Kaos – Chiodi

Più che un ritorno, la stessa trita tematica dello smettere e del finire. Sicuramente eseguita in maniera impeccabile ed esperta del genere. Nulla di nuovo, per ora. Comincio da qui, da un commento che mi è capitato di leggere in calce al video di “Titanic”, primo estratto da “Chiodi”, sesto progetto solista di Kaos One. Perché? Perché è inevitabile farsi qualche domanda sulle aspettative che ciascuno ha quando a rifarsi vivo non è rapper tal de tali, bensì il Don, in trincea da metà anni ottanta. E’ possibile attendersi una sorta di salto evolutivo? Ha senso supporre che la rabbia, il sentore di profonda ingiustizia e il fastidio si siano in qualche modo attenuati? E se è lecito edificare un’intera carriera su delle cafonate ripetute fino allo sfinimento, su una biografia gentilmente arricchita di pagine romanzate, su continui cambi di prospettiva (in base alla direzione del vento), per quale motivo non dovrebbe esserlo ribadire con enorme lucidità che il sistema, il gioco, il meccanismo, sia collassato?

<<Forse perché non c’è più un cazzo di nuovo da dire/la scena si sputtana, indovina chi ci smena?>>. Non è una barra pescata in “Chiodi”, è “Insetto infetto”, Melma & Merda, 1999. Un millennio fa, identico punto di vista. E allora giochiamo a carte scoperte, sottolineando ciò che alle orecchie dei fan (categoria cui appartengo da un quarto di secolo) apparirà ovvio: quella di Kaos è (sempre stata) una predica ai convertiti, stupirsene oggi, reclamare uno slittamento di paradigma, un improbabile restyling, fa parecchio sorridere. La sua posizione non è mai stata conciliante, non contempla margini di confronto, non ammette misure intermedie; il registro è inequivocabilmente uno, l’hardcore. Perfino quando ci si addentra nella sfera relazionale, le parole sono delle vive incisioni nella carne: <<ascolta, questo silenzio ti appartiene/ti sei tolta le manette per trovarti in catene/la guerra per scordarti non la combatti assieme/tu però non preoccuparti, i gatti stanno bene>> (la titletrack).

E’ tutto parte di un codice, una formula perfezionata nel tempo con cura quasi maniacale: c’è un frasario riconoscibile come pochi, che quando ricorre a determinati termini accende dei link immediati nell’ascoltatore esperto; c’è una spiccata autoreferenzialità, un puzzle di brani e concetti complementari che sembrano completarne altri (emblematico il caso di “Cose preziose” e “Dottor K”); ci sono le innumerevoli citazioni da cinema e letteratura; ci sono i sample vocali di musica italiana inseriti nei ritornelli (qui gli Uno in “L’uomo dei sogni”, Giorgio Gaber in “Prometeo”, Gino Paoli in “Sassi” e Valentina Greco in “Quarta parete”); c’è una dotazione sconfinata di fotta. Ecco, tentando di rispondere agli interrogativi posti in apertura, credo da Kaos ci si aspetti semplicemente questo, uno stoico e infinito battagliare (<<è la solita partita che ho perso in partenza/è la sconfitta subita che adesso sa di sentenza>> – “Titanic”), ribadendo una volta in più che il risultato non debba essere calcolato a partire dal numero di copie vendute – concetto desueto, me ne rendo conto – né dalle views (<<è matematica per chi non lo capisce/la pattuglia acrobatica che ti fa il culo a strisce>>“Boris Karloff”).

E va bene così. L’intera produzione discografica di Kaos successiva a “kARMA” è infatti un dichiarato post scriptum. Non perché l’ispirazione si sia prosciugata; di fronte a uno scenario che muta solo in apparenza, tuttavia, non rimane che essere fedeli a una storia personale che parla da sé (<<cresciuto coi giganti, sopravvissuto/vi lascio l’ultimo minuto, l’ora dei dilettanti e avanti>> – “Quarta parete”), mantenendo sempre la barra a dritta. Non bastasse ciò, a un occhio più attento non sfuggirà che, rispetto a due EP quali “Post scripta” e “Coup de grâce”, “Chiodi” abbia – a prescindere dalla maggiore durata – lo spessore di un vero album. A renderlo tale è anche il livello dell’introspezione: di nuovo, nel guardarsi allo specchio con severità, rifiutando sia indulgenze che assoluzioni, il rapper nato a Caserta intinge il pennino nell’inchiostro più nero. Spingendosi in un soffocante “3° grado” e dibattendo letteralmente con se stesso, Marco Fiorito, nella conclusiva “Ultima Necat” (<<ho fatto la comparsa, il figurante e il regista/proietto la paura, ritratto d’artista/ho fatto il protagonista, senza sceneggiatura/e non m’aspetto tu capisca, sei una controfigura>>).

Il cerchio si chiude grazie alle (poche) partecipazioni esterne. L’intesa con Dj Craim conta oramai tre lustri di rodaggio, essendo transitata dalle assi del palco alle pareti fonoassorbenti dello studio: i toni scuri sono quelli che meglio si addicono al Rap di Kaos, circondato da batterie che pestano bene e composizioni molto articolate, che abbinano sample e synth secondo un gusto che il produttore toscano continua a rimodulare. Meno spettacolare di “Adversus”, “Chiodi” si fonda su geometrie lineari, efficaci, che possono spaziare da campioni notissimi (“UFO” delle ESG in “Boris Karloff”) a raffinati Blues (“Sassi”) e velenosi giri di basso (“Kanpai”); in generale, le strumentali selezionate hanno il pregio di lasciare in primo piano le strofe, arricchendole però di dettagli dove necessario. Della collaborazione con il Colle c’è poco da dire: “L’uomo dei sogni” è l’ennesimo tassello di un legame speciale, che da “Odio pieno” in avanti ha messo in evidenza un’innata sintonia – ma quel disco dei Good Old Boys avremmo davvero voluto ascoltarlo. Infine, senza dilungarci troppo, le new entry (DSA Commando e Kiquè Velasquez) si dimostrano all’altezza della convocazione.

In “Smoke”, un film del 1995 diretto da Wayne Wang e Paul Auster, Auggie (un magistrale Harvey Keitel) scatta ogni giorno, alla stessa ora, una fotografia dell’angolo tra la Terza e la Settima, a Brooklyn. A una visione distratta, spiega, è la stessa immagine che si ripete, in realtà cambiano la luce, il clima, i passanti, le loro azioni… Il lungo percorso artistico del Nostro mi fa pensare a quella scena: lo sguardo rivolto all’Hip-Hop; le piccole sfumature di uno storytelling che non si contraddice mai; l’approccio analitico; l’ossessione, perfino. Cocciutamente, orgogliosamente, coerentemente, lui è Kaos One.

Tracklist

Kaos – Chiodi (K-Age 2022)

  1. Boris Karloff
  2. 3° grado
  3. Titanic
  4. Chiodi
  5. L’uomo dei sogni [Feat. Colle der Fomento]
  6. Prometeo
  7. Sassi
  8. 乾杯 Kanpai
  9. Quarta parete [Feat. DSA Commando]
  10. The outsider
  11. Ultima Necat [Feat. Marco Fiorito]

Beatz

  • Dj Craim: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 8, 10
  • Ugly Shoes, Lorenzo Petri e Dj Craim: 7
  • Sunday: 9
  • Kiquè Velasquez: 11

Scratch

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