Tra le
varie cose italiane buone e, per una volta, forti di un consenso che va
(anche) oltre la sola scena Hip-Hop, Millelemmi è un bravissimo mc che
negli ultimi tempi ha avuto modo di performare in situazioni importanti
e a fianco di musicisti di vario genere. Ha inoltre pubblicato un disco
di remix con la collaborazione di alcuni dei nomi più interessanti della
scena Elettronica italiana e, last but not least, ha anche attirato
l'attenzione della sezione culturale de La Repubblica. Prima che Fazio e
la Dandini ce lo strappassero, abbiamo dunque pensato di porgli alcune
domande su diversi aspetti della sua vita artistica.
Jonathan: ciao Francesco, è appena uscito "Cortellaha 2.0", una
sorta di upgrade del tuo lavoro, che è forse quello che ha goduto di più
visibilità (correggimi se sbaglio, ovviamente). Mi sembra che il suono
sia molto legato all'Elettronica degli ultimissimi tempi, che in Italia
sta vivendo uno di quei periodi simili al '96 per il Rap nostrano. Tu
hai in effetti sempre flirtato con quella scena, eppure sei un esponente
del Rap nelle sue derive più tecniche da tempo immemore, come vivi e
com'è nata questa tua dualità tra attitudine tipicamente Hip-Hop (con
particolare predisposizione verso il nonsense e l'ironia, ovviamente) e
sonorità a volte distanti dal tipico boom bap?
Millelemmi: quello che ho sempre cercato di fare è stato
semplicemente non smettere di ascoltare musica nuova e di seguire le
nuove uscite. Probabilmente negli anni post golden age molta gente si è
seduta sul quel suono o si è smarrita nei cambiamenti degli anni
duemila. In realtà sono successe un sacco di cose fighe che hanno
portato ad oggi. A Firenze poi ci sono gli Ether, che sono un gruppo
pioniere e importantissimo di quella che si chiamava IDM e che ha dato
vita alla nuova scena di beatmaking; personalmente, credo che in queste
realtà sia rimasta un'attitudine molto più Hip-Hop che in altri
ambienti, lo dimostra il fatto che anche gente come Speaker Cenzou,
FFiume e FrankyB (Men In Skratch) seguono con grande interesse e hanno
partecipato con grande entusiasmo a "Cortellaha 2.0". In fondo, il vero
boom bap nasce dall'ibridazione di suoni e culture e non si ferma mai,
quindi forse verrebbe da chiedersi com'è che altri abbiano invece perso
la bussola.
J: tu fai parte di una piccola (nel senso di dimensioni, sia
chiaro) label che però sembra lavorare molto bene, tanto con te quanto
con altri artisti come ad esempio quello che un tempo era noto come Dj
Nada e ora è Godbless Computers. Puoi parlarci di quest'etichetta? Te lo
chiedo perchè mi sembra che dal periodo Overknights (collettivo
fiorentino di cui facevi parte assieme a vari artisti tra cui Biga,
Daretta e Digi G'Alessio) ad oggi, la tua attività live si sia
intensificata di molto e allo stesso tempo il tuo canale YouTube, grazie
ai video dei nuovi brani, si sia particolarmente arricchito di
visitatori. Che lavoro hanno svolto esattamente e com'è nata
l'etichetta?
M: com'è nata l'etichetta dovresti chiederlo a Simone
Brillarelli, che è il boss. La nostra collaborazione è nata in quanto
anche lui è un musicista e abbiamo militato a lungo negli stessi
ambienti, pensa che ha curato anche la produzione di alcuni pezzi di
"Nosocomio tungsteno" nel 2009. Suo grande pregio e lungimiranza è stato
fondare Fresh Yo! al momento giusto e nel giusto modo. Per me hanno
curato mixing e mastering dei dischi "Spazionauta EP" "Cortellaha" e
"Cortellaha 2.0", la loro grafica e tutta la promozione. Hanno anche
promosso quella dei primi quattro video ad eccezione di "Megatricks",
che invece abbiamo anche co-prodotto. Suonare per Fresh Yo! è molto
bello anche perché mi permette di esibirmi in bei contesti come, ad
esempio, l'Imano Festival di Bologna.
J: negli ultimi tempi mi è capitato di vederti all'Arterìa a
Bologna e ho notato che una grossa fetta di pubblico era costituita da
giovanissimi (parlando da 32enne intendo persone tra i 20 e i 24, l'età
purtroppo è una dannazione, almeno per me!), è una cosa che hai notato
anche tu e si verifica spesso? Allo stesso tempo, rispetto alle
atmosfere di "Nosocomio...", mi sembra che l'asse si sia spostato verso
una diversa attitudine, per certi versi più giocosa e solare. E' stato
qualcosa di programmato, in termini di marketing, o avevi semplicemente
altre esigenze espressive?
M: anzitutto, se definiamo giovanissima la fascia 20-24 anni poi
che si fa, mettiamo i sedicenni nella culla? In realtà l'utenza media ai
live è normale che sia quella, sopra i trenta l'italiano medio per un
motivo o per un altro inizia a starsene a casa. Io sono estremamente
bipolare e riguardandomi indietro la mia discografia è costellata di
alternanze fra momenti introspettivi ed esplosioni di energia
fisiologicamente distribuite nel tempo: ogni disco quindi rappresenta me
stesso in quel momento. La prossima invece sarà una scelta vera e
propria, voglio cercare di far convivere i due o più me donando
una maturità personale e artistica a un album complesso e strutturato.
J:
ovviamente l'argomento dialetto prima o poi sarebbe dovuto venir fuori,
quindi eccoci qua, il fiorentino. Rispetto al napoletano (che
personalmente non amo) e al romano (che è praticamente un non dialetto,
avendo molte meno peculiarità rispetto a tantissimi altri idiomi
regionali), il fiorentino è sicuramente una scelta poco prevedibile
eppure, se ci si pensa, meno azzardata di altre. In effetti il dialetto
fiorentino, vuoi per Benigni o per Nuti o per altro ancora, è un
qualcosa che ispira simpatia e crea familiarità, e non mi stupisce che
possa aver creato un caso, applicato al Rap. Quello che vorrei
chiederti è però se la sua applicazione ha richiesto un lavoro di
limatura o se siamo di fronte a un dialetto preso direttamente dalla
fonte e lasciato intonso. Sono più che altro incuriosito dall'uso di
alcuni termini a volte anche abbastanza inusuali, pensavo che il
fiorentino fosse semplicemente l'italiano senza c e senza t,
ma evidentemente sbagliavo!
M: si tratta di una non scelta e dato che vengo proprio da
Firenze direi che era anche prevedibilissima! Anche nel caso del nostro
si può parlare più di un accento che di un dialetto vero e proprio, che
per essere classificato tale necessita di parole proprie non presenti
nel dizionario italiano. Spero che suoni bene, io ho sempre rappato
cercando originalità e personalità in tutto, quindi anche nell'accento,
perché no. Aver conosciuto poi gli MDS, i primissimi a rappare in
fiorentino, mi ha aperto la strada. Credo che ognuno debba fare Rap
nello stesso modo in cui parla ogni giorno, senza troppi artifici; ogni
lingua o dialetto ha dei bei suoni, vanno solo capiti.
J: senti, parlando di Hip-Hop, cioè di basso, batteria e campioni
Funk, con qualche bella rimetta improvvisata quando possibile, tu hai
organizzato un po' di serate molto fighe a Firenze, a cui ho presenziato
persino io una volta, nelle quali era possibile prendere possesso di
palco e strumento per fare delle jam. Che tipo di risposta hai ottenuto?
Com'è stato coinvolgere i musicisti? Partecipano più musicisti o
rappers? Verrano riproposte?
M: la serata si chiama Yes We Jam! e si è svolta per quattro ore,
ogni domenica, per nove mesi allo storico Jazz Club di Firenze, città
dalla scena musicale assai florida (io stesso ho militato in varie
band). Negli ultimi tre anni ho fatto diverse serate d'improvvisazione
con campionatori, giradischi etc... In giro per la città, invitando miei
amici jazzisti. Quando la cosa è maturata ho trovato casa al Jazz Club e
siamo partiti. La grandissima risposta è stata anzitutto da parte dei
migliori musicisti, rappers pochi, che sono accorsi con un entusiasmo
rarissimo, di conseguenza il pubblico non ha tardato ad arrivare,
creando dei veri e propri sold out. Durante la stagione abbiamo iniziato
a chiamare ospiti come Dre Love (di casa), Alien Dee, Danno, Dj Craim,
Dj Lugi, Dub Fx, Esa, Tormento, che hanno jammato con noi divertendosi
molto a quanto pare. Ogni tanto esportiamo il progetto con una
formazione variabile fatta di batteria, synth, un fiato, scratch,
samplers e Rap, dove la situazione prende più la forma di un live che di
una jam session, anche se improvvisiamo quasi tutto. Per l'estate stiamo
facendo la summer edition una volta al mese e poi ripartiremo con
la stagione invernale.
J: pur conoscendoti la maggior parte delle persone come rapper,
tu sei anche un bravo dj e produttore e ti ho persino visto imbracciare
delle bacchette da batterista! Usciranno a breve progetti in cui far
emergere quest'aspetto? E soprattutto, vivere la musica così tanto
dall'interno, ti ha influenzato direttamente nel proporre un Rap così
particolare?
M: credo che l'unica cosa che so fare con cognizione di causa e
spero bene sia il Rap, quindi mi proporrò sempre come tale, tuttavia
partecipo spesso alla produzione dei miei brani e penso che nel prossimo
disco questo si noterà di più. Come mi ha detto Dre Love, il percorso
ideale per un musicista Hip-Hop è fare il dj, poi il produttore e poi
rappare, i migliori hanno fatto così, da Redman a Dilla, perché si
capiscono tante cose in questo modo. La musica è una sola grande entità
e più linguaggi conosci, più provi a capire le varie voci che la
compongono (gli strumenti) più userai meglio la tua.
J: ultima domanda, la più classica. Dimmi cosa ti piace di ciò
che è l'Hip-Hop italiano, sia che si tratti di nomi di artisti che di
situazioni particolari, e magari dì anche quello che non ti piace.
M: voglio essere onesto, non me ne importa molto, ma se devo esprimermi
noto con dispiacere che l'Hip-Hop italiano è da sempre molto popolato da
categorie inutili, ad esempio le situazioni e le realtà chiuse; quelli
che fanno gli ortodossi; quelli che dicono che siamo una grande
famiglia per forza e poi vedi sorrisi falsissimi che si annusano da
chilometri, si invidiano e cercano di scavalcarsi a vicenda; i saccenti
che hanno iniziato da poco e credono di sapere tutto e così via. Una
cosa che davvero non capisco, inoltre, è come sia possibile che ci sia
un numero infinito di mc's incredibilmente sopravvalutati, non ci
scordiamo che fra saper rappare ed essere un bravo rapper c'è una bella
differenza e specialmente dal vivo poi lo vedi.
|