Marracash – E’ finita la pace

Tra me e me, condividendo ora i miei pensieri con voi, avevo mentalmente annotato una circostanza per così dire curiosa, ma forse neppure troppo: sebbene “Persona” e “Noi, loro, gli altri” mi abbiano stuzzicato meno di zero, nelle varie apparizioni successive di Marracash non ho potuto che riscontrare una maturità tecnica clamorosa, in particolare nei featuring con Salmo e Noyz Narcos (“Respira”), Club Dogo (“Nato per questo”) e Co’ Sang (“Carnicero”). Niente che non si sapesse già, è vero, tuttavia il dato non è scontato se pensiamo alle involuzioni di altri rapper entrati nel giro grosso – e viene subito in mente Fabri Fibra; da questo punto di vista, la penna di Fabio è sempre pregevole, affilata e incisiva come poche per lessico, qualità della scrittura e flow, come dimostrano subito gli schiaffoni dell’introduttiva “Power slap”: <<stessi producer e stesse guest/stessi argomenti, le stesse reference/va bene così perché fanno tutti i platini/premiati in TV, tutti bravi su Esse Magazine/…/ogni anno si abbassa l’asticella/provo a farci il limbo, con la testa tocco terra>>. “E’ finita la pace”, il settimo disco solista dell’mc classe ‘79 della Barona, comincia così, dispensando lezioni di equilibrismo lirico, peccato poi viri con decisione verso un didascalismo irritante e borioso, peraltro caratterizzato da un timbro molto Pop, in proporzioni inedite, sbilanciate, anche al netto di un cammino discografico che non ha mai nascosto di puntare alla vetta.

Confrontandoci all’interno dello Staff, il buon Moro mi dice non è che tutti devono sparare cazzate come ********; sono d’accordo, difatti il problema non risiede certo nel tono adulto, serio, perfino profondo, dei concetti espressi da Marra, il quale però, nel mischiare politica, società, religione e introspezione, casca spesso in un qualunquismo da dibattito televisivo. “E’ finita la pace” asciuga a partire da qui, dal volerci raccontare come gira il mondo, quello interiore e quello esteriore, non allentando mai la presa, tre quarti d’ora in apnea, un fitto campionario di tuttologia al di sopra di ogni digeribilità. E poi c’è del paraculismo di fondo: “Crash” convoca Fritz Da Cat per campionare “Vittroni’s Theme” di Roy Ayers, omaggio del tutto incompiuto all’immensa “Street opera”, mentre “Gli sbandati hanno perso” non cita “Crazy” degli Gnarls Barkley, semmai ne ricalca la composizione andando a pescare quella stessa manciata di note che Danger Mouse aveva estratto dalla ost di “Preparati la bara!” – e sorvoliamo sul ricorso a “Un bel dì, vedremo” e “Uomini soli”, ok? Atteggiamento postmoderno, che inghiotte di tutto e sputa fuori un amalgama adatto a gusti e orecchie di qualsiasi tipo, magari scontentando chi, dall’energia di quelle prime barre, aveva ricavato suggestioni differenti.

Invece, proseguendo nella conta delle cose che al sottoscritto non sono affatto piaciute, la scaletta si posiziona con frequenza su un registro che vede nell’Hip-Hop un ingrediente di modesta rilevanza, scandendo il Rap in proposizioni intervallate da continue pause, come nella triste, triste, triste titletrack, o scavalcando in toto la staccionata per combinare voce, auto-tune, rime e canto, con risultati che conducono a “Factotum”, “Pentothal” e “Lei”. In questi frangenti, ancor più che in altri, il genere viene eclissato in funzione di una facile, facilissima fruibilità: le tre settimane al primo posto in FIMI e i nove singoli su dieci piazzati all’esordio parlano chiaro. Ciò non vuol dire che il successo – preventivabile, peraltro – e le ampie concessioni al mainstream rendano “E’ finita la pace” un’operazione inconsistente, priva d’interesse a prescindere; resta il fatto che, per inquadrarlo correttamente, gli aspetti appena elencati non possano in alcun modo essere trascurati, a maggior ragione quando le aspettative rischiano di essere disattese – in parte o in pieno, lo dica ciascuno per sé.

Parlando a titolo personale, la mancanza di una precisa identità musicale (Marz e Zef spaziano dalla cassa dritta alla Vaporwave) e un ventaglio tematico che utilizza sovente l’attualità come serbatoio costituiscono un ostacolo non indifferente. Nulla, comunque, che impedisca di rilevare lo stato di forma di un Marracash a proprio agio sulla totalità dei suoni proposti, una prova densa anzitutto nella sua dimensione espressiva, grida e sussurri, ritornelli e linee irruente, invocazioni e invettive, metriche fitte e cadenzate: un’abbondanza di soluzioni che valgono il prezzo del biglietto, se interessati a one man show – non ci sono collaborazioni al microfono – che sviscerano svariate esperienze e considerazioni, per lo più conflittuali, su dipendenze (“Detox/Rehab”), rapporti con social e tecnologie (“Mi sono innamorato di un AI”), sesso (“Troi*”) e relazioni (“Pentothal”). Il tutto, lo ha sottolineato l’artista stesso, va a chiudere una trilogia a onor del vero molto ipotetica, un percorso affine sì all’analisi, di accettazione, orientamento e autoconsapevolezza, ma minato da slogan grossolani (<<io dal fango esco profumato/ora agiato, però mai adagiato/cosa cambia tra crimine e Stato?/E’ che solo il primo è organizzato>>“Happy end”) e scelte stilistiche discutibili.

E’ finita la pace” si pone in evidente continuità ai due album che l’hanno preceduto, dando un ulteriore – e conclusivo, a questo punto – segnale di acclimatamento negli ambienti della scena che conta, quella che unisce tutto sotto il cappello, parecchio vago, del cantautorato. Non una novità, per l’Hip-Hop italiano, né un’occasione di crescita collettiva: Marracash è una star e gioca nel campionato che gli compete, il resto è chiacchiericcio da vecchi appassionati di Rap che non contano un cazzo.

Tracklist

Marracash – E’ finita la pace (Island Records/Universal Music Italia 2024)

  1. Power slap
  2. Crash
  3. Gli sbandati hanno perso
  4. E’ finita la pace
  5. Detox/Rehab
  6. Soli
  7. Mi sono innamorato di un AI
  8. Factotum
  9. Vittima
  10. Troi*
  11. Pentothal
  12. Lei
  13. Happy end

Beatz

Tutte le produzioni di Marz e Zef tranne la traccia #2 di Marz, Zef e Fritz Da Cat