Dj Muggs and Rome Streetz – Death And The Magician
Quando la Morte e il Mago si tengono per mano, lo stesso fanno la fine e l’inizio. Nella semantica dei cosiddetti arcani maggiori è un’avvisaglia di cambiamento che si staglia all’orizzonte, uno di quelli agghindati di complessità ma al contempo armati di un tratto risolutivo. Definitivi; capaci di accartocciare ciò che separa i margini di una realtà per poi restituirlo tra le nostre mani nella forma di un origami. E se nel fronte copertina sembra essere proprio lo scarno mietitore a cercare più di tutti questo contatto, allora – per associazione simbolica – non è forse un errore ipotizzare che tra i due comprimari fosse proprio Dj Muggs quello in cerca di una svolta.
Sarà stata un po’ la voglia di strafare – in fondo con “Death And The Magician” siamo arrivati a tredici titoli confezionati, da cima a fondo, in poco più di tre anni (con un quattordicesimo già annunciato dietro l’angolo). O forse l’ossessiva speleologia in cerca di quel Rap sempre più molecolare che pare oramai essere lo state of the art tra i capodecina del mondo di mezzo della doppia acca. E così, dopo uno streak di colpi a segno nel bersaglio grosso, anche le scale cromatiche di Muggs si sono ritrovate ostaggio di una bolla grigia che ne ha smussato le lunghezze d’onda. In questa cornice, l’incontro con Rome Streetz è stato il proverbiale asso che scivola fuori dal sabot e strappa un accenno di sorriso al fante di picche solitario sul tavolo.
Galeotto fu un agro boccone sulla forchetta a ridosso dell’inverno. Per il paroliere del Queens, l’invito a prendere posto alla tavolata all’ombra della Collina è arrivato, in piena simbiosi muggsiana, al termine di un lungo giro d’onore – in cui, nell’ordine, ha messo a brevetto “Street Farmacy”, i capitoli targati “Noise Candy”, “Joyeria” con The Artivist e quella bombetta cucinata con Futurewave che è “Headcrack” – che gli è valso paralleli con alcuni di quei nomi che hanno reso a suo tempo succosa la Grande Mela. E, senza esagerare, Rome Streetz è oggi uno che se lo sbatti nella stessa frase con i Cormega, gli Havoc e i Tragedy Khadafi, una carezza la fai pure alla vanità di questi ultimi.
Non ce ne vogliano i feticisti più ostinati di quel gourmet Rap che tratta le percussioni come fossero il tanto vituperato glutine; ma l’irruenza con cui azzanna alla giugulare il beat nei secondi iniziali di “Stone Cold Soul” è il genere di colpo di fulmine che, prima o dopo, ci ha fatto cadere tutti ai piedi di questa dolce signora chiamata Hip-Hop. E se le rime di Rome riescono ad affondare nella carne lo si deve anche al sapiente spadellare di Muggs, che si stava pericolosamente abituando a levare le sue pietanze troppo presto dal fuoco. Invece, una volta alzata la fiamma, anche i momenti più eterei – come le nebbie di “Prayers Over Packages” e l’incedere crepuscolare di “Horn & Halo” – riacquistano un’entità corporea definita e ricalcano la segnaletica che le barre sembrano percorrere col pilota automatico innestato.
<<I wish B.I.G. was able to slide in that truck/and Pac clapped the niggas in that Caddy that was ridin’ up/shit’d be different, still I carry tradition>>. Il momento in cui viene pescato “Ace Of Swords” dal mazzo è uno di quelli che, in altri tempi, avrebbero contribuito a far scomparire per usura le due freccette del tasto rewind di walkmen e lettori CD. Lo sport di Rome è uno e uno soltanto; e una schiacciata sempre quei punti vale, ma al canestro ci puoi arrivare come faceva Shaq o come The Answer. E lo slang del ragazzaccio del Queens è di quelli che nel farlo preferiscono sfasciarti le caviglie. Prima di riporre la palla a spicchi nell’armadio, concedetemi di sottolineare un ultimo passaggio: <<seen a gram of dope, turn the baller to Earl Manigault/street’ll leave you poisoned with no antidote>>. Così, perché è fin troppo facile estrarre dal cilindro una rima figa se lo fai droppando il nome di Jordan o quello di Kobe.
A dispetto di quanto i tarocchi nel titolo possano suggerire, le variabili aleatorie in “Death And The Magician” sono saldamente imbrigliate dai due mastri di chiave. Al caso non viene lasciata alcuna voce in capitolo e le carte altro non sono che uno specchietto alle cui spalle si cela un disegno che non ha spazi bianchi da riempire. “Death And The Magician” è consistenza. Un carpe diem afferrato a quattro mani.
Tracklist
Dj Muggs and Rome Streetz – Death And The Magician (Soul Assassins Records 2021)
- 6 Of Cups
- Prayers Over Packages
- Ace Of Swords
- The Manuscript
- High Explosive
- Zig Zag Zig [Feat. Knowledge The Pirate]
- Stone Cold Soul
- The Devil’s Chord
- Shooting At The Dancehall
- Wheel Of Fortune
- Horn & Halo [Feat. Rigz]
- Fly Obnoxious
- Fuckyouknoboutme
Beatz
All tracks produced by Dj Muggs
li9uidsnake
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