Io lavoro molto di lima, di rifinitura; e non
mi piace utilizzare sempre gli stessi termini, è una costruzione
abbastanza lenta, non tanto nella stesura quanto invece nella scrittura
completa del pezzo. La cosa che m'interessa è che quello che è scritto
abbia un senso compiuto in italiano, che si possa leggere senza magari
ascoltare la musica. Ultimamente per la verità sto sperimentando altri
modi di scrivere, cosa che magari non verrà rilevata dagli altri ma per
me è importante. In questo è stato molto fuorviante il Pino Daniele dei
primi tempi, con tutte quelle frasi spezzettate che non c'entrano niente
l'una con l'altra ma sono tutte estremamente evocative. Questo mi ha un
po' ispirato a fare cose simili per non essere troppo didattico.
B: Parlaci di "Ufficio
immaginazione".
G: È una delle tante cose nate per caso nel percorso che va dal "Sig.
Rossi" al mio disco. Ho cominciato a registrare "Sig.
Rossi" proprio per il mio primo disco, il tempo è passato e a quel
punto la roba la volevo far uscire. Tre pezzi dell'EP erano stati scritti
per l'album, per gli altri mi sono detto vabbè, ma vaffanculo, mo'
faccio un EP gratis e nel frattempo finisco il resto. Perché comunque
i pezzi erano in più e mi sembravano, ma forse non lo erano nemmeno,
ridondanti con le cose che avevo fatto per il disco. Allora ho deciso di
farlo uscire così.
B: Il risultato è comunque più
che buono. E il merito va forse diviso con le produzioni...
G: Sono felice per com'è uscito e sono consapevole degli ottimi beat che
mi sono stati dati. Però c'è chi dice che in realtà non è a pieno
quello che io sono e magari non ha torto. E' una tappa. Mi ha dato molte
soddisfazioni considerando che sta a 2.700 scaricamenti in meno di un
anno, quantità che non avrei mai raggiunto se lo avessi semplicemente messo
in vendita.
A: Forse sarebbe stato anche
abbastanza difficile rendere te stesso in maniera compiuta in soli sei
pezzi.
G: Esattamente, ma il risultato mi sembra comunque buono e tanto
"Ufficio immaginazione" quanto il mixtape sono tappe che portano
a quello che c'è nel disco, che è qualcosa che io vedo completamente su
un altro piano e, non vorrei essere presuntuoso, su un altro livello. Mi
spiego meglio: c'è una certa differenza tra i pezzi Rap destinati ad un
album e quelli che invece sono venuti nel cammino, nella produzione
quotidiana di me stesso. Mi rendo conto che dal 2001 fino a quando non
sono riuscito a far uscire le prime cose ho accumulato tantissima energia
e sto ancora sparando quelle cartucce lì, poi stringendo e stringendo
negli ultimi anni avrò fatto circa 45 pezzi che sono comunque tanti.
A: Questo aiuta a capire quante
cose possano succedere durante la lavorazione di un disco.
G: Certo, ecco perché ritengo che il percorso adesso si stia davvero
concludendo, ha preso la fine, mancano pochi pezzi e il cerchio sarà più
chiuso che aperto.
B: Scendendo più nel particolare
nei tuoi testi, vorrei mi spiegassi due curiosità. In "Sig.
Rossi" c'è un punto in cui dici: stanco delle definizioni che
v'inventate, perché questo è Rap e il resto sono cazzate. Sbaglio o
è un riferimento personale?
G: Sinceramente l'ho scritto perché non sapevo come chiudere la barra...
(risata generale, n.d.Bra) E' chiaro che mi riferivo al fatto che ognuno
cerca di inventarsi una definizione per le cose ed ero scocciato da tutte
queste etichette, perciò mi sembrava giusto rimarcarlo. In realtà però
l'ho detto prima del tempo, perché le etichettature sono venute tutte
dopo... B: Invece ne
"Il pezzo Rap", con Mista, critichi determinati atteggiamenti rappusi;
ti riconosci in qualcuno di questi?
G: Guarda, in parte di essi io mi riconosco o mi riconoscerei guardando
indietro. Se ripenso alle mie vecchie cose, alla ricerca smodata dei
superparoloni, allora sì, ci rientro. Ma dopo quello e dopo "Mass
hysteria" mi hanno detto che sono anche un po' troppo professorino! E
vabbè, lo sarò...ma le cose sono state dette come sono, in maniera
ironica sì, però sono delle invettive, quindi le persone che le hanno
recepite male evidentemente si sono sentite in qualche modo toccate. Props
a Mista poi, che è un umorista per eccellenza...
A: Come si dice a Napoli: rirenn e pazziann se ricon' e ccose serie...
(ridendo e scherzando si finisce col dire le cose serie, n.d.Bra)
G: Esatto, meglio dirle così che fare l'invettiva hardcore. Mi sembrava 'na
cosa divertente, un po' delasouliana volendo e che è venuta fuori
così perché fa parte di me.
B: Magari è un aspetto meno in vista di te.
G: Sì, sicuramente. Io però nella vita sono anche così, quindi siccome
sono molto serio in tanti pezzi cerco nelle altre cose di sfogarmi
esternando la mia ironia. Ho appena finito di registrare una cosa per
Tsura, per un mixtape che ha fatto in cui rappo su una base di Tony Yayo e
dico una barca di cazzate...Mista l'ha sentita e mi ha detto tu sei
pazzo! Perciò se l'ha detto lui gli devo credere... B:
Raccontavi all'inizio di questa tua amicizia con Phil. Le due tracce
presenti in "Guerra fra poveri" sono davvero notevoli, dove
trovi la passione per parlare di te stesso con tanta naturalezza?
G: Ma sai, forse è proprio questa la carta che ha dato tra virgolette
successo a quei due pezzi ed anche ad altri. Io mi calo a raccontare
storie che poi per la maggior parte sono mie, mi rendo conto che per
quanto io sia stato una persona autodisadattata, autoemarginata,
autooutcast, nel senso che mi sono tirato fuori io perché ho maturato una
sensibilità diversa dai miei coetanei per il fatto che ascoltavo il Rap,
per il resto delle cose ci sono miliardi di situazioni che mi accomunano
agli altri e che io scrivo. Poi sicuramente ci saranno altre minoranze o
maggioranze che queste cose non le hanno vissute e i miei pezzi allora non
gli daranno nulla. Cerco di essere semplicemente me stesso, parlo di me
stesso e cerco di mantenere sempre un occhio un po' critico. Anche quando
parlo in terza persona si tratta di storie che ho vissuto in prima
persona, ma voglio trattarle in terza, oppure le hanno vissute persone che
conosco bene e delle quali sono stato confidente. Io sono confidente di
molte donne, ho un rapporto estremamente bello con le donne proprio
perché mi diverte ascoltare i loro svarioni ed offrire il puro e semplice
punto di vista maschile. È una bella interazione, che fa capire in
maniera più profonda i rapporti umani. B: Hai qualche interesse in particolare che fino ad oggi hai raccontato meno nei tuoi pezzi?
G: Mi piace molto il cinema, ma ne ho parlato. Sono uno che passa da "Ferro 3" ad "American Pie" senza troppi
problemi. Non mi scompongo, ho gusti abbastanza tranquilli... Mi piace il calcio e parlo a tutto spiano dell'Avellino, ci tengo a rimarcare la mia provenienza!
B: Arriviamo al presente, che si intitola "Qualcosa cambierà". Cos'è questo mixtape?
G: Nasce tutto ancora una volta da un momento qualunque di svarione. Ho detto
io ho tutti 'sti pezzi che non metterò nell'album, ci sono pezzi usciti che non tutti conoscono, ne faccio altri tre/quattro e metto tutto lì! Siccome l'EP non mi dava il test concreto dei feedback a mano quando
scendo dal palco, il mixtape me lo darà. Ancora: darà la possibilità alle persone cui è piaciuta la mia musica di avere altra mia musica nuova, perché comunque ci sono ben dieci pezzi inediti, quindi quasi un album intero. Poi, a chi non mi conosce affatto, permette di avere venti pezzi tutti originali - tranne uno che è "Correre via" - . Aggiungo che costa davvero poco e questo è quanto... Fester mi diceva da un po' di tempo
perché non facciamo 'sta cosa un po' all'americana? e io mi sono fatto trovare pronto. Abbiamo stampato in casa e alla fine il risultato è buono, è positivo e sono felice perché ho fatto uscire delle cose che
non sarebbero finite sul disco.
A: Poi questo trend del mixtape in Italia ancora non c'è.
G: Non c'è per niente, l'hanno fatto Gue, Marra, Amir e magari, come per me e Marra, sono anche progetti diversi, più street album che mix nel vero senso della parola.
B: Dato l'elevato numero di collaborazioni e partecipazioni, come mai non hai più pensato di creare un progetto stabile come quello dei Sangamaro?
G: Non è nato niente perché le cose non si sono messe così. Con Donuts mi sono trovato bene, con Phil c'è un'alchimia vecchia, ho conosciuto Fid Mella a novembre ed abbiamo già fatto qualcosa come dieci pezzi; ma non è venuto fuori nulla in pianta stabile. A dirla tutta, parallelamente a me c'è un progetto ed è con Tsura e Fid Mella, formazione di cui loro sanno benissimo che io sarò il leader assoluto, ovvero dovranno sottostare alla mia
potenza (...scrivi che si ride sennò la gente sbrocca!). Dicevo, c'è questo progetto ed un pezzo è già stato registrato, saranno sette/otto tracce ma non so quando ci metteremo sotto anche perché io ho la testa sul mio disco. Poi, fatto anche questo, mi metterò un po' a riposo...
B: E allora parliamo proprio di questo tuo disco. Come riportato nel tuo blog dovrebbe intitolarsi "La rivincita dei buoni", non ti chiedo chi ci sarà, chi non ci sarà, chi produce perché non so a che punto sei...
G: ...guarda, il grosso è già pronto perciò possiamo parlarne senza problemi.
B: Ottimo, allora dicci qualcosa ed ipotizza un periodo d'uscita.
A: Spiegaci anche il cambio di titolo...
G: Sì, allora: sarò molto onesto. Prima di tutto c'è stato un cambio di titolo perché io non sono più il "Cittadino
onorario di uno stato d'animo" (il titolo annunciato in precedenza,
n.d.Bra). Alcuni pezzi di quello stato d'animo sono usciti e mi sembrava giusto dare un taglio diverso all'album, con un titolo molto più semplicione. Presumibilmente il disco uscirà indipendente perché offerte dalle major non ne sono arrivate, nonostante, come tutti i rapper - gli altri non ve lo diranno! - , in questo periodo sono stato almeno un paio di volte illuso e gettato. Insomma sono rimasti sul vago ma non si è realizzato niente. Allora ho detto
sai che c'è? Vaffanculo..., ho lavorato per conto mio ad un disco estremamente...pop! Nel senso che è aperto a persone fuori dalla scena, quindi se le major non se lo sono pigliato vuol dire che deve uscire autoprodotto. In questo modo potrei anche rientrare delle spese e mantenere il controllo della mia merce, saprei dove posso arrivare. Abbiamo girato nel frattempo un video di un pezzo del tape a zero cash
(clicca) e ritengo che la cosa si possa ripetere. Ci sono mezzi dove si può arrivare, poi se vieni boicottato perché non fai parte di un'etichetta allora pazienza. In molti pensano che l'etichetta è un punto di approdo, in realtà è una partenza e molti si fanno impressionare. Ci sono un paio di cose da rivedere, i beat sono stati tutti scelti, manca da scrivere tipo tre pezzi ed ho già registrato i provini: potrei essere nei negozi (e lo
spero!) per la metà di giugno, oppure - certo non sono così scemo da farlo uscire quando sono tutti in vacanza - se ne riparlerà a settembre. |