L’Orange & Stik Figa – The City Under The City

Voto: 5

“The City Under The City” è un album che cattura sin dalla sua affascinante descrizione promozionale: è un vero e proprio viaggio concettuale, che fa risaltare il contrasto tra grigiore e colore sgargiante, tra la fredda oscurità che caratterizza la realtà delle cose e un mondo pieno di fantasia, caratterizzato da musica, brio, destinato a cambiare per sempre l’animo di chi arriva a frequentarlo anche solo per un attimo. E’ la storia, abilmente architettata, di un personaggio che riesce momentaneamente a fuggire dal suo buio quotidiano per raggiungere un luogo ideale nel quale, dopo la breve permanenza, non riuscirà più a far ritorno, trovandosi però mutato per sempre in positivo, una rappresentazione metaforica di tutti quei momenti delle nostre esistenze nei quali riusciamo a provare una sensazione momentanea ma liberatoria, che cancella la pressione e mette in un angolo i problemi, lasciando dentro noi una forte percezione affermativa, pur non riuscendo più a catturarne l’essenza originaria.

Protagonisti di questa autentica meraviglia sono L’Orange, il produttore che timbra ogni sua creazione attraverso sonorità provenienti da impolverati dischi Jazz che avrebbero fatto ballare i nostri nonni, e Stik Figa, mc originario di Topeka, Kansas, rapper riflessivo, ordinato, poetico, abile nel celare il vero significato delle proprie parole in un doppiofondo colmo di simbolismi da analizzare e capire, i quali danno delle indicazioni minime ma sostanziali nel seguire ciò che è alla base di tutto, lo svolgimento cronologico del racconto. Ogni traccia rappresenta un piccolo capitolo, titoli e dialoghi campionati forniscono indizi sul senso delle liriche e presto il disco si trasforma in uno di quei libri che leggi e rileggi, anche se il finale lo conosci già.

L’Orange è un produttore molto accurato, pignolo nel far sì che anche il più piccolo suono abbia la sua corretta collocazione all’interno del pattern, all’interno del quale Stik Figa si muove con sapienza ed eleganza mostrandosi preciso nella dizione, ispirato nell’elaborazione dei testi (<<as I, wax poetics over past aesthetic>> intona per iniziare “Monochrome” prima di deliziare nuovamente con passaggi come <<how about a glass of Purgatory with a splash of Heaven>>), il suo tono vocale piuttosto pacato è ideale per permettere un momento di riflessione per meglio comprendere il senso delle singole frasi, prima di passare ai passi successivi. Suoni e strofe convivono in perfetta simbiosi, pur nascendo da due menti di natura differente, il cui continuo contrasto di stili rappresenta la chiave di volta che fa funzionare a meraviglia l’insieme: la potenza delle batterie bilancia il flow controllato, la varietà del criterio di estrazione dei sample è quasi opposta al metodico criterio espositivo, l’incisività di ogni linea di basso segna solchi a terra mentre il rapper continua pacificamente a costruire concetti utilizzando spesso piacevoli assonanze multiple che compongono rime interne di grande efficacia.

Premettendo che la bellezza del disco è insita nel suo lasciarsi scoprire un po’ per volta, lo si può idealmente dividere in tre distinti tronconi che ne delineano i differenti scenari. La splendida “Blind Tiger” rappresenta il punto focale della parte introduttiva, l’atmosfera è tesa, evoca le tinte scure dell’ambiente di tutti i giorni, quindi le gradazioni fumose lasciano sempre più spazio a episodi maggiormente dinamici che trasudano tutta l’energia del passaggio a questa realtà alternativa, in diversi casi usufruendo di beat piacevolmente influenzati dallo Swing, proprio come accade in “Decorated Silence” e “One Of Them”, che ospitano Open Mike Eagle e il collega d’etichetta 7evenThirty, ma anche “We Were Heroes”, dove il ritornello è invece scandito dagli ottimi scratch di Dj Iron. Quest’ultima fa parte della serie finale di pezzi, nei quali il protagonista prova ripetutamente a ritrovare l’accesso a quel mondo benefico per l’animo senza più riuscirvi, momento del disco che ospita altre valide partecipazioni come quelle di yU, che evoluisce su un boom bap più classico costruito su un breve giro di piano (“Among Thieves”), e Has-Lo, ponderato e meditativo proprio come l’organo scelto per “Stone Like Me”.

“Smoke Rings”, nella quale spicca un sample di chitarra tagliato ad arte (e chi la tiene più ferma la testa?!) mischiato a trombe secche e percussioni sporcate a dovere, è invece l’episodio dove Stik offre senza dubbio la sua performance più vigorosa (<<fullfilled by the trill still sick don’t a pill exist/to fix how I feel ain’t a doc that can fill the script/speak for I don’t need a ventriloquist>>), trovando successo anche avvalendosi di un approccio metrico leggermente più aggressivo. I tre pezzi strumentali, poi, sono gemme da non confondere come momenti di pausa nel racconto; ne sono anzi parte integrante, la musica centra in pieno l’obiettivo di dipingere immagini attraverso le differenti emozioni che sa creare, siano esse minimaliste come la contagiosa “Dopamine” o raffiguranti il caos controllato di “The Wind Picked Us Up”.

“The City Under The City” è merce assai rara, dove ogni suono e ogni sillaba sono collocati esattamente dove dovrebbero. Il concetto di fondo è geniale, il reparto sonoro è semplicemente meraviglioso, parliamo di conseguenza di un capolavoro dei tempi moderni.

Tracklist

L’Orange & Stik Figa – The City Under The City (Mello Music Group 2013)

  1. Dusty Speakers
  2. Monochrome
  3. Blind Tiger
  4. Before Midnight [Feat. Rapsody]
  5. Decorated Silence [Feat. Open Mike Eagle and MindsOne]
  6. Dopamine (Inst.)
  7. World Of Monsters
  8. One Of Them [Feat. 7evenThirty]
  9. The Wind Picked Us Up (Inst.)
  10. Smoke Rings
  11. Stone Like Me [Feat. Has-Lo]
  12. Among Thieves [Feat. yU]
  13. Bravo Bravado (Inst.)
  14. We Were Heroes
  15. After All

Beatz

All tracks produced by L’Orange

Scratch

  • Dj Iron: 14
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